Triste Parigi, le magie di Errani e Vinci sono un ricordo (Clerici), Wawrinka, che paura con Rosol (Crivelli), Parola a McEnroe: “Datemi un talento” (Semeraro), Vinci ed Errani, giornataccia (Clemente), Non c'è nemmeno Sharapovo (Azzolini)

Rassegna stampa

Triste Parigi, le magie di Errani e Vinci sono un ricordo (Clerici), Wawrinka, che paura con Rosol (Crivelli), Parola a McEnroe: “Datemi un talento” (Semeraro), Vinci ed Errani, giornataccia (Clemente), Non c’è nemmeno Sharapovo (Azzolini)

Pubblicato

il

 

Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Triste Parigi, le magie di Errani e Vinci sono un ricordo

 

Gianni Clerici, la repubblica del 24.05.2016

 

Sono stato tutto il giorno a aspettare che spiovesse, in attesa di vedere con i miei occhiali Sara Erra-ni, della cui crisi avevo letto, senza – per me – fortunatamente presenziare alle luttuose vicende. Di Sara ricordavo ancora il primo incontro, allo Australian Open , quando mi ero sentito dare del lei, sul pulminodei tennisti, e la ragazza era ignota, giocava ancora, credo , tra le juniores . D’un tratto, me l’ero rivista davanti in una partita più importante dell’altra, addirittura in finale qui a Parigi , contro Miss Tennis, la bellissima, fortissima Maria Sharapova, e in finale l’avevo rivista a Roma, contro Serena Williams, per i cui talenti cerco invano un soprannome. Avevo anche letto la sua biografia, senza riuscire a capire bene come simili afferma-zioni le fossero riuscite . Certo, non potevo non ammirare la sua intelligenza di gioco, la lunghezza dei rimbalzi, il suo addomesticare la palla sulle smorzate. Ma rimanevo altrettanto perplesso che ammirato, per esempio dal lancio di palla sulla battuta, un lancio a tre dita che pareva sfuggirle, sino a costringerla ad un mutamento del gesto. I grandi risultati erano via via regrediti, dalla finale del 2012 e semifinale del 2013, a dignitosissimi quarti di finale, per ben due volte, 2014 e 2015, in questo vecchio stadio: ma si trattava sempre, secondo me, di risultati positivi, per la statura, un metro e sessanta, e per la modeste capacità atletiche. A chi mi chiedeva come fosse riuscita, quella ragazza dall’apparente inadeguatezza allo sport, a giungere tanto avanti, rispondevo di non capire del tutto, e insieme di ammirare qualcosa che sta sparendo, di fronte ai muscoli, alla statura, a quello che sta trasformando il tennis da un gioco in uno sport. Un mio amico, corrispondente da Parigi , che giunge al tennis nel tardo pomeriggio, e mi domanda cosa stia scrivendo, mi incoraggia nel ricordarmi come definii la finale della Errani “Credo che sia un miracolo, e i miracoli non si ripetono”. Pub darsi che avessi detto qualcosa di simile, ma cosi come non mi spiegavo i successi di Sara, così non mi spiego la sua caduta verticale, le quattro partite perdute nei primi turni dei quattro ultimi tornei . Qualcuno, dei miei vicini , mi invita a citare la rottura di un doppio mai visto in Italia, i cinque trionfi Slam insieme a Roberta Vinci, e la fine del loro sodalizio. Può bastare tutto ciò, ancor-chè io mi senta più a mio agio sul giornale in cui scrivo, che su un tabloid ? Com’è noto, le conferenze stampa non si svolgono su un lettino da psicanalista, e quindi eviterò di parteciparvi, perché preferisco l’imbarazzante personaggio del cronista miope, a quella dello psichiatra d’accatto. Non mi resta che segnalarvi il risultato negativo della ex partner di Sara, Robertina Vinci: oggi sconfitta da Bondarenko, n.65 del mondo.

 

Wawrinka, che paura con Rosol

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 24.05.2016

 

La storia non cambia, ma lasciare che gli annali rimangano immacolati questa volta a Wawrinka costa fatica. Molta fatica. Non è mai successo che il campione in carica di Parigi venga sconfitto al primo turno l’anno successivo, e Stan The Man, scampato il pericolo della primizia, la butta sul ridere: «Per fortuna, non è stato questo il caso». Ma i cinque set con il cuore in gola e il braccio traballante contro quel diavolaccio di Rosol allungano nuove ombre su una stagione piuttosto avara di adrenalina e trionfi per lo svizzero, almeno fino al successo di Ginevra della settimana scorsa, una vittoria che però ha accorciato i tempi di permanenza a Parigi e ha quasi finito per gettarlo nelle braccia del ceco. CALDO Stanimal, onesto nei sentimenti e lucido nell’analisi, è molto più prosaico sulle ragioni di un match prolungatosi oltre le tre ore: «Ho giocato male, nessuna scusa, ed essere arrivato solo domenica non conta nulla: per fortuna nei momenti caldi sono riuscito a trovare le soluzioni adeguate. Credo che alla fine abbia deciso la condizione atletica, tiravo più forte del mio avversario». Passata in fretta l’emozione di tornare sul campo dell’apoteosi di un anno fa («Senza dubbio, per un attimo, mi è passata davanti la magia di quella finale, ma ero qui per vincere questa partita, non per i ricordi»), Wawrinka si ritrova dall’altra parte della rete un Rosol assatanato, aggressivo fin dal servizio e capace di tirare ogni colpo a tutto braccio, come la versione che annichilì Nadal a Wimbledon nel 2012 in quella che fu una delle più grandi sorprese della storia recente del tennis. FREDDO Proprio quel successo, da numero 100 del mondo e sostanzialmente da protagonista semisconosciuto, gli cambiò la vita e da ragazzo modesto e timido che volava con i low cost, amava il calcio e sognava una partita a San Siro, Lukas (passato nel frattempo attraverso un matrimonio e un divorzio lampo) si è trasformato nel classico giocatore che vorresti evitare, capace di approdare fino al numero 26 del mondo (oggi è 59) e piuttosto antipatico non solfo tecnicamente, ma anche per gli atteggiamenti. La chiave nel 41 set, quando sul 2-2 il ceco si procura due palle break e con un paio di errori piuttosto grossolani: «Lì è cambiato tutto, e Stan ha cominciato a giocare meglio. Queste erano le mie condizioni, io amo il freddo e :il campo pesante, ci sono andato vicino». OFFESE La pioggia, l’umidità, le lunghe attese negli spogliatoi: non sono stati i primi due giorni ideali che ti aspetteresti da urna Slam. Così, succede che Andly Murray, già costretto ad aspettare le sette di sera per calcare finalmente il Chatrier nel primo match dei suo torneo, impiegi addirittura due set per ritrovare concentrazione ed equilibrio tattico contro l’eterno Stepanek, il più vecchio dello Slam parigino. La partita verrà poi sospesa per oscurità, ma intanto gli spifferi della sera portano con sé anche i rumors sulle vere ragioni del divorzio tecnico di Muzza dalla Mauresmo. In un’intervista a un magazine francese, Amelie lascia intendere che non ne poteva più degli insulti di Andy, dei suoi improvvisi cambiamenti d’umore, delle offese che lo scozzese non risparmia al suo angolo neppure durante le partite, una situazione insopportabile per tutti gli allenatori che ha avuto, forse con l’eccezione di Lendl. E della quale il numero due del mondo è consapevole: «So di avere un carattere particolare, a volte durante i match può capitare che perdi il controllo, ma è una cosa sulla quale sto lavorando da tempo e sicuramente negli ultimi mesi la mia attitudine è migliorata». Malgrado le difficoltà oggi Murray, seppùr ancora sotto nel punteggio, dovrebbe sbrigare la pratica con il ceco, impedendogli di diventare il più anziano vincitore di una partita al Roland Garros negli ultimi 25 anni (Connors 91 ha il record, 39 anni). Impresa che così sorride a Karlovic, 37 anni e due mesi, che è anche la più vecchia testa di serie dal 1968 (Pancho Gonzalez): con 31 ace e 59 punti su 60 con la prima, il buon Ivo oltrepassa l’ostacolo Montanes (72 anni in due). Complimenti senza età

 

Parola a McEnroe: “Datemi un talento”

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 24.05.2016

 

McJesus, il Gran Moccioso, SuperMac, The Genius. Oppure, semplicemente: John McEnroe. Ci sono tennisti che hanno vinto più di lui ma il mancino di New York, nonostante i 57 anni (meravigliosamente portati) ancora oggi incarna la leggenda del tennis. Alle sue mille coppe ne Fogabol «Mi piace per stile e personalità, però non lo appreso quando ci mette meno passione» manca una, quella del Roland Garros, a cui arrivò ad un soffio nella famosa finale del 1984 persa contro Ivan Len di. «II migliore e il peggior ricordo che ho di Parigi appartengono a quella partita», spiega «Il peggiore fu la sconfitta. II migliore l’ingesso in campo, con l’ovazione del pubblico. Una delle più belle esperienze della mia carriera». Anche Djokovlc non ha mal vinto 11 Roland Garros. II 2016, dopo la finale beffa contro Wawrinka di 12 mesi fa, sarà l’anno buono o l’ossessione dl rompere il tabù-Parigi lo bloccherà ancora? «Ne12015 credo abbia patito proprio la tensione, ma ormai è storia passata. Sicuramente è lui il favorito numero 1, poi ci sono altri pretendenti Nadal, Wawrinka, Murray. Aggiungiamoci Nishikori: ecco, sarei sorpreso se finisse per vincere qualcuno al di fuori di questi cinque». Quindi per lei Nadal ha una chance di conquistare la Decima a Parigi? «Non ne sono certo al 100 per cento, ma aedo possa vincere ancora uno Slam. Non è ancora tornato quello dei momenti migliori, però è sulla strada giusta: molto dipenderà dalla salute. Un tempo era molto più difficile batterlo sulla distanza dei cinque set che su quella dei tre, e Parigi è il posto dove in passato il suo tennis era più dominante. Certo essere capitato dalla parte di Djokovic nel tabellone è una difficoltà in più». Murray ha battuto Djokovic a Roma: può ripetersi a Parigi? «Andy per tanti anni ha avuto come obiettivo Wimbledon e questo gli ha reso più difficile concentrarsi sul Roland Garros. Oggi finalmente si è convinto di poter far bene in entrambi i tornei. In passato ha raggiunto un paio di semifinali, il tennis non gli manca; nel 2016 ha preso più seriamente i tornei sulla terra, e questo ora sta pagando. Non sarei sorpreso se vincesse». Kyrgios, Thiem, Zverev, Coric, il suo connazionale Fritz… Fra i giovani chi le piace? «Thiem è quello che ha più possibilità di tutti quest’anno a Parigi. Ha un fantastico tennis da terra battuta, è molto determinato, dopo Nishikori c’è lui. Ha un futuro da Top Five, come pure Kyrgios, che ora è più forte sull’erba ma può giocare bene dappertutto, Zverev, un altro che mi aspetto di vedere vincitore di Slam, e Coric. Non so se saranno protagonisti già a Parigi, ma sicuramente nei prossimi anni». Nel femminile su chi punta? « Ho sempre pensato che se Serena Williams gioca al suo meglio è veramente difficile batteria. Al Roland Garros però le è capitato spesso di perdere, e quest’anno il campo mi sembra molto aperto». Una volta ha detto che potrebbe fare da coach a Fognini cosa le piace di Fabio? «La sua personalità, il suo stile, come si muove in campo. Lo apprezzo meno quando sembra metterci poca passione. 11 match che ha vinto contro Nadal agli ultimi US Open è stato il più bello che gli ho visto giocare, e dal punto di vista dello spettacolo uno dei più divertenti che io abbia mai visto in assoluto agli US Open». A proposito di coach: molti dei suoi storici rivali, da Lendl a Becker, da Edberg a lvanisevic, si sono reinventati in quel ruolo. A lei piacerebbe? «9, se vedessi un giovane con le potenzialità di diventare un top player, e di vincere titoli dello Slam. Ma solo part-time. Mi piacerebbe allenare un tennista di personalità, e riuscire a influenzare positivamente la sua carriera». Dopo Roddick il tennis maschile americano è andato in crisi. «Negli States c’è bisogno di qualcuno che riaccenda la passione per il tennis. Ora vedo un paio di giovani che possono motivarsi l’un l’altro e fare bene negli Slam Credo abbiano capito, e con loro i dirigenti e i temici americani, che imparare a muover-ti bene sulla terra fa di te un tennista migliore». Vede qualche nuovo McEnroe all’orizzonte? «L’unico che sento simile è Nick Kyrgios, perché possiede la stessa frenetica energia che avevo io….

 

Vinci ed Errani, giornataccia

 

Valentina Clemente, il corriere dello sport del 24.05.2016

 

Il cielo grigio della capitale francese come riflesso della giornata azzurra al Roland Garros: con l’uscita di scena di Simone Bolelli (ancora alle prese con il problema al ginocchio), Sara Errani e Roberta Vinci, la pattuglia azzurra vede già decimarsi i suoi soldati a soli due giorni dal via. In particolare le due ex compagne di doppio azzurre appaiono entrambe svuotate del loro tennis migliore e ad ammetterlo sono state loro stesse nel post gara, momento in cui hanno affermato di voler staccare la spina per un po: «E un momento non bello, difficile, particolare. Passerà… – ha detto la Vinci – L’aspetto che più mi fa male è che non riesco a esprimermi. Si può perdere, ma comincio le partite tesa e le finisco allo stesso modo. Sento troppa pressione, sono troppo preoccupata in campo, mentre invece in allenamento vado al massimo. Forse sono un po’ stanca, mi riposerò un po’ prima dell’erba e di Wimbledon». Sia Sara, sia Roberta devono sciogliere i loro “tormenti interiori”, con dubbi che vanno dal personale al tennistico, e questa uscita prematura dallo torneo parigino potrebbe essere utile proprio per tornare più velocemente in sella. Dal canto suo Bolelli, per evitare l’operazione al ginocchio, ha deciso di procedere con una cura, in Spagna, basata sulle cellule staminali, già effettuata anche da Rafael Nadal. Per l’emiliano l’obiettivo è l’Olimpiade di Rio (con wild card), ma nel caso in cui le cose non dovessero migliorare a settembre si dirigerebbe verso la sala operatoria.

 

Non c’è nemmeno Sharapovo

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 24.05.2016

 

Se Federer ha la bua alla schiena, Federerino sta anche peggio. Lui ha mal di testa, e nel tennis di oggi, che non abbisogna di grandi pensatori, sì invece di ragazzi disposti a restare concentrati qualcosa più di tre ore, i problemi che riguardano la sfera mentale sono i peggiori. Tre sconfitte secche al primo turno, una via l’altra, Madrid, Roma, Parigi, e la terra non c’è più. Troppe per un ragazzo che sembrava destinato al Club dei Più Forti, e che invece sta attraversando una delle più lunghe crisi che abbiano mai frenato un tennista. Una crisi ormai lunga un anno e mezzo. Forse Grigor Dimitrov il problema di somigliare a Federer non ce l’ha più. Difficile dire se sia stata una sua determinazione, o gli accorati consigli di tutti i coach che lo hanno accompagnato in questo ancor giovane spicchio di carriera Glielo diceva McNamara, glielo ripeteva Rasheed, di certo glielo ha ribadito Franco Davin (Grigor i coach li usa e getta neanche fossero ideenex): inutile fare il Federer se non lo sei. Sagge parole, se non fosse che Grigor, abbandonate le ipotesi di trasformarsi – novello Zelig – nel suo ideale svizzero, e dismesse pure le vesti di Mister Sharapovo, che ha indossato per due annetti buoni fra qualche invidia e molti sfottò, si è ritrovato di colpo ignudo, senza una personalità tutta sua che lo calzasse a dovere. Problema serio, pericolosamente incistatosi peraltro nei giorni della cacciata dai Blelk amaro e il ginocchio mi fa ancora male: spero nei Giochi ma a questo punto chissà» Top Ten, avvenuta subito dopo esservi approdato, neanche Grigor si fosse scontrato con un muro di caucciù e da esso fosse stato rimbalzato via: nono il 7 luglio 2014, ottavo il 4 agosto, decimo fino al 13 ottobre. Oggi trentaseiesimo. «Non si tratta dei colpi, tutti buonissimi», diceva coach McNamara. «E che non sembra disposto a giocare un tennis tutto suo», concludeva abbacchiato. E ancora così. Ripulitosi delle voglie federeriane, Dimitrov si è attestato sulla linea di fondo, bravo a starci sopra con i piedi, a non allontanarsi dalla zona nevralgica da cui è possibile comandare le operazioni, eppure incapace di muovere da li per dare scacco matto. Sferruzza tennis come una tricoteuse, ma non ha la potenza necessaria e non ha voluto imparare a recitare altri copioni. Né carne, né pesce, giusto per non tirarla troppo per le lunghe. Lo stesso è accaduto ieri, contro Viktor Troicki. Bel lavoro di costruzione, match a portata di mano, 2 set a uno avanti e 4-2 nel quarto. Ma quando il serbo ha stretto i tempi per uscire dal guado, Grigor si è fatto di nebbia. Gli è capitato a Roma con Zverev, a Madrid con Carreno Busta, a Istanbul con Diego Schwartzman, qui però in finale, una sconfitta sottolineata da un intero borsone di racchette frantumate. «Non sono sicuro, le sconfitte mi ronzano in testa», si difende lui. Lo sa che si sta buttando via? Forse, ma non v’è certezza. Coté Italia: ci sono i dubbi di Simone Bolelli. n ginocchio non va, la cura a base di staminali che gli somministrano in Spagna (la stessa di Nadal) ha tempi lunghi. «Mi fermo, tomo a luglio, vedrò allora se sarò guarito del tutto o dovrò operarmi. Nei Giochi ci spero ancora, con una wild card, ma di certezze non ne ho. L’operazione mi fermerà sei mesi, non è una bella prospettiva».

 

 

 

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement