Lucrezia Stefanini e la sua “drittezza”

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Lucrezia Stefanini e la sua “drittezza”

La giovane tennista toscana ha raggiunto questa settimana la prima finale nel circuito Itf, sorprendendo il pubblico del GPS Mediolanum di Schio da 10,000 dollari per il suo gioco aggressivo e la personalità serena

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All’incirca una decina di anni fa una ragazza impugnava la sua prima racchetta. Era un attrezzo massiccio, troppo pesante per una tennista in erba come lei. Così la afferrò con due mani, per eseguire il gesto con più solidità. “Crescendo, mia cara, il tuo fisico disporrà di più forza e allora potremo alleggerire il colpo di un braccio”, le disse il padre, insegnante di tennis, consapevole dei mezzi di coloro cui insegnava i principi del gioco. Il tempo poi trascorse, la ragazza crebbe, ma il colpo non si privò mai del suo braccio in più, della mano di supporto. Anzi, bandendo l’idea di supporto, le due braccia instaurarono una tal sintonia nella cooperazione che ad un certo punto non si capì quasi più se una mano fosse dominante e l’altra una mera struttura di sostegno.

Per chi non conoscesse Lucrezia Stefanini, quest’inizio di racconto potrebbe apparire riferito ad un colpo in particolare, a quello che normalmente un destro gioca dalla parte sinistra (o viceversa), quel colpo che è invalso definire “rovescio”. Ma sarebbe una storia banale, se così fosse. La storia della giovane tennista toscana, invece, vuole che sin dagli albori tutti e due i colpi fossero giocati con entrambe le mani, come si trattasse non tanto di un dritto e di un rovescio, ma di due rovesci, simili, compagni, consanguinei.

Facile sarebbe cadere nella tentazione di attribuire al rovescio l’epiteto di “non diritto”, “storto”, e quindi “sbagliato”. Nel momento in cui però cadesse la differenza basilare che li caratterizza come colpi separati, ecco che il repertorio basico diventerebbe un tutto omogeneo e ben armonizzato, privo di quelle crepe che fanno solitamente propendere per l’uno invece che per l’altro. Lucrezia gioca due colpi che sono tanto due rovesci quanto due dritti, nel senso per cui nulla di sbagliato vi è in loro, ma una perfetta calibratura ne sostanzia l’equilibrio. Che senso avrebbe cambiare, ora? Quale motivo per snaturare il gioco di una giovane tennista che ogni anno fa sempre meglio e che proprio questa settimana ha raggiunto la prima finale nel circuito Itf?

Perché è accaduto proprio così, Lucrezia Stefanini, classe 1998, dopo aver giocato una buonissima stagione a livello junior (raggiungendo in doppio la semifinale al Roland Garros) e raggiunto le pre-qualificazioni agli Internazionali BNL d’Italia, è riuscita a compiere il primo importante passo anche a livello maggiore. Questa settimana ha infatti emozionato con il suo gioco gli spettatori del torneo GPS Mediolanum di Schio, vincendo ben 4 partite di cui la semifinale contro l’ex 14 del ranking mondiale Eleni Daniilidou.

In finale non ha potuto niente contro la più quotata Strakhova, ma la compostezza e il sorriso che l’hanno accompagnata all’uscita dal campo assieme all’assoluta serenità che è trasparita dalle sue parole post-incontro fanno pensare che a spingerla nella direzione tennistica non siano tanto le aspirazioni e le speranze di coloro che le stanno attorno, bensì un’intima e profonda esigenza che la fa sentire in simbiotica armonia con la disciplina praticata. Lucrezia Stefanini giocherà ora la Summer Cup a Trani, dopo di che proverà a ripetersi in altri 10.000 per concludere poi la stagione allo US Open junior.

I suoi occhi sono fiduciosi e pieni di vita, il suo gioco è aggressivo e dinamico, la mentalità è positiva. Non si può certo stabilire se l’Italia troverà in lei una nuova vincitrice Slam o una futura top-50, quel che però è sicuro è che a Lucrezia Stefanini non manca nulla per piacere e per emozionare, per ottenere dunque quel qualcosa che sa anche prescindere dal mero risultato, per tingere d’acquamarina l’ambiente tennistico e viversi comunque al meglio una passione che pare essere del tutto spontanea.

Una ragazza “dritta” dentro e fuori dal campo, come non tante ce ne sono, a cui auguriamo un futuro roseo fatto di gioie tanto nello sport quanto nella vita, quella che verosimilmente durerà di più, che si porterà dietro, che le servirà tra le altre cose per ricordare quanto di bene il tennis le avrà dato e da lei avrà ricevuto.

Riccardo Zuliani

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