Ecco la next generation. C’è Thiem in semifinale (Clemente). Paura Serena, poi rimonta la Putintseva e vede la finale (Clerici). Thiem, l’età dell’oro. Ma adesso trova il Nole furioso (Crivelli). Williams, che spavento. Con la Putintseva vicina al k.o. (Crivelli). Thiem studia da n.1. Oggi affronta il test Djokovic (Semeraro)

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Ecco la next generation. C’è Thiem in semifinale (Clemente). Paura Serena, poi rimonta la Putintseva e vede la finale (Clerici). Thiem, l’età dell’oro. Ma adesso trova il Nole furioso (Crivelli). Williams, che spavento. Con la Putintseva vicina al k.o. (Crivelli). Thiem studia da n.1. Oggi affronta il test Djokovic (Semeraro)

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Ecco la next generation. C’è Thiem in semifinale (Valentina Clemente, Corriere dello Sport)

Fino ad ora Dominic Thiem non si è lasciato influenzare da nessun modello nella sua giovane carriera. Eppure il tennis che disegna lascia spazio a nuove ispirazioni e dopo aver battuto Rafa Nadal lo scorso febbraio, oggi sulla terra di Parigi tenterà di cogliere lo scalpo di Novak Djokovic, non irresistibile finora al Roland Garros ma sempre temibile. L’austriaco, classe ’93, è tenuto d’occhio dagli addetti ai lavori da almeno quattro anni, ma ora sembra pronto per il grande salto, grazie all’esperienza accumulata nelle ultime stagioni. Con la vittoria di ieri sul belga David Goffin (4-6 7-6 6-4 6-1), la prossima settimana sarà, nella peggiore delle ipotesi, numero 7 del mondo. Non sembra facile per questa nuova generazione rivaleggiare con quella rappresentata da Federer e compagni. E se molti di questi ragazzi sembrano comunque dover far pace con i tumulti della loro età, Thiem appare avere una carta in più da giocare perché, rispetto agli altri, sembra gestire meglio gli alti e bassi di uno sport che domanda sempre il massimo dell’attenzione. «È stato un match molto sentito quello contro David ed è normale che ora sia calmo. Rimango concentrato, ma non sto ancora pensando alla partita contro Djokovic; quando sarà il momento, andrò in campo dando il 100%. Sarà un incontro incredibilmente duro, anche perché rispetto agli altri giocatori in questo momento lui è un gradino sopra, ma io mi sento in forma e la partita inizierà da zero a zero». Rovescio a una mano, gioco esplosivo e duttile, Thiem ha una preferenza per la terra rossa, superficie dove per ora ha vinto cinque dei suoi sei titoli Atp, e anche a Parigi sta raggiungendo risultati eccellenti, anche perché una vittoria (un giorno o l’altro) sarebbe per lui il coronamento di un sogno. Djokovic, dopo la vittoria facile su Tomas Berdych, ha così commentato Il percorso del suo prossimo avversario: «È uno dei leader della nuova generazione e sarà davvero motivato a far bella figura. Sta giocando il suo miglior tennis in questo momento e da febbraio in poi ha messo insieme così tante partite che resta eccezionale il suo stato di forma, specie per uno che non è abituato a un calendario cosi fitto. Ha un gioco potente e veloce». Nato sotto una cattiva stella, questo Roland Garros sembra obbligato a far pagare nuovamente ai suoi spettatori le bizze del tempo: a differenza del programma ufficiale, oggi verranno disputate le quattro semifinali, e per equilibrare la situazione è stato deciso di dividere equamente maschili e femminili sui due campi principali. Questo ha fatto ovviamente scattare la rabbia di coloro che avevano acquistato il biglietto per il Centrale, per vedere le due semifinali maschili, e che ora dovranno accontentarsi del 50% del programma.

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Paura Serena, poi rimonta la Putintseva e vede la finale (Gianni Clerici, La Repubblica)

Vedo sorridere una bella biondina con le trecce, sul mio teleschermo. Non riesco a capire perché, mentre sorride, riesca al contempo a piangere, sinché la mia vicina di banco mi informa «non sono lacrime, sono gocce di pioggia». La biondina che sembrava piangere è la stessa che mi aveva causato un dolore lasciando due games all’amata Knapp. Abbiamo, noi cinici scribi, fatto tutti tifo per lei, Yulia Putintseva, perché stava battendo Serena Williams. Una Serena infagottata in una tuta blu, che per solito usa per sudare, durante gli allenamenti. Contro la sconosciutissima, piccolissima, Putintseva (niente a che vedere con Putin), Serena era riuscita a perdere il 1° set e, nel 2° sul 4 pari, era riuscita a difendere due palle per il 4-5 in un game di 12 punti. La partita era tale che il pubblico, nel quale si trovava certo qualche erede degli sciovinisti che, 12 anni fa, avevano fischiato l’americana contro la Henin, aveva preso le sue difese contro la piccolina, 1 mt e 60, coraggiosissima nanetta. Ho già scritto, ma ripetersi giova, che la Putintseva era stata acquistata al mercato di Mosca dallo specialista nello schiavismo tennistico, il magnate kazako Bulat Utemuratov. Lo stesso Presidente kazako Nursultan Nazarbaev doveva esser rimasto sorpreso per la scelta di una presunta campionessa tanto piccina da vederla più di una volta superata dai rimbalzi di Serena, autentici lob involontari. Nel momento in cui, sul fatale 5 pari, la Putintsevina poteva causare la maggior sorpresa del torneo, la presa di coscienza di simile realtà l’ha attraversata come una punta attraversa un foglio di carta e ha perso due games a zero per poi subirne altri sei. Prima di simile, inimmaginabile vicenda, avevo ammirato, una volta di più, il vincitore del torneino di Como 2013, ora candidato alla finale, Dominic Thiem. Ha superato, non facilmente, il suo amico Goffin, e affronta ora il favorito Djokovic, che si è allenato, se simile definizione è consentita, col solito Berdych, il primo dei secondi. Fronte a Murray, efficientissimo nel colpo più importante sul fango, il dropshot, sta Wawrinka, con le sue tre vittorie negli ultimi tre match. Speriamo soltanto che il tempo ci aiuti a finire il Roland meno gradevole che io ricordi, dal giorno dei miei quarti di finale jr 1949.

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Thiem, l’età dell’oro. Ma adesso trova il Nole furioso (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Qui Parigi. Ora non è più tempo di proclami e bei propositi: se vuole davvero la rivoluzione, la Next Generation si manifesti ora, seguendo il suo profeta più pronto e dotato, quel Thiem che ha già vinto 41 partite nell’anno, di cui 25 sulla terra e forte di tre trionfi non banali (Baires, Acapulco, Nizza). Tocca al ragazzo austriaco che si è fatto i muscoli sollevando tronchi d’albero alla Rocky sfidare la Montagna: un incrocio con Djokovic che richiederà cuore e coraggio belluini. Dominic, che con il successo su Goffin si è assicurato da lunedì il numero 7 in classifica, avrà contro non solo il più forte, ma anche la legge dei numeri: Nole è in una semifinale Slam per la 30a volta, l’ottava al Roland Garros nelle ultime dieci edizioni. Da brividi, e non tanto per gli 11 gradi di quest’autunno fuori stagione. Eppure lo scontro generazionale più atteso, il match tra il sovrano assoluto e il più talentuoso tra i giovani, ha rischiato di finire all’aria per la sciocchezza più banale. Accade nel secondo game del terzo set contro Berdych, quando il numero uno, furioso per aver mancato un break point, fa rimbalzare a terra la racchetta, che però gli sfugge di mano e finisce a un palmo dal giudice di linea: l’avesse toccato, o peggio ferito, Djokovic sarebbe stato per regolamento allontanato dal torneo, come avvenne nel caso (ben più grave) di Nalbandian al Queen’s nel 2012. E invece, dopo le immediate scuse alla signora Asderaki, arbitro dell’incontro, se la cava con un warning. Casualità? Nervosismo? Tensione per i tre giorni di fila in campo (e oggi saranno quattro) e per condizioni di gioco sempre al limite? Novak sorride perché sa di averla scampata bella: «Sono stato fortunato, ho chiesto perdono a tutte le persone coinvolte e al giudice di linea che avrei potuto colpire. Ma non era assolutamente mia intenzione tirare la racchetta a qualcuno, è stato un rimbalzo imprevisto e alla fine tutto si è risolto in modo accettabile». Sarebbe stata una beffa, per l’uomo da cento milioni di dollari, sempre all’inseguimento di quell’unico Slam che ancora gli sfugge, e forse mai così vicino: «Sarà bello sfidare Thiem, è un grande campione e sta giocando il miglior tennis della sua vita. Vorrà dimostrare di essere pronto, di poter stare al livello dei big. Ma io ho qualcosa di enorme per cui combattere». Due i precedenti, uno nel 2014 con l’austriaco bambino e l’alto, molto più fresco, a Miami in marzo, entrambi per il Djoker, ma la vittoria dell’austriaco su Goffin nei quarti porta le stimmate di possibile cambiamento, se non altro mentale. Perché Thiem si è trovato sotto di un set e di un break e ha annullato un set point al belga nel tiebreak del secondo, mostrando carattere e trovando soluzioni ai mille cambiamenti di ritmo dell’avversario, per finire con grande aggressività. E poi, c’è sempre quel rovescio a una mano che quando può liberarsi nella frustata incrociata o lungolinea è una delizia per gli occhi e una condanna per chi si trova al di là della rete: «Certo, quando l’ho cambiato (da ragazzino lo giocava bimane, ndr) ho avuto qualche dubbio, ma ora credo funzioni piuttosto bene. So di dover affrontare un giocatore che è un livello sopra tutti gli altri, sarà incredibilmente dura. Ma darò tutto me stesso, perché comunque si parte da zero a zero». E come sarebbe bello se si potesse almeno pareggiare.

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Williams, che spavento. Con la Putintseva vicina al k.o. (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

A un punto e a un game dalla più incredibile sorpresa della storia. Perché sarebbe stato difficile immaginare un crac più clamoroso della sconfitta nei quarti di Serena contro la numero 60 Putintseva, russa convertita dai dollari kazaki e già giustiziera della Knapp. Eppure, la piccola Yulia si ritrova 4-4 e 15-40 servizio Williams nel secondo set, prima di crollare travolta dalla tensione (doppio fallo) e poi dal cannone ritrovato della numero uno. Una Serena che a inizio secondo set comprende che tirare forte (e sbagliare tanto) non serve a sgretolare il muro dell’avversaria, e cambia strategia, cominciando a giocare palle alte e senza peso sulle quali la Putintseva, 1.63, deve arrampicarsi senza poter più usare la spinta delle gambe: «Per un set – dirà la vincitrice – lei ha giocato in modo incredibile, e non so neppure io come ho fatto». Nella Parigi più bagnata dal 1873, non ci si può stupire di nulla. Neppure che l’olandesona Bertens, 58 Wta, che convive con un tumore benigno, vinca 12 partite di fila tra Norimberga e qui, riportando il suo paese in semifinale dopo 45 anni. Eccezionale in difesa, stoppa un’altra miracolata, la semifinalista 2015 Bacsinszky, che tra caviglie rotte e un padre padrone tre anni fa aveva mollato tutto per fare la barista: «Se mi avessero detto di queste tre settimane – sorride estasiata la Bertens – li avrei presi per matti». Dovrebbe divertirsi un po’ meno la Sharapova: pare infatti che la squalifica per il caso meldonium possa variare tra l’anno e i 18 mesi e il verdetto è atteso in queste ore. Alla faccia delle magliette spiritose.

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Thiem studia da n.1. Oggi affronta il test Djokovic (Stefano Semeraro, La Stampa)

Il futuro del tennis è già qui, ha 22 anni, è austriaco, si chiama Dominic Thiem. Ieri ha raggiunto la sua prima semifinale Slam, battendo David Goffin al Roland Garros. Un gran bel match, almeno per 3 set, nonostante gli 11 gradi e la pioggerellina ghiacciata che tormenta lo Slam parigino. Oggi si tratterà di vedere se il giovane Dominic può reggere l’urto di un presente massiccio di nome Novak Djokovic. Nole sente Parigi a portata di mano ed è nervosetto – vedi l’ennesima racchetta scagliata nei pressi di un linesman -, e comunque ha fatto il suo sottomettendo in 3 set Tomas Berdych. Il neo top-ten Thiem (da lunedì sarà almeno n. 7 del mondo) può opporgli molto tennis, soprattutto dal lato del rovescio, e molta voglia di mostrare che in un tennis monopolizzato da patriarchi resilienti sta sbocciando un abbozzo di nouvelle vague. Del predestinato possiede il curriculum: a 9 anni papà Wolfgang lo ha affidato a Gunther Bresnik, l’ex coach di Becker; a 13 Ivan Lendl lo ha segnalato all’Adidas. Nel 2011 Dominic è stato finalista al Roland Garros U18 e per un paio d’anni si è fatto preparare fisicamente da Sepp Resnik, 60enne ex atleta estremo che lo faceva correre per 15 km di notte nei boschi ma quando il fanatico gli ha chiesto di essere «più folle in campo» lo ha mollato. «Devo essere paziente – ha scritto su Twitter – e aspettare la chance di mostrare quanto sono pericoloso». Eccola.

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