Pagelle: il menisco di Federer e il tracollo azzurro

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Pagelle: il menisco di Federer e il tracollo azzurro

La settimana che ha visto naufragare l’Italia di Barazzutti verrà ricordata per il primo grande infortunio di Federer. Paolo Lorenzi e Estrella Burgos sono come il vino buono mentre le russe affondano

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Purtroppo non potremo deliziarvi con valutazioni obiettive (come al solito peraltro eh) sulle protagoniste della Fed Cup e i vincitori dei tornei della settimana, perché la nostra intera redazione ha impiegato la sua sapiente energia giornalistica e tutte le sue capacità di inchiesta nella risoluzione del mistero tennistico del secolo, ovvero l’infortunio al ginocchio di Roger Federer.

Purtroppo non abbiamo ricevuto l’incarico professionale da Mirka di difendere l’onorabilità di Charlene Riva, Myla Rose, Lenny e Leo da quanti ingiustamente li hanno accusati di un crimine non commesso, in quanto la signora Federer ha preferito rivolgersi ad incauti avvocati svizzeri, ma noi abbiamo appreso con certezza che il menisco di Roger si è irrimediabilmente lesionato nel bel mezzo di una partita.

Non si tratta in verità della semifinale australiana contro Djokovic ma del match di quarti di finale del Challenger di Lubiana del 1999 contro Juan Alberto Viloca-Puig nel quale l’inesperto giovanotto incespicò nel tentativo di recuperare una perfetta palla corta del suo avversario e infatti, da infortunato, pur vincendo la partita pagò dazio il giorno dopo in semifinale contro l’immarscescibile Dinu Pescariu.

Da lì in poi Federer (10, 100, 1000) ha sempre giocato sul dolore riuscendo a tenere nascosta a quasi tutti la sua menomazione (purtroppo per lui Viloca Puig rivelò la notizia ad un suo tifoso connazionale tredicenne mancino che, divenuto giocatore, costrinse lo svizzero a continui piegamenti sulle ginocchia nel suo angolo sinistro) e pertanto appare quantomai onesto e opportuno oggi considerare che il reale numero di Slam che il GOAT dovrebbe avere in bacheca debba oscillare tra i 35 e i 40.

Per fortuna però non tutti i classe 1981 sono così “fracichi” (per non parlare dei classe 1978 come chi vi scrive, dall’alto dei 39 C° di temperatura corporea, ma tanto queste cavolate le scrivo anche da sano) e infatti l’Italia intera abbraccia il mitico Paolo Lorenzi (7,5) che in quel di Quito schianta Tomic e si issa fino in semifinale portandosi a ridosso della top-50 e del suo best ranking.  Visto che insistete, ci tocca dire qualcosa anche sulla Fed Cup.

Corrado Barazzutti (5,5 il materiale quello è) in perfetto spirito aziendale si è portato dietro anche il suo successore in modo da agevolare Binaghi in caso di esonero, su Sara Errani (4) francamente c’è poco da dire che non sia sparare sulla croce rossa ma magari con la terra se ne riparlerà, mentre con Camila Giorgi (5,5) non si fa in tempo a dire che ha centrato una vittoria – in FedCup, primo match, in trasferta e in rimonta – che la farà crescere tantissimo anche sotto l’aspetto mentale, che il giorno dopo è punto e a capo.

Tornando un attimo seri (quando mai lo siamo stati?) senza Pennetta e Vinci la situazione del nostro tennis femminile è grigia se pensiamo che Barazzutti è stato costretto a convocare la giovane Caregaro (giovane sì ma a quasi 24 anni è 254 del mondo): forse la naturale fine del meraviglioso ciclo delle azzurre più forti di sempre toglierà alibi a chi non si è preoccupato che dietro di loro ci fosse il nulla.

E non è che dietro Fognini, Seppi (5, male con Klizan) e Bolelli ci siano Panatta e Bertolucci (manco Gaudenzi e Furlan per intenderci): leggete il pezzo di Roberti per credere e aggiungete, giusto per dare un dato di questa settimana, che mentre Alexander Zverev (contro il quale Luca Vanni 6 ha avuto match point) faceva semifinale a Montpellier, Gianluigi Quinzi, di un anno più vecchio e da molti individuato come il nuovo Messia della racchetta ha perso contro Pere Riba (223 del mondo) al primo turno delle quali del Challenger di Santo Domingo…

Ma c’è sempre tempo e sempre speranza come insegna l’immenso Estrella Burgos (8) e come illustra il lavoro oscuro di Bautista Agut (7) e la voglia del redivivo Gasquet (7). La Fed Cup, infine ci restituisce una Kvitova (4) a pezzi, una Pliskova (8) nuova regina ceca, una Bencic (7,5) capace di sorprendere la giustamente appagata Kerber (6) e una clamorosa sorpresa olandese (10 a Bertens e Hogenkamp, 3 alle russe): ma si sa, la FedCup è un po’ come la Coppa Italia di calcio, interessa solo se la vinci per salvare la stagione…

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