Laura Siegemund, il tennis visto con occhi diversi e un sogno che profuma di casa

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Laura Siegemund, il tennis visto con occhi diversi e un sogno che profuma di casa

Da promessa del tennis tedesco alla laurea in psicologia, poi il ritorno al tennis giocato per una seconda carriera e la cavalcata sino alle semifinali nella sua Stoccarda. Toccherà ad Agniezska Radwanska spegnere il sogno della 28enne tedesca?

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Nata a Stoccarda, prima semifinale in carriera raggiunta a Stoccarda. L’originalità non sembrerebbe essere il suo forte ma è un po’ diversa da come la raccontano. Per essere precisi Laura Siegemund è nata a Filderstadt, un comune di circa 43000 abitanti che costeggia Stoccarda al suo confine meridionale, e per essere ancora più precisi il torneo che attualmente si svolge a Stoccarda – nell’avveniristica cornice della Porsche Arena – sino al 2005 veniva disputato proprio a Filderstadt, sempre indoor ma in una più sobria e piuttosto spiovente struttura che ha ospitato – prima – un campo in superficie sintetica e poi uno in cemento prima di guadagnarsi la meritata pensione.

Attorno al mito di quel torneo a pochi passi dal suo cortile Laura cresce, pur senza respirare sempre la tranquilla aria di casa perché sballottata qui e lì nel mondo dalle esigenze lavorative del babbo. È al mondo solo da pochi mesi quando nell’ottobre 1988 Navratilova impartisce in finale l’ennesima lezione a Chris Evert, ha 4 anni quando – appena avviata al tennis – si trasferisce per tre anni in Arabia Saudita e ne compie 8 poco prima che una giovanissima Martina Hingis vinca il suo primo trofeo marchiato Porsche. Ormai alle soglie dell’adolescenza vede la svizzera conquistare il suo quarto titolo tedesco mentre in segreto prova a rubarle le geometrie e sogna un giorno di essere al suo posto: forse ispirata, in quell’anno Laura si afferma tra le future stelle del tennis mondiale vincendo l’Orange Bowl under 12 e lasciando che i paragoni con Steffi Graf – anche lei vincitrice del prestigioso torneo giovanile nel 1981 – passino di bocca in bocca. Siamo nel 2000 e il futuro sembra poterle solo sorridere.

Al contrario di Steffi Graf però Laura Siegemund deve sgomitare parecchio per emergere. Il passaggio al professionismo nel 2006 si accompagna al primo titolo ITF a Maiorca ma i successi si fermano lì: le soddisfazioni arrivano solo in doppio (14 titoli a livello ITF in 6 anni) e la lenta ma costante crescita in classifica subisce addirittura un’inversione di tendenza nel 2011, quando la tedesca chiude la stagione alla posizione n. 243. I dubbi sul futuro si fanno concreti e Laura decide di accantonare momentaneamente il tennis per iscriversi alla facoltà di psicologia.

La – quasi – nativa di Stoccarda non smette di giocare ma ridiscute le sue priorità. Chiede e ottiene la licenza di allenatrice, si dedica tanto a quest’attività quanto agli studi assecondando una passione nata assieme a quella per il tennis. Continua a disputare tornei soprattutto in doppio e prevalentemente entro i confini tedeschi, per evitare un irrimediabile allontanamento dal circuito. Nel 2013 Siegemund intensifica le trasferte, torna a vincere oltreoceano (torneo ITF di Jackson, negli States) e rientra tra le prime 300 del mondo, aggiudicandosi anche il torneo minore di Stoccarda che si disputa a Vaihingen – poco a nord della sua città natale – mentre alla Porsche Arena Maria Sharapova conquista la sua seconda cabriolet consecutiva. L’anno successivo abbatte il muro delle prime 200 e prova a testare le sue rinnovate ambizioni proprio nel torneo che più le sta a cuore, rimediando però un solo game contro la nostra Gioia Barbieri nel primo turno delle qualificazioni.

Il 2015 è stagione di traguardi. Arriva il primo titolo WTA di doppio sull’erba di ‘s-Hertogenbosch, in coppia con Asia Muhammad, con tanto di bis a Florianopòlis. In singolare raggiunge gli ottavi a Marrakech e soprattutto centra per la prima volta il main draw di un torneo dello Slam a Wimbledon, ripetendosi poi sul cemento di Flushing Meadows: quest’ultimo risultato le vale l’ingresso in top 100, ben 9 anni dopo essere diventata professionista. Sull’onda dell’entusiasmo la teutonica batte a Lussemburgo la Bacsinszky (fresca di ingresso tra le prime 10), vince il torneo di doppio in coppia con Mona Barthel e a dicembre conclude il suo percorso di studi con una tesi dal titolo “Fallimento sotto pressione”. Troppo facile cogliere il riferimento autobiografico, impossibile non riconoscere l’ascendente positivo che la scelta di intraprendere gli studi ha avuto sulla carriera di Laura.

La classifica ora permette alla Siegemund di partecipare agli Australian Open senza passare per la qualificazioni e il prezioso risparmio di energie culmina nel raggiungimento del terzo turno: si tratta delle prime due vittorie in un torneo dello Slam. Gli ottavi raggiunti a S. Pietroburgo e i quarti di Charleston la proiettano al suo best ranking in posizione 71, pronta per affrontare finalmente con buone credenziali il torneo di casa.

Certo, da qui a trasformare il precedente score di zero set vinti su otto disputati qui a Stoccarda in una clamorosa serie di sei vittorie consecutive senza set ceduti (tre nelle qualificazioni, tre nel main draw) c’è una bella differenza. A spiegare l’exploit non bastano le considerazioni sul suo tennis variegato, che non da punti di riferimento, ottimo in contrattacco e nella ricerca della verticalizzazione. Non bastano perché di mezzo ci sono le vittorie su Simona Halep e Roberta Vinci, entrambe non al meglio della condizione ma pur sempre le n. 6 e 8 delle classifiche mondiali. Non bastano perché negli occhi vivaci di Laura Siegemund al termine della partita contro la nostra Roberta c’era quella soddisfazione genuina che risponde solo e soltanto alla forza di volontà più ferrea. Giocare bene a tennis è un fatto, anche piuttosto comune, farlo a due passi da casa dopo una rincorsa così lunga è tutto un altro sport.

Da poco la tedesca ha compiuto 28 anni e non può trascurare d’essere entrata nell’età della maturazione. In passato aveva sicuramente fatto altri progetti per la sua carriera ma con il tempo ha avuto l’umiltà di capire che non tutte le tenniste nascono per primeggiare e si è costruita un’alternativa, senza per questo sentirsi tradita dal tennis e abbandonarlo del tutto. Ha semplicemente girato lo sguardo e cercato di accendere in sé stessa una seconda fiamma che l’aiutasse ad alimentare anche la prima.

“Non sono scappata dal tennis per ritrovare il mio gioco. Volevo fare altre cose, e così ho anche riscoperto il tennis”. Alla fine ci è riuscita. Ora il sogno che profuma di casa e d’infanzia assume i contorni dell’utopia perché le avversarie in gioco si chiamano Radwanska, Kvitova e Kerber. Ma perché pensare già al risveglio quando hai ancora qualche ora da passare a occhi chiusi?

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