L'utopia del tennis a Wimbledon trionfa il Remain (Clerici), II Divino nel giardino di casa (Crivelli), Murray ci riprova a Wimbledon «Ma Sophia vale più del Grande Slam» (Piccardi), Giorgi cerca il colpo con la Muguruza. Italia-Spagna anche a Wimbledon (Semerero)

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L’utopia del tennis a Wimbledon trionfa il Remain (Clerici), II Divino nel giardino di casa (Crivelli), Murray ci riprova a Wimbledon «Ma Sophia vale più del Grande Slam» (Piccardi), Giorgi cerca il colpo con la Muguruza. Italia-Spagna anche a Wimbledon (Semerero)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

L’utopia del tennis a Wimbledon trionfa il Remain

 

Gianni Clerici, la repubblica del 27.06.2016

 

Mi sono trovato, questa mattina, dirigendomi verso lo All England Tennis and Croquet Club di Wimbledon, in una situazione simile a quella del mio antenato elettivo Antonio Scaino da Sale). Prima di iniziare il suo celebratissimo “Trattato del Giuoco della Palle, Antonio desiderava fermamente controllare se le dimensioni del campo di Hampton Court, fatto costruire da Enrico VIII fossero le stesse di quello di Ferrara, dove era solito accanirsi nel tennis dei tempi insieme a Alfonso d’Este. Gli accadde purtroppo di trovarsi a Londra nel momento meno adatto. Enrico, in quei giorni, non pensava affatto al tennis, ma si sentiva costretto ad una decisione che lo avrebbe allontanato dall’Europa, dalla religione con Sede a Roma e da Papa Clemente VII, per avventurarsi in una nuova istituzione, la Chiesa anglicana, e riunirsi col Galles. Mi domandavo se i severissimi, non meno che gentili, controllori mi avrebbero lasciato entrare, insieme ai colleghi francesi e tedeschi, e se tutto si sarebbe svolto felicemente come accadde alla mia prima partecipazione, nel 1950, e da quel giorno fino ad oggi• Dopo aver superato i metal detector e le guardie, entravo in sala stampa, per ricevere alcune accorate dichiarazioni di auto-condoglianze da parte di un bel numero di colleghi, che mi assicuravano di aver votato Remain e che la scelta di Brexit era stata conseguenza della fretta di Cameron, pessimo tennista, e di gente che né viaggiava, né sapeva colpire una palla con la racchetta, ma tutt’al più con i piedi Incredulo, ma rasserenato, uscivo allora dai miei recinti , per ritrovarmi nel mezzo di un bel gruppo di raccattapalle, i più mino-renai, che, ad una mia domanda, mi avrebbero assicurato che avrebbero continuato a raccogliere le palle senza alcuna differenza, a favore di un europeo o di un britannico. Non diversamente si sarebbe comportato un amico arbitro, diplomato a Oxford, e sarei quindi ritornato al mio banco, di dove vi comunico queste cose, rincuorato. Forse, mi dico, gli attori di un grande torneo di tennis, il più grande sino ad oggi, rappresentano quel che il mondo non è mai riuscito, e temo non riuscirà, ad essere. Arbitri di ogni paese giudicano imparzialmente giocatori di ogni paese, e i regolamenti rimangono eguali per tutti. D vincitore è spesso applaudito non meno dell’enfant du pays , e il cattivo comportamento esecrato, e sanzionato, senza alcuna attenzione per il passe-porto. D tennis, insomma, prefigura un mondo del futuro, che il vecchissimo estensore di queste righe aveva invano sperato di vedere, non certo ai tempi di Scaino e di Enrico VIII, ma a quelli di politici come il Conte Sforza e il francese Maurice Schumann. Da domani assicuro che inizierò a domandarmi se Djokovic realizzerà la cosiddetta ” terza gamba” del Grande Slam, e lascerò ad altri le difficoltà di approfondire Brexit.

 

Il Divino nel giardino di casa

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 27.06.2016

 

Casa dolce casa. Il profumo dell’erba appena tagliata, l’occhiolino agli inservienti, i passi sempre uguali tra i corridoi dell’All England Club, che è il mondo e pure un mondo a parte, da affrontare in religioso silenzio come si deve a un tempio. Oggi, all’ora del té, Roger Federer torna nel suo giardino, perché è a Church Road che la sua storia si è fatta leggenda, è su questi prati che l’eleganza dei gesti bianchi e la memoria di un tennis che non ci sarà più hanno scritto pagine indimenticabili, con sette trionfi ed esibizioni da consegnare ai libri perpetui dello sport. E dunque, la dichiarazione d’amore è per una passione che non sfuma e anzi morde ancora il petto: »Wimbledon è il torneo che amo al di sopra di ogni altra cosa». FIDUCIA Sarà dunque qui, sotto questo cielo e tra queste pareti così familiari, che il Divino inseguirà di nuovo il sapore dolce del successo dopo una stagione di scricchiolii e incertezze, con sole 22 partite all’attivo 06-6 il bilancio), ammaccata prima dall’operazione a un ginocchio, poi dal virus di Miami e infine dalla schiena dolorante e ballerina che l’ha obbligato alla rinuncia di Parigi. Per la prima volta dal 2000, Federer calpesterà il benedetto verde londinese senza neppure un torneo vinto nell’anno, ma il percorso accidentato non gli ha sottratto confidenza: «Saltare il Roland Garros è stata una scelta obbligata, avrei messo a rischio la mia vita agonistica e invece, anche se è stato un momento triste, nella mia testa sapevo che poi avrei potuto concentrarmi su Wimbledon, Olimpiade e Us Open. Le ultime tre settimane — racconta sorridente — sono state molto positive, a Stoccarda e Halle ho avuto le risposte che cercavo dal mio fisico, ho affrontato sette partite in dieci giorni, anche ravvicinate, e ho superato il test. Per questo sento di poter affrontare questo appuntamento con fiducia crescente». I FAVORITI Con la Gran Bretagna ancora sotto choc dopo l’uscita dall’Europa, qualche sito a metà tra il gossip e la satira è arrivato a sostenere che una sua ottava vittoria a Church Road ripristinerebbe la magia e servirebbe a recuperare auto-stima collettiva dopo il referendum. E’ la forza di un mito, anche se Roger non si sente il condottiero di una nuova era e allontana, per ora, il miraggio del 18 Slam: «•on penso di poter conquistare il torneo, o almeno è qualcosa che è ancora distante nella mia mente. Ho bisogno di rimanere concentrato su me stesso, di focalizzare gli obiettivi e cogliere le occasioni, e di superare la prima settimana senza problemi. A quel punto le cose comincerebbero a girare nel verso giusto, e avrei più speranze. Quanto alla schiena, con lei ho vinto 88 tornei e dunque fa lo stesso se qualche volta mi ha abbandonato». Ma senza Federer, almeno a parole, di chi sarà allora Wimbledon? «I grandi favoriti sono Djokovic e Murray — pronostica il numero tre del mondo — non vedo alternative. Hanno fatto qualcosa di eccezionale negli ultimi sei mesi, e Noie ha solo proseguito sulla strada degli anni addietro. Sono assolutamente i due ragazzi da battere. Io, lo ripeto, devo solo pensare a fare il mio lavoro nel modo più adeguato, soprattutto nei primi match». A CASA Ma se c’è un posto del cuore, un rifugio confortevole per cullare ancora sogni e ambizioni, non può che trovarsi qui, tra le mammole bianche e viola immutabili nei secoli: »Penso che tornare nel mio torneo preferito sia un grosso stimolo per me, i successi che ho avuto qua mi danno la motivazione della quale ho bisogno per recuperare i grandi palcoscenici, giocare buone partite e godermi Wimbledon. E un’opportunità enorme per dare una svolta alla stagione». Matto può accadere. Soprattutto alle divinità.

 

Murray ci riprova a Wimbledon «Ma Sophia vale più del Grande Slam»

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 27.06.2016

 

«Da quando sono diventato papà, vincere non è più un’ossessione» ? Imbattibile Djokovic è il migliore, ma non è imbattibile. Una vita da numero 2? Se la pensassi così smetterei «Voglio che da grande mia figlia sia orgogliosa di suo padre». L ’uomo delle occasioni sprecate (l’ultima è la finale del Roland Garros) ne cerca una nuova. Andy Murray da Glasgow, Scozia, è nato una settimana prima di Novak Djokovic ma ha conquistato 10 Slam di meno. «Non vinco moltissimo, ma vinco bene» sorride con quell’aria mite e gentile da tè delle cinque che evapora quando entra in campo. Us Open 2012 e Wimbledon 2013, 76 e 77 anni dopo Fred Perry. La Coppa Davis 2015, 79 anni dopo i gesti bianchi degli antenati. L’oro olimpico 2012, l’unica cosa che il Djoker gli invidia. Sophia Olivia, 5 mesi, da oggi sarà il suo carburante a Wimbledon, insieme al ghigno di coach Lendl, tolto dalla naftalina sull’onda dei bei ricordi. Si vociferava dell’altro scozzese doc, Sir Alex Ferguson, come tutor. «Al massimo potrei chiedergli se è più forte Messi o Ronaldo». Andy, credevamo che con la Mauresmo fosse amore (professionale). «Sono cresciuto tra le donne. Le nonne Ellen e Shirley, mia madre Judy. Mi viene facile parlarci e con loro mi apro volentieri: so che piangere, per un uomo, è visto come un segnale di debolezza ma non c’è niente di più intimo che rivelare i propri sentimenti a una donna. Con Amelie sono sta ti due anni di lavoro proficuo. Ero fuori dai top -10, sono risalito a l n.2. Si guarda avanti». Di fronte, 2 mesi di fuoco. «Wimbledon , che per me sarà sempre speciale. L’oro olimpico da difendere a Rio. A Parigi ho giocato il miglior Roland Garros della carriera. Sono carico, motivato». Certo fare il tennista nell’era di Djokovic non è un a botta di fortuna. Significa fare il n.2 del mondo a vita? «Se lo pensassi, starei a casa con mia mo glie e la piccola Sophia. Djokovic non ha debolezze però non è imbattibile. Ogni volta che scendo in campo contro di lui penso di poterlo battere». Diventare padre l’ ha  resa un tennista migliore? «Conosco il detto sui piloti di F1: un figlio ti toglie un secondo al giro. Non avrei mai pensato che una figlia ti potesse stravolgere così l’esistenza. Sophia mi manca ogni secondo che non sono con lei». Il weekend in Davis, a febbraio, dev’essere stato duro. «A Birmingham, contro il Giap pone. Sophia era nata da un mese e per la prima volta dovevo separarmi da lei a causa del tennis. La stiamo abituando a viaggiare ma presto vorrei avesse una cameretta tutta sua, un suo letto, i suoi giochi. I bimbi hanno bisogno di abitudini, riti. Ma anche gli adulti. Rivincere Wimbledon, per esempio. «La paternità ha influssi positivi: vincere, nel mio lavoro, è una priorità però il risultato di un torneo non è più tutto ciò attorno a cui ruota la mia giornata. Credo che Sophia sarà fiera di suo padre indipendentemente dal palmarès… ». Che fin qu i non è male…..

 

Giorgi cerca il colpo con la Muguruza. Italia-Spagna anche a Wimbledon

 

Stefano Semeraro, la stampa del 27.06.2016

 

Da oggi, ogni pallina chiamata dai linesman britannici nel primo Wimbledon post-Brexit rischia di suonare inconsciamente anche come un giudizio politico. I padroni delle casette attorno all’ATI England Club che ogni anno ospitano giocatori e giornalisti interrogano angosciati gli ospiti («in Europa ci amerete ancora?»), i commercialisti fanno il conto con lo sprofondo del cambio euro-sterlina. II serbo Djokovic, che incassa in euro, in caso di vittoria ad esempio ne guadagnerà circa 370 mila in meno (su 2,4 milioni). «Non è un problema, io penso solo alla fortuna di poter giocare su questi campi», risponde diplomaticissimo Nole, 100 milioni di dollari in carriera solo in montepremi, che qui punta a portare a casa la quarta coppa e tre-quarti di Slam. Gli spagnoli, invece, oltre che del valore dell’Immobile (inteso come calciatore) sono un filo inquietati anche da Camila Giorgi, la mina vagante del tabellone femminile che dopo la sua personale exit dalla CTI (Comunità Tennistica Italiana), sul Centre Court oggi minaccia all’esordio il cammino di Garbine Muguruza, n. 2 del mondo, campionessa del Roland Garros e finalista l’anno scorso sul verde di Church Road, quindi eroina sia di qua sia di là dalla Manica. «Dobbiamo preoccuparci? E in forma, Camila?…», chiedono gli iberici, orfani di Nadal. Imprevedibile sull’erba La Giorgi, oggi n. 68 del ranking (è stata 27 nel 2015), si manifestó proprio a Wimbledon nel 2012, perdendo negli ottavi dalla Radwanska dopo essere passata dalle qualificazioni, da allora ha alternato grandi lampi – specie contro le più forti – e inciampi sconfortanti. Dopo il litigio con la Fit quest’anno ha fatto la finale a Katowice, da aprile non vince due partite di fila; sull’erba, specie nei primi turni, il suo tennis in/out, senza sfumature, puó essere una minaccia nei giorni di vena, un regalo in tutti gli altri. Garbine non tira meno forte, anzi, e di solito con più criterio, quindi resta la favoritissima, ma gli exit-poll come sappiamo non sempre ci azzeccano. E la differenza fra «leave» o «remain», in fondo, è sempre questione di percentuali di errore.

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