La Piccola Biblioteca di Ubitennis. Deathpoint: l’ultimo Wimbledon

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La Piccola Biblioteca di Ubitennis. Deathpoint: l’ultimo Wimbledon

Venerdì letterari. Esplorazioni. Il nostro radar ha intercettato un romanzo italiano di un esordiente che mescola futuro distopico e tennis: Deathpoint

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Bolotta S., Deathpoint, Youcanprint, 2015.

Centrale di Wimbledon, atto conclusivo. Annus domini 2050. Jack Muffin fuma una sigaretta nel cambio di campo e si appresta a fronteggiare un mach point. Ha solo 24 anni. Il suo gioco brillante è pari soltanto alla sua indifferenza. Dovrebbe essere il momento più importante della sua vita ma non sembra che gli interessi molto. Il mondo intorno è diverso da quello che conosciamo. Ci sono enormi aerei che solcano il cielo come piccole città. La gente è emozionalmente connessa tramite persefonini. La crisi energetica mondiale sta creando di nuovo un’oligarchia planetaria in grado di polverizzare la faticosa democrazia americana due punto zero. Con questi presupposti distopici Stefano Bolotta costruisce un romanzo ambizioso con il tennis a fare da collante e metafora, quasi che le piccole scelte individuali su un campo di tennis possano avere conseguenze nel megamondo intorno a noi.

In Deathpoint ci sono almeno tre piani narrativi intersecati da una prosa scorrevole e confidenziale. Quello geopolitico, la vita di Jack Muffin e la passione per lo sport dell’autore che attraverso uno stratagemma narrativo ci porterà a cospetto dei più grandi atleti del ‘900. Coppi e Bartali, Muhammad Ali, Nadia Comaneci, René Lacoste, eccetera. E c’è un altro tema che ronza in tutto il romanzo. Più che un tema una linea. Quella che, come una rete su un campo da tennis, separa la vita dalla morte, la realtà dai desideri e i vorrei dai rimpianti.

Nel panorama letterario, non solo italiano, il libro in questione è una piccola anomalia. Il tennis nella letteratura viene quasi sempre usato partendo da basi storiche, riverberando un momento epico o esplorando episodi scomparsi. Con la luminosa eccezione di Wallace, soprattutto nel romanzo mostro Infinite Jest, è raro affrontare il tennis come trampolino di lancio per esplorare cose che ci riguardano da vicino come il futuro, la libertà e l’amore. Un ultimo appunto. Bypassando i contenuti si sente che il libro vibra di una certa carica esistenziale. Quasi che scrivere quella storia fosse per l’autore una questione di vita o di morte o, per dirla diversamente, un suo piccolo personale Deathpoint.

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