Tanti auguri Nadal: "Io sono Nadal"

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Tanti auguri Nadal: “Io sono Nadal”

Gli ultimi auguri a Rafael Nadal. La storia di un campione che “cadde, risorse e giacque”. Aspettando di risorgere ancora

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Con questo articolo, pubblicato la prima volta nel Gennaio 2013, chiudiamo la nostra giornata di celebrazioni del trentesimo compleanno di Rafael Nadal. Nadal stava per rientrare dopo un lungo stop cominciato con la sconfitta contro Rosol. Salterà l’Australian Open e poi, lo ricorderete, realizzò una delle migliori stagioni dell’Era Open. Che possa essere un viatico per l’ennesima resurrezione. Tanti aguri Rafa!

Caro nemico ti scrivo di Raffaello Esposito
Se possibile ridateci Rafa di Enrico Serrapede
Parigi è lontana, di Laura Guidobaldi

Io sono Nadal e la sofferenza è la mia compagna. Ero Nadal, anche quando Nadal era mio zio, gran giocatore del Barcellona di Crujiff. Lui era un centrocampista ma quell’olandese infernale lo trasformò in difensore centrale. Mi piaceva la mia famiglia, vivevamo tutti insieme in una grande casa, in un’isola bellissima. Io giocavo a pallone, chi è che non giocava a pallone?, ma anche il tennis mi piaceva. Provai ad andare in una squadra di calcio, il mio cuore consumava 72 ml di ossigeno per kg. Voi che non siete Nadal ne consumate a malapena 60. Ero già il più forte di tutti, era solo un po’ complicato tenere la racchetta, mi facevano male le dita e mi aiutavo con le due mani. Il fratello di Miguel Angel mi disse che se un olandese aveva trasformato un centrocampista spagnolo in un difensore allora un moccioso spagnolo poteva sicuramente tenere una racchetta con una mano sola. La leggenda dirà che è stata una sua imposizione, ma io sono Nadal e anche a 8 anni ero in grado di scegliere: la mano del diavolo sarebbe stata la mia mano e pazienza se ho paura di tuoni e fulmini: li prenderò e li trascinerò nel campo.

Quando cominciai ad andare a scuola, mi annoiavo. Voi forse vi divertivate? Ero il più bravo, davo tutto, mi faceva un po’ male la testa e a volte non andavo al compito in classe, una cosa però mi piaceva: ogni giorno era uguale all’altro, e io ero solo un po’ più grande un po’ più consapevole, un po’ più forte, un po’ più preciso. Un po’ più Nadal. Mi ricordava quello sport con la racchetta in cui dovevi sempre e poi sempre tirare la pallina in quel punto preciso, una volta, due volte, tre volte; sempre con maggiore forza, sempre con maggiore velocità, un giorno con maggior rotazione. Mi dissero che dovevo scegliere, ed io ho scelto: io sono Nadal, diventerò il più forte di sempre, anche se un piede mi fa male.

A 14 anni mi fecero giocare con un matto che probabilmente era appena uscito da un taverna. Doveva giocare contro Becker, una cosa tra ex vincitori di Wimbledon. Avevo sentito parlare di Wimbledon, soprattutto da Marcelo, un numero uno del mondo, ma non certo Nadal. Il matto con la bandana era simpatico e spiritoso, forse, va a sapere, credeva di vincere. Ma io sono sempre stato Nadal, anche a 14 anni e anche se mi fa male un po’ l’avambraccio. Se batto Cash, mi dicevo, posso diventare professionista. Ma forse c’era qualche regola, forse non era il caso, forse questo forse quello, ma ho dovuto aspettare di compiere 15 anni per giocare contro Guillermo Patel. Perdo a Madrid, ma la settimana successiva batte Matias Israel Gil e poi perdo con un italiano, ho un dolorino alla spalla. Dicono che dovrei rinforzarmi ma a me non piace andare in palestra, ci vado proprio solo quando posso, meglio le partite.

Come regalo per i 16 anni vado a Wimbledon. Non è male, mi piace il verde. Mi fanno giocare con i ragazzini, non lo farò più, io sono Nadal ci giochino loro. L’anno successivo sono tra i primi 50, non male per qualcuno che non sia Nadal. Sulla terra è tutto troppo facile, vinco persino un torneo in un posto assurdo, che per fortuna ha un bel castello e una trattoria con questa strana pasta, le orecchiette. A Montecarlo perdo da Coria, perché sono tonto, non succederà mai più, non qui, questa è casa mia, mi piace il mare, mi piace il vento, mi piace persino il casinò, anche se non ci sono mai andato, un po’ di dolore alle dita, meglio non usare la slot machine. Mi faccio male al gomito e non vado a Parigi, ci sarà tempo per andare lì.

Torno a Wimbledon, pensavo di vincere facile, l’anno prima aveva vinto un australiano più basso di me, tutto c’mon e pugnetti. Io i pugni potrei tirarglieli in faccia se ci provasse, ma scommetto che non ci proverà. Comincio con uno che mi dicono sia forte, l’anno prima ha battuto uno svizzero con la coda, tutto dritto e balletti, ma come si fa? Ancic è forte davvero, infatti mi toglie un set. Ad un certo punto trovo un thailandese, vi rendete conto?, un thailandese. Devo ammettere che non ci capisco nulla, la palla non rimbalza più, devo parlarne con il fratello di Miguel Angel, perché non rimbalza questa palla? Mi dice che devo stare calmo, sono giovane servirà tempo. Non ha capito, io sono Nadal e l’anno dopo vincerò Parigi, sono sicuro, peccato che mi farà male la caviglia sinistra, non andrò. Però batto Roddick in finale di Davis, faccio una cosa che nessuno aveva mai fatto prima di me. Ma io sono Nadal, normale.

Incontro quello svizzero con la coda, un campione di Wimbledon, mah. Ci troviamo a Miami, lo batto facile e questo è il migliore che hanno in giro? La cosa assurda è che vincerà di nuovo Wimbledon. Vabbè io non c’ero, vi ho detto della caviglia. Però trovo lo stesso il tempo di vincere il mio primo torneo, ma che importa? Ne vincerò ancora tanti. L’anno dopo ne vinco 11, figuriamoci. Cercate qualcuno che ha 18 anni ha vinto 11 tornei: uno slam 4 master series… Lasciate perdere, non lo trovereste. Ad un certo punto vado a giocare con Gaudio a Buenos Aires. Buon giocatore quest’argentino, ha vinto il Roland Garros l’anno prima. Vinco 6-0 il primo set, regolare. Poi mi distraggo, forse un fastidio all’anca, insomma perdo inutile cercare scuse. Negli spogliatoi spacco tutto, Gaudio mi guarda e mi fa “sei pazzo? guarda che non sono uno sconosciuto”. Cosa ne sa lui.

Sulla terra finisco per annoiarmi, vinco 36 partite di fila. A Wimbledon trovo un lussemburghese, dove cavolo è il Lussemburgo? Sono stanco, ho appena vinto il Roland Garros, provateci voi. O credete davvero che uno a cui avevo lasciato in tutto 2 game un paio di mesi prima sia in grado di battere Rafa Nadal? Arrivo al master e mi faccio male al piede sinistro, avevo persino vinto a Madrid, campo velocissimo e pure coperto, a Shanghai avrei vinto.

L’anno dopo quando torno sulla terra rossa supero il record di Vilas, batto 4 volte Federer che si è tagliato la coda, finalmente. Così sembra forte, non è Nadal certo, ma nessuno è Nadal. Mi batte a Wimbledon ma io avevo un problema non ricordo dove. Del resto è assurdo, aveva perso 4 volte di file e vince proprio lì? Andiamo…

A Roma giochiamo una gran partita: ha due match point, mi pare il più grande giocatore di sempre. Tranne Nadal ovvio, ma siccome non lo preciso comincia una stupida disputa su chi è il più forte. Io ho 20 anni e il dolore è stato il mio compagno, questo qui si alza va a fare un po’ di jogging e poi istupidisce tutti. Bravi tutti così. Ma non ho tempo per lui, dopo Wimbledon decido di riposarmi, faccio torneini qui e lì mi godo il riposo.

L’anno successivo rifaccio le stesse cose, stravolto faccio vincere Federer ad Amburgo (6-0 sulla terra a me, viene quasi da ridere) e lo faccio spaventare a Wimbledon, ma lì gli regalo la partita, piango negli spogliatoi e il fratello di Miguel Angel mi chiede se ho male da qualche parte. Quando gli dico no, si infuria, dice che piangere non è da hombres, e altre cose che non capisco. Mi viene un crampo a Cincinnati ma le sensazioni sono che se non mi viene niente nei prossimi 6 mesi ci facciamo delle risate. Sono sano, non succede nulla da nessuna parte. Perdo una partita contro un alieno che ritorna presto nel suo pianeta in Australia e poi finalmente vinco a Wimbledon. Facile, anche un po’ emozionante, ma io sono Nadal era giusto che il pubblico si divertisse. Visto che ci sono vinco le olimpiadi ormai è tutto facile, troppo facile.

A New York potrei vincere ma ci si mette il vento ed uno scozzese che ogni tanto gioca ogni tanto no. Quella era la volta sì, ma a me scocciava. Ovviamente mi faccio male, una tendinite al ginocchio destro, non vado al Master, è giusto dare spazio anche agli altri. Torno in Australia, vinco agevolmente, ma comincio ad avere la nausea. A Parigi vado poco convinto, trovo uno a cui avevo dato 6-1 6-0 o qualcosa del genere due settimane prima. Perdo, i francesi sembrano quelli della canzone di Bartali ma al contrario, fanno un po’ seccare me e mio zio. Mi faccio male lascio perdere i mesi estivi, torno, perdo, finisco male l’anno. Risorgerò, io sono Rafa Nadal. L’anno successivo è un massacro per gli altri da maggio in poi; prima mi rilasso, faccio un video con una tipa, non capisco bene cosa c’entra, ma perché no? in fondo sono Nadal. Perdo una finale al master ma perché sono stravolto e al coperto non mi piace giocare, mi sembrano quasi delle esibizioni.

L’anno successivo trovo un serbo che era divertente, faceva un sacco ridere e poi nel finale si scocciava, lasciava perdere. Adesso sembra cambiato, non ride più, gioca fino alla fine. Sono sorpreso, non capisco cosa succede, mi sa che mi sono distratto, dove diavolo è finito Federer? Lo ritrovo a Parigi, per fortuna è tutto come prima. Ma non lo ritrovo a Wimbledon, al suo posto trovo ancora questo serbo che dopo che gli ho preso 4 vincenti invece di tirarmi il quinto mi fa rigiocare il punto da capo. Non me l’aspettavo, ma io sono Nadal, datemi il tempo di prepararmi. Quest’anno perdo in Australia ma ho capito tutto, io non faccio sogni, sono razionale e per lui è finita. Lo batto a Montecarlo, a Roma, a Parigi, e non vedo l’ora di trovarmi a Wimbledon. Mi faccio di nuovo male. Capisco che la vera felicità non è vincere ma stare in buona salute. Ma io sono Nadal. Risorgerò ancora.

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