Wimbledon donne: la maturità al potere

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Wimbledon donne: la maturità al potere

Serena e Venus Williams, Angelique Kerber, Elena Vesnina: le giocatrici più anziane hanno sconfitto le loro rivali più giovani

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Quarti di finale femminili: quattro partite e quattro vittorie per due set a zero. Ma credo sarebbe semplicistico considerarle partite simili tra loro, e non solo per il diverso grado di incertezza nell’andamento del punteggio. Per fortuna, grazie ai mezzi di Wimbledon, sono riuscito a seguirle tutte: due dal vivo e due in sala stampa, dove da quest’anno è fornito un servizio che consente di rivedere dal proprio monitor tutti i match dei campi principali appena sono conclusi.
Comincio con un dato anagrafico: nei quattro confronti ha sempre prevalso la più anziana: Serena Williams (nata nel 1981) su Pavlyuchenkova (1991); Vesnina (1986) su Cibulkova (1989); Kerber (1988) su Halep (1991); Venus Williams (1980) su Shvedova (1987).

Nella parte alta del tabellone Serena ha vinto contro Pavlyuchenkova per 6-4, 6-4 in 73 minuti. Sembrerebbe un punteggio da match equilibrato, ma, senza voler togliere meriti a Pavlyuchenkova, se si entra nel dettaglio delle statistiche ne troviamo una che secondo me ne spiega meglio di qualsiasi altra l’andamento: quella della palle break. Serena zero palle break concesse in tutto il match. Come dire che mai si è trovata realmente in pericolo. Anastasia: una palla break concessa sul 4-4 primo set, e servizio perso. Una seconda palla break concessa sul 4-4 secondo set e ugualmente servizio perso.
Per Williams massimo risultato con il minimo sforzo. Le zero palle break di Serena sono un dato significativo e certo non inatteso, anche se forse, rispetto all’anno scorso, un paio di miglia nella velocità del servizio secondo me le ha perse; non tanto nella velocità di punta quanto in quella media. Ma chi può dire che non si tenga “nel taschino” qualcosa, per le evenienze più difficili?
Credo si debba anche riconoscere a Pavlyuchenkova di aver fatto un grande torneo e di non avere comunque sfigurato contro la numero uno del mondo. Personalmente sono rimasto colpito per come ha saputo essere efficiente in uscita dal servizio sulla risposta di Serena. Segno che disponeva di una brillantezza atletica e tecnica con la quale è riuscita ad adattarsi ai tempi accelerati dell’erba. Mi fa piacere che Anastasia abbia ritrovato il centro della scena tennistica, visto che da troppo tempo era finita in secondo piano. L’anno scorso si era risollevata in occasione della stagione indoor (Linz, Mosca): una condizione di gioco in cui da sempre ha dimostrato di trovarsi a suo agio ma, purtroppo per lei, ormai nel tennis contemporaneo i tornei giocati al coperto sono troppo pochi per costruirsi una classifica importante. Delle quattro giocatrici che hanno perso, Pavlyuchenkova è quella che ha chiuso con il saldo migliore tra vincenti e gratuiti: +7 (16/9). +10 invece per Serena (29/19).

Dicevo delle zero palle break concesse da Serena Williams nel suo match. Nei quarti appena disputati c’è stata un’altra giocatrice che è riuscita a fare altrettanto. Si tratta di Elena Vesnina, proprio la futura avversaria in semifinale. Contro Cibulkova ha giocato un match al limite della perfezione. Probabilmente non aveva di fronte la miglior Cibulkova del torneo, prosciugata fisicamente e mentalmente dal match contro Radwanska (da Dominika stessa definito il più duro della sua carriera). Ma anche Vesnina era reduce da una lotta di quasi tre ore contro Makarova: eppure è stata mentalmente solidissima.
Una volta resasi conto di essere la più forte in campo, è stata bravissima a concedere praticamente nulla all’avversaria. Con una metafora pulp si potrebbe dire che ha spinto sotto l’acqua la testa dell’avversaria all’inizio del match e non l’ha più fatta riemergere sino al momento di andare a rete per stringerle la mano. E giocare un quarto di finale a Wimbledon senza soffrire di incertezze psicologiche è una grande impresa.
Il 6-2, 6-2 con cui ha vinto (in 67 minuti) restituisce l’andamento a senso unico della partita. Entrando nel dettaglio dei numeri, colpiscono i pochi gratuiti commessi da Vesnina in tutto il match, per un saldo complessivo addirittura di + 12 (22/10) mentre Cibulkova ha comunque saputo chiudere con il segno positivo: +2 (15/13).
In conferenza stampa Elena ha detto di sentirsi una giocatrice profondamente differente da qualche anno fa: “Gioco con molta più maturità, e comincio anche ad avere l’età in cui si assapora giorno per giorno la possibilità di vivere un torneo speciale come Wimbledon”. Tra qualche settimana (il primo agosto) Vesnina compirà 30 anni e queste dichiarazioni sembrano proprio quelle di una giocatrice che ha trovato un nuovo equilibrio.
Contro Serena parte ampiamente sfavorita, ma certo il tennis che ha mostrato in tutta la stagione è di notevole qualità. E anche il suo cinquantesimo posto del ranking non restituisce la sua attuale dimensione. Ricordo che nella Race era già numero 23 prima di Wimbledon e con la semifinale è ulteriormente salita come minimo al numero 12.

Sulla carta la partita più nobile della giornata era quella tra Kerber e Halep: entrambe top ten (numero 4 e numero 5 del mondo), l’unica “coppia” in grado di rispettare in pieno il proprio ruolo di teste di serie, senza lasciare strada a eventuali outsider. Risultato finale 7-5, 7-6(2) in 91 minuti.
E’ stato un match difficile da interpretare, soprattutto tenendo presente che si giocava sull’erba. Come spiegare i 13 break al servizio su 24 game giocati? Evidentemente non sono riuscite a fare la differenza con il servizio, questo lo dicono i numeri. Ma perché? Personalmente non credo si possa capire la situazione se non si tiene conto dell’andamento del punteggio. Mai nessuna delle due è riuscita a staccarsi: appena una metteva la testa avanti, l’altra trovava la motivazione per recuperare. Alla fine secondo me ha contato di più la spinta psicologica del punteggio rispetto a quella tecnica che sarebbe dovuta derivare dal servizio.
Ma, al di là di questa anomalia, la partita ha offerto anche tanti scambi molto ben giocati: lunghi, costruiti, e pieni di capovolgimenti di fronte. Il saldo finale a mio avviso non spiega la qualità del gioco: appena +2 Kerber (23/21) addirittura -3 Halep (18/21). Come mai? Secondo me perché si sono affrontate due tenniste che, tutto sommato, sono più forti nel gioco di contenimento che nel gioco strettamente offensivo. Entrambe rapidissime in campo, non possiedono la botta devastante che ti lascia immobile, e quindi il più delle volte i loro tentativi di vincente trovavano quantomeno un abbozzo di replica, che impediva al colpo di essere classificato come un “più”.
In un match dall’andamento molto serrato, Kerber ha saputo rendere leggermente meglio nella stretta finale dei due set, mentre Halep ha da rimproverarsi qualche calo di tensione che si è rivelato determinante: il doppio fallo con cui ha “regalato” il primo set ad Angelique o i tre gratuiti nella parte centrale del tie break che l’hanno in pochi secondi portata dall’1-2 all’1-5.

Ora Kerber troverà come avversaria Venus Williams. Venus ha sconfitto in un bel match (soprattutto nel primo set) Yaroslava Shvedova 7-6(5), 6-2 in 103 minuti
Delle quattro partite disputate è stata senza dubbio quella più da erba di tutte. Certo, quando la definisco “da erba” non intendo una partita interpretata attraverso il classico serve&volley, ma piuttosto con un atteggiamento comunque ereditato da impostazioni tattiche tipiche dell’erba: in particolare per l’attitudine verso il movimento in verticale. Significa considerare il territorio come un obiettivo prezioso da conquistare e, una volta preso, da non “restituire” arretrando. E così, ad esempio, se si presenta una parabola avversaria più corta del solito non ci si limita a forzare il colpo alla ricerca del vincente, ma si asseconda la naturale spinta in avanti che deriva dal trasferimento del peso del corpo nel colpire e la si trasforma, senza interruzioni, in una corsa verso la rete. Sia Shvedova che Venus hanno applicato questi principi e questo mi è sembrato un buon modo per ricordarci la specificità di Wimbledon e della sua superficie. Risultato: 46 punti conclusi a rete su 153 giocati. Una percentuale notevolemente più alta rispetto alle altre tre partite.

Per lunghi tratti, il match è stato assolutamente in equilibrio e nel primo set Shvedova se l’è giocata punto a punto: ha salvato con un dritto vincente un set point sul 5-4 e poi si è portata avanti 5-2 nel tiebreak. E qui il suo braccio ha un po’ tremato: ha regalato un paio di gratuiti di troppo che le sono costati il set.
Fino a quel punto i dati di tutte e due erano in positivo, poi nel secondo set Shvedova ha peggiorato le sue statistiche, chiudendo con un saldo di –7 (26/33).  +3 invece per Venus (15/12).
Il match tra Venus e Kerber promette di essere interessantissimo. Le ultime due volte che si sono incontrate (Us Open 2012 e Montreal 2014) avevano dato vita a incontri straordinari, di quelli che entrano tra i migliori della stagione. Chissà che non riescano a divertirci altrettanto giovedì prossimo.

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