Muguruza già fuori. Fognini si salva con il suo talento (Clerici). Fognini, sposati si vince, “Ma alla Davis non penso” (Crivelli). Muguruza battuta dalla n. 124. Radwanska, che fortuna! (Gazzetta dello Sport). Alla fine la spunta Fognini (Marcotti). Non bisogna snaturare il gioco per il meteo (Bertolucci)

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Muguruza già fuori. Fognini si salva con il suo talento (Clerici). Fognini, sposati si vince, “Ma alla Davis non penso” (Crivelli). Muguruza battuta dalla n. 124. Radwanska, che fortuna! (Gazzetta dello Sport). Alla fine la spunta Fognini (Marcotti). Non bisogna snaturare il gioco per il meteo (Bertolucci)

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Muguruza già fuori. Fognini si salva con il suo talento (Gianni Clerici, La Repubblica)

Una fila ancor più vecchia del proprietario mi ha costretto ad arrivare in ritardo al match dell’italiano più noto, Fabio Fognini, match al quale avevo in parte assistito ieri, e che mi intrigava per varie implicazioni: il matrimonio dello stesso Fognini con Flavia Pennetta, il rendimento attuale del tennista, e il match contro un argentino dal nome italiano, Delbonis, interrotto mercoledì sera. Sul campo n. 11 i due avevano da poco iniziato la partita e, nel farmi posto dietro la sedia dell’arbitro francese, Pascal Maria, un rappresentante di Wimbledon mi informava che Fognini aveva cominciato maluccio, nonostante fosse ripartito in vantaggio, 4-1 al terzo. Non facevo in tempo ad annotare alcune esplosioni del servizio mancino di Delbonis, che Fabio pareva ritornare d’un tratto ai siparietti che l’hanno reso celebre, e nel cambiare campo spezzava sul paletto, a un metro da me, le corde della sua racchetta. Per fortuna l’arbitro era di spalle, e si evitava così un sicuro warning, mentre udivo mormorare una, per me, misteriosa affermazione che non riuscivo a tradurre al mio vicino incuriosito ‘anche le querce fanno i limoni’. Simile considerazione non evitava a Fabio la perdita del set mentre, al mio fianco, prendeva posto un ignoto cronista, forse argentino, che andava annotando le prime palle in campo di Delbonis. Dall’altezza di più di tre metri – 1.90 racchetta braccio – piovevano infatti continue granate, ma la manina di Fabio riusciva spesso ad addomesticarle, a supremo esempio con un lobbetto colpito tra le gambe, che lasciava interdetta la belva, e raddoppiava il break di inizio set, spingendo la partita al quinto. Quando, sullo 0-3 al quinto, il mio vicino si allontanava in direzione di un’ignota radio intercontinentale, era l’improvviso manifestarsi di un talento a volte assente a riapparigliare le vicenda con 14 punti a 2, e addirittura a ribrekkare ben due volte quel servizio dall’apparenza invulnerabile, sino al 6-3 decisivo. Degli altri match italiani due erano già segnati. Un buon Seppi capace di palleggiare anche sull’erba non poteva competere con la violenza di un Raonic, al quale il nuovo consulente John McEnroe non ha certo migliorato un servizio capace di 25 aces. Ammirevole per l’umiltà, insolita in una vincitrice di uno Slam, la Schiavone non poteva far afro che mostrare qualche colpo ricordo contro Simona Halep, la romena di 15 anni più giovane. E, infine, una Errani sempre a disagio sui prati offriva alla francese Alizèe Cornet un successo probabilmente irripetibile su un fondo diverso. Mentre spedisco un pochino abbacchiato questo pezzetto, incontro due miei amici spagnoli addirittura disfatti: “Cosa vi capita? Non sarete nelle mie condizioni” domando. “Ancora peggio” mi rispondono. Apprendo così che la nuova spagnola, ex venezuelana da poco acquistata, Garbine Muguruza, è riuscita a perdere contro tale Jana Cepalova, slovacca, addirittura una qualificata. Mal comune, poco gaudio, concludo.

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Fognini, sposati si vince, “Ma alla Davis non penso” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Anche le querce si mettono a fare limoni. Tra una racchetta spaccata e qualche contumelia delle sue, tutto d’un tratto Fognini usa un’ardita metafora naturalistica per esorcizzare il momento in cui a Delbonis riesce proprio tutto, tra servizi mancini imprendibili e pizzicate alla riga soprattutto con il dritto. Dopo la pausa di un giorno per la pioggia, Fabio riparte da un set pari e 4-1 per lui, ma presto si ritrova a rincorrere, perde il tiebreak del terzo e poi riemerge, per finire di nuovo nell’agrumeto a inizio del quinto, con un delicatissimo 0-3. Tuttavia non deve essere questo il giorno dei rimpianti, perché da lì in poi l’argentino non tocca più palla: «Mi ha stupito per come ha giocato bene – dirà il numero uno italiano – ma anche quando mi sono ritrovato sotto nel quinto non ho smesso di lottare e di crederci. E’ una vittoria alla Fognini, con tanti alti e bassi eppure con la volontà di portarla alla fine: se sto bene fisicamente, il mio gioco non è mai stato un problema». E’ il primo successo da marito e può non essere un dettaglio, se a Parigi Fabio aveva lasciato il torneo totalmente scarico di testa e con la voglia di fare tutt’altro che prendere in mano una racchetta: «E’ un anno difficile, bellissimo per quello che è successo fuori dal campo ma terribile per il resto, con quell’infortunio che mi ha tolto sicurezze. L’ultimo mese, dal punto di vista tennistico, è stato orribile, ma il mercoledì dopo il matrimonio ero già a Barcellona ad allenarmi. Ho bisogno di tante partite, ho bisogno di rimettermi in gioco». E’ una questione di priorità, che va oltre il significato di una vittoria contro un rivale nella prossima sfida di Davis a metà luglio, sulla quale Fognini allunga piccole ombre: «Non è in testa ai miei pensieri in questo momento, sinceramente. Devo concentrarmi su un match per volta e programmare il futuro al meglio. Dovrò prendere decisioni, devo recuperare fiducia e condizione, per questo da qui alla fine dell’anno giocherò anche tornei che non erano previsti». Intanto, il suo pallonetto sotto le gambe ancor più bello di quello di Kyrgios è già il colpo del torneo: «Peccato fossi su un campo così lontano, forse non l’ha visto neppure mia nonna». Come cambia l’umore, anche per Robertina Vinci, che ritrova il terzo turno di Wimbledon dopo tre anni domando la cinese Duan: «Ero bella carica, ci tenevo a fare bene, mi sono un po’ preoccupata dopo il 3-1 per lei nel primo set, ma da quel momento ho sciolto la tensione». La numero sette del mondo rimane l’unica italiana, dopo le sconfitte di Errani e Schiavone, con Francesca che può consolarsi con la wild card olimpica in singolare e pure in doppio, con la Knapp. Tra gli uomini, ai Giochi ci saranno invece Fognini, Lorenzi e Seppi, che poi si sposerà il 10 settembre: «Sempre che non vinca gli Us Open…». La fidanzata, nel caso, capirà.

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Muguruza battuta dalla n. 124. Radwanska, che fortuna! (Gazzetta dello Sport)

Quanto pesa il successo. Troppo, per la Garbine Muguruza che abbiamo visto sui prati di Wimbledon: svagata e fallosissima, mai in partita contro la qualificata slovacca Cepelova, n. 124 WTA: «Mi sono sentita senza energie — spiegherà amara la spagnola — da un paio di giorni ero stanca. Forse mi sono allenata troppo per recuperare dopo le feste di Parigi». Così, la campionessa del Roland Garros e finalista qui l’anno scorso è già costretta a fare le valigie, eliminata da una giocatrice che come spesso accade ha dovuto fare i conti con un’eredità pesante: perché se nasci a Kosice, la stessa città di Martina Hingis, e decidi di giocare a tennis, la sua ombra ti accompagna fin da piccola. Jana, finita sui campi per imitare il fanello Roman, già da ragazzina batteva i maschi del circolo grazie a straordinarie doti di anticipo, ammirando Nadal e sognando Wimbledon. Nel 2014 è arrivata al numero 50 del mondo, ma l’anno scorso prima una polmonite e poi problemi alla schiena ne hanno arrestato la crescita. Giocatrice aggressiva, «senza paura», come l’ha definita la Muguruza, è riuscita nell’impresa solo per poco sfiorata dalla Konjuh contro la Radwanska: dopo tre match point sprecati, la croata inciampa sulla pallina in un recupero e si distorce la caviglia, lasciando via libera alla Maga. Della fortuna.

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Alla fine la spunta Fognini (Gabriele Marcotti, Corriere dello Sport)

Cinque set a corrente alternata, ma ieri contava soprattutto vincere. Dopo oltre un mese di attesa, reduce da una prima parte della stagione deludente, per gioco e risultati, Fabio Fognini si regala un sorriso. Il primo con la neo-moglie Flavia Pennetta a fare il tifo a bordo campo. Opposto all’argentino Federico Delbonis, in una partita iniziata martedì e conclusa solo ieri perla pioggia, il ligure ha avuto il merito di non smarrirsi nel set decisivo, nonostante un break di svantaggio, per poi portare a casa il match infilando sei game perfetti. Uno sprazzo della sua classe, che in questa stagione si era vista molto poco. «Finora è stato un anno molto difficile, davvero frustrante dal punto di vista tennistico – le parole di Fabio – Ma stavolta sono contento perché ho fatto quello che dovevo. Ho lottato e sono rimasto nel match fino all’ultimo punto. L’ultimo mese è stato duro a livello professionale ma mi sto allenando bene e questa è la cosa più importante». Resta lo scivolone nel ranking mondiale, che lo ha fatto retrocedere sul gradino 35. La priorità attuale, spiega, è recuperare il tempo perduto: non lo dice esplicitamente, ma porrebbe anche rinunciare ai quarti di Davis proprio contro l’Argentina di Del Potro e Delbonis per giocare qualche torneo che gli permetta di recuperare posizioni. «È un anno olimpico, il calendario è già complicato, devo tornare in campo perché voglio migliorare la classifica». Nel secondo turno dei Championships lo attende lo spagnolo Feliciano Lopez, già due volte ai quarti sui prati londinesi «E’ uno specialista, sarà un incontro molto duro, complicato. Ml ha battuto agli US Open lo scorso anno, ma qui è tutta un’altra superficie. Vorrei solo rimanere concentrato sul mio tennis, e vedere se avrò l’opportunità di batterlo o almeno di allungare il match. Sono pronto a rimettermi in gioco». Se Roberta Vinci stacca il biglietto del terzo turno grazie al successo sulla cinese Duan, Francesca Schiavone si arrende alla romena Simona Halep ma ottiene la wild card per il torneo olimpico di Rio: la 36enne milanese sarà in gara sia in singolare che in doppio. Gli altri azzurri per Rio saranno Fognini, Andreas Seppi, Paolo Lorenzi, Roberta Vinci, Sara Errani e Karin Knapp.

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Non bisogna snaturare il gioco per il meteo (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Al Roland Garros, oltre a Djokovic e alla Muguruza, ha vinto il brutto tempo, costringendo i tennisti ad esibirsi con temperature autunnali e su campi sempre al limite della praticabilità. Wimbledon è per tradizione il regno della pioggia e la programmazione degli incontri deve essere spesso variata proprio a causa delle condizioni atmosferiche. Sarà impossibile, almeno in un prossimo futuro, dotare gli impianti in cui si giocano gli Slam di numerosi campi coperti e per questo alcuni propongono soluzioni per accorciare i tempi delle partite. La proposta di battere con una sola palla profuma di follia e servirebbe solo a prolungare, e di molto, gli scambi. Il tiebreak sul cinque pari farebbe guadagnare qualche minuto ma limiterebbe le possibilità di recupero al giocatore che si trova indietro nel punteggio. Il gioco non vale la candela. I sostenitori più numerosi del cambiamento sposano la causa dei 2 set su 3, senza valutare che questa soluzione accorcerebbe i tempi, ma porterebbe le prove dello Slam a ricalcare quella di tutti gli altri tornei, togliendo quell’aureola di unicità che le contraddistingue. Inoltre portare il tennis verso uno sport con connotati “a tempo” significherebbe snaturarlo fino a renderlo incomprensibile. L’esempio del doppio che, nel tentativo di essere rivitalizzato, ha modificato la formula è il classico esempio del fallimento. II tennis, nel corso degli anni, si è evoluto ma rimane giustamente legato all’eleganza e alla completezza, con quell’armonia di gesti e aspettative che accompagna ogni punto. Al riparo da tutto ciò che lo minaccia.

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