Camila Giorgi, bordate, silenzi e un talento da salvare

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Camila Giorgi, bordate, silenzi e un talento da salvare

Lo strappo tra Camila Giorgi e la Fit rischia di compromettere la carriera della nostra unica giocatrice di alto livello nel prossimo futuro. Tra colpi straordinari, limiti tattici e silenzi quello della maceratese resta un talento da non disperdere

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Fra poco uscirà un editoriale di Ubaldo Scanagatta sullo scottante caso “rottura Giorgi-Fit”

Nel maggio del 2008 una vecchia volpe del circuito come la trentaquattrenne americana Jill Craybas sudava sette camicie in una match di qualificazioni sul campo 4 del Foro Italico. La spunterà al tiebreak del terzo ma l’attenzione cadeva dall’altra parte della rete -“Mamma mia che botte che tira sta ragazzina!” – dove sotto una bandana azzurra uno scricciolo italiano di sedici anni dalla parlata spagnola sparava fendenti senza pietà: a volte prendevano il campo lasciando l’avversaria ad un metro, a volte no. A sedici anni un tennis così istintivo è naturale, si pensava, con un’adeguata preparazione tecnica e tattica potrebbe portarci ad avere tra qualche anno una campionessa.

E verranno tanti passaggi e possibili svolte mancate nella ancor giovane carriera della maceratese, dagli ottavi raggiunti a Wimbledon nel 2012, agli exploit su Sharapova, Pennetta, Azarenka e Wozniacki, le prime finali perse con match point a favore, il primo agognato titolo sull’erba di S’Hertogenbosch.  E poi il rapporto difficile con la federazione, una tragedia familiare che non può non distruggere un animo così sensibile, i problemi svelati con sponsor e prestiti ricevuti e non resistituiti e la onnipresenza di papà Sergio. Le bordate in campo, il timing perfetto sulla palla ma anche i record di doppi falli e i silenzi timidi e impacciati in conferenza stampa.

Arriviamo ai giorni nostri, all’approdo a Tirrenia che doveva essere la culla della sua maturazione. Il graduale ma forse mai veramente voluto e sentito inserimento nel gruppo azzurro di Pennetta, Errani, Vinci e Schiavone sotto quella che doveva essere l’ala protettiva di capitan Barazzutti. E i risultati che vanno e vengono, partite da vincere perse senza un perché, una classifica ferma a livelli non consoni al talento ma purtroppo perfettamente in linea con chi gioca pensando che 1-1 15 pari è uguale a 5-5 30 pari.

La vicenda di queste ore, in attesa di saperne qualcosa in più sia dalla federazione che dal clan Giorgi, è grottesca. Una giocatrice che chiede di essere esentata da un match di Fed Cup come fatto tante altre volte da tante altre giocatrici del circuito e anche da sue compagne di squadra ( il fatto che abbiano vinto 2-3-4 o anche 100 Fed Cup non significa nulla, se c’è una regola vale sempre), che comunica preventivamente che non risponderà ad una eventuale convocazione “auto-preannunciando” sanzioni a suo carico e richiamando l’incresciosa gestione del caso Bolelli.
E poi il “contratto” con la Fit (ma può un contratto sottoscritto dalla federazione prevedere l’obbligo di rispondere alla convocazioni quando questo obbligo è già previsto dalle norme federali?), le inadempienze, il feeling mai sbocciato con Barazzutti, la difficile gestione del rapporto tra papà Sergio e tutti gli altri che hanno a che fare con Camila.

Eppure in questa selva di insinuazioni, presunte minacce, avvocati pronti all’uso sembra quasi passare in secondo piano il vero punto dolente della vicenda. Abbiamo una potenziale campionessa, che con tutti i limiti tattici e tecnici arcinoti, nella attuale anarchia del circuito Wta potrebbe tranquillamente dire la sua. Ed anche vincere uno Slam e arrivare tra le prime cinque del mondo.

Follia? Camila ha ventiquattro anni e ha già battuto molte delle più forti e dimostrato di potersela giocare alla pari con tutte, in fondo per vincere uno slam basta vincere sette partite. Alla sua età dov’erano Schiavone, Pennetta  e Vinci (la Errani è l’unica più precoce) – solo per restare in Italia? Qualcuno avrebbe scommesso che avrebbero vinto un major e/o fatto finali e raggiunto la top-10? È vero, avere i colpi non basta ma si può maturare in tempi diversi anche fuori dal campo. Si può crescere, diventare donne anche all’improvviso, non per forza cambiando allenatore o allontanando il papà. Ma così, con una federazione poco protettiva e con una perenne sindrome di accerchiamento si rischia di mandare tutto all’aria.

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