Katerina Siniakova, ventenne promessa russo-ceca

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Katerina Siniakova, ventenne promessa russo-ceca

A Båstad ha raggiunto la prima finale WTA in carriera Katerina Siniakova. Dopo le affermazioni delle giocatrici nate nel 1997 anche la generazione del 1996 cerca di farsi spazio

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Nei mesi scorsi ho parlato di tre teenager di grandi prospettive nate nel 1997 come Belinda Bencic, Jelena Ostapenko e Daria Kasatkina. A loro promette di aggiungersi Ana Konjuh, su cui conto di tornare prossimamente. Ma nella passata settimana é approdata per la prima volta nella finale di un torneo WTA un’altra promessa, con appena un anno in più: Katerina Siniakova.
A Båstad, tra qualificazioni e tabellone principale, Siniakova è riuscita a mettere in fila sei vittorie consecutive (fra cui Cepelova, Schmiedlova, Errani e Larsson), e ha perso contro Laura Siegemund solo in finale. Ma non è la prima volta che Katerina si fa notare nel circuito WTA; prima dell’impresa svedese segnalerei almeno tre momenti importanti della sua carriera professionistica: il torneo di Miami 2013, quello di Mosca 2014 e il recentissimo Wimbledon 2016.

Ma procediamo con ordine. Katerina Siniakova è nata nella Repubblica Ceca, a Hradec Kralove (la stessa città di Tereza Smitkova), il 10 maggio 1996. Significa quindi che ha appena compiuto 20 anni.
La madre è ceca, il padre russo; Katerina è la primogenita con un fratello più piccolo di sette anni, anche lui grande promessa nel tennis: si chiama Daniel (è nato nel gennaio 2003) ed è arrivato al secondo posto nelle classifiche di categoria nazionali. A dare retta a quanto ha raccontato la stessa Siniakova in una intervista, c’è chi dice che abbia addirittura più talento di lei; chissà che in futuro non costituiscano un forte doppio misto. Di sicuro, oltre alla predisposizione per il gioco, con la sorella ha in comune una gran quantità di capelli biondi. Ecco Daniel a undici anni:

Katerina comincia a giocare a cinque anni, e cresce avendo come idolo Maria Sharapova; del resto è anche “per metà” russa. Non ci vuole molto perché metta in mostra le sue qualità: miglior giocatrice nazionale nel 2009 (nella fascia di età), a 14 anni è reclutata dallo Sparta Praga. Inizia un periodo in cui fa la pendolare tra Hradec Kralove e la capitale, sempre accompagnata dal papà Dmitri, che la segue ancora oggi: passa due-tre giorni della settimana a Praga, dove il padre ha comprato un appartamento, e gli altri in famiglia.
Nel nuovo Club può veder giocare tenniste affermate come Iveta Benesova e Nicole Vaidisova, e  maestri e compagne di livello superiore. Vince la medaglia d’argento agli Europei di categoria, e comincia a rappresentare la Repubblica Ceca nella manifestazioni a squadre internazionali.

È l’inizio della classica vita da giovanissima globetrotter del tennis, nell’età in cui si cercano di conciliare i tornei in patria e all’estero con lo studio: nel suo caso una scuola superiore a indirizzo linguistico.
Nel maggio 2012, pur non essendo testa di serie, vince il trofeo Bonfiglio, (nell’anno in cui tra i maschi si impone Gianluigi Quinzi), e da lì in poi infila una serie di ottimi risultati: se prima del successo italiano era solo numero 42 del ranking junior, a fine anno è numero 2 del mondo. Perde da Anna Karolina Schmiedlova nei quarti del Roland Garros, e da Ana Konjuh nella finale dell’Eddie Herr International.
Konjuh (di un anno e mezzo più giovane) si rivelerà per lei un ostacolo insormontabile, visto che la sconfigge ancora in due finali di grande prestigio: Orange Bowl 2012 e Australian Open 2013. E malgrado i tentativi del 2013 concluderà la carriera junior senza un titolo Slam in singolare. In compenso si dimostra una doppista di qualità straordinaria, visto che in coppia con Barbora Krejcikova vince addirittura tre Major consecutivi: Roland Garros, Wimbledon e US Open 2013.

Ma il 2013 è anche la stagione nella quale comincia a impegnarsi stabilmente tra le professioniste, nei tornei ITF: a gennaio è ancora oltre il millesimo posto, a dicembre arriva addirittura al n° 211 WTA. Una progressione formidabile, con l’acuto a Miami in marzo, quando riceve una wild card per le qualificazioni del suo primo torneo WTA in assoluto, e sconfigge una top 100 e una top 130 per accedere al tabellone principale. In quel momento è numero 821 del mondo, eppure perde solo in tre set contro Garbiñe Muguruza: 6-2, 3-6, 6-4.

Nel 2014 si dà l’obiettivo di entrare tra le prime 100 e lo centra in pieno: chiuderà, grazie anche alla semifinale raggiunta a Mosca, al numero 74. Nel torneo russo, partita dalle qualificazioni, supera nel tabellone principale Vesnina, Mladenovic e Giorgi prima di perdere dalla futura vincitrice Pavlyuchenkova.

Ormai Siniakova è diventato un nome conosciuto, così come il suo modo di giocare. Lei si definisce una tennista a tutto campo ed effettivamente si trova piuttosto a suo agio in ogni ambito di gioco: sa fare abbastanza bene tutto, anche se probabilmente non eccelle in nessun colpo.
Dicendo questo non sono sicuro di farle un complimento, considerando come funziona il tennis contemporaneo: possedere un “colpo killer”, una soluzione ad alta efficacia che consenta di ottenere punti facili, compensa ampiamente eventuali mancanze in altri ambiti che oggi sono diventati secondari.
Invece Siniakova se la cava ovunque: sa giocare il rovescio in top (bimane) come quello slice staccando la mano, e dalla parte del dritto oltre all’usuale colpo coperto a volte utilizza quello choppato. Possiede i drop-shot sia di dritto che di rovescio, e di volo vale sicuramente più della maggior parte delle coetanee; infine serve discretamente, con una buona precisione, e una velocità massima che supera i 170 orari.

Rispetto alle giocatrici di primissimo livello al momento difetta di potenza nei colpi base. A mio avviso per due motivi: in parte per ragioni fisiche, in parte a causa di una qualità di esecuzione non sempre impeccabile. A volte ho la sensazione che non riesca a canalizzare sulla palla tutta l’energia che sembra mettere nell’esecuzione del colpo, che si disperde in un movimento un po’ arruffato.
Per il deficit di potenza ricorda Radwanska, un’altra giocatrice che quando vuole accelerare è costretta a buttarsi a corpo morto sulla palla, nel tentativo di ricavare quel qualcosa in più di velocità che altrimenti le manca.
Ma Siniakova è ancora molto giovane e bisogna riconoscere che sta sforzandosi di affinare la tecnica. Se ad esempio si guardano le foto da giovanissima si nota come abbia modificato la presa del dritto; e da quando è diventata professionista personalmente ricordo almeno tre diverse varianti della fase di caricamento del servizio.

In compenso Katerina si muove bene: rapida e leggera, oltre che resistente. Questo fa di lei un’abile giocatrice di contenimento, in grado di appoggiarsi alla potenza dell’avversaria e sfruttarla a proprio vantaggio. Una dote emersa chiaramente, per esempio, in occasione della vittoria di Mosca 2014 contro Camila Giorgi (match indoor, che forse molti ricorderanno per il disturbo derivato da una cerimonia tenuta in contemporanea a volume altissimo).

Ma a mio avviso l’aspetto che rende particolarmente interessante Siniakova è il carattere: battagliero e grintoso, ma anche estroverso e mutevole. Tutto questo fa sì che spesso i suoi match prendano una piega quasi teatrale: è difficile rimanere indifferenti al suo modo di stare in campo. La ricordo arrivare alle lacrime a Bad Gastein, di fronte a un’avversaria come Sara Errani che le teneva testa in scambi lunghi e lottatissimi, sino a procurarle un misto di rabbia e frustrazione. O un’altra volta a Roma, inquadrata quasi piangente a un cambio campo, trasformare in un sorriso la sua espressione nel momento in cui si era accorta che la sua immagine stava andando in primo piano.

In Siniakova però l’atteggiamento merita di essere sottolineato perché non è fine a se stesso: è parte integrante del suo modo di concepire il tennis. Se dovessi provare a spiegarlo in poche parole, direi questo: con lei in campo, il tennis mostra di essere ancora un gioco, e non solo uno sport. Di fronte a chi prova a ridurlo a una disciplina estremamente fisica, basata sulla potenza e la standardizzazione tattica, Katerina rimane una “giocatrice”, cioè qualcuna che cerca di sorprendere le avversarie con soluzioni inedite, che è capace di inserire un dritto choppato nello scambio per cambiare ritmo, o che considera il campo come un luogo nel quale provare a costruire geometrie insolite. E che dà sempre l’impressione di “pensare” alla scelta del colpo che sta per eseguire. Insomma: tutto il contrario del tennis come attività basata sulla ripetitività e la normalizzazione.
Forse la giocatrice in attività che le assomiglia di più è la connazionale Barbora Strycova: anche lei con un deficit di potenza, colmato grazie alla volontà caratteriale e alla creatività tattica.

Questa capacità di interpretare il tennis in modo personale emerge forse ancora più chiaramente nel doppio. Per una ragione comprensibile: con un campo più grande e con quattro attori in campo, le variabili e le soluzioni aumentano ulteriormente. Naturalmente per chi ha la capacità di immaginarle e metterle in atto.
Anche così si spiegano i tre titoli Slam da junior o le sue vittorie contro coppie fortissime come Makarova/Vesnina a Mosca e Hingis/Mirza al recente Roland Garros.
Da questi highlights si può apprezzare il modo creativo di interpretare il doppio di Siniakova/Krunic:

https://youtu.be/nLVORczMxng

A fine 2014, dopo la semifinale di Mosca, e ad appena 18 anni, Siniakova appare una giocatrice in rampa di lancio. Con un team consolidato (composto dal padre come coach sempre al seguito, che le fa anche da manager, e da due hitting partner, Vladimir Vojelnik and Daniel Filjo, che la seguono alternativamente) a cui aggiunge in dicembre la consulenza di una grande ex giocatrice come Helena Sukova.
Grazie ai progressi nel ranking può cominciare a pianificare la stagione riducendo i tornei e con la possibilità di prendere parte agli Slam senza dover affrontare le qualificazioni. E nel maggio 2015, completa il ciclo di studi superiori diplomandosi, e può quindi dedicarsi esclusivamente al tennis.
A Birmingham, in giugno, batte per la prima volta una top 15 (la numero 14 Petkovic), e approda ai quarti di finale del torneo. In luglio raggiunge il best ranking (numero 65), e si appresta ad affrontare la stagione sul cemento americano. Ma nel torneo immediatamente precedente, a Bad Gastein, si infortuna alla caviglia.
Deve fermarsi fino agli US Open, dove decide di rientrare, forse affrettatamente. Perde al primo turno contro Radwanska e si accorge di avere probabilmente sottovalutato la gravità della lesione subita. Non riesce più a recuperare la forma per l’ultima parte della stagione WTA e dunque non è nemmeno in grado di difendere i tanti punti del torneo Premier di Mosca dell’anno precedente.

Sono le difficoltà che prima o poi capitano a tutte le giocatrici: la luna di miele con la professione è finita, non è sempre possibile continuare a progredire, e gli infortuni diventano un problema con il quale si deve imparare a convivere. La classifica peggiora (fuori dalle prime cento), e torna lo spettro delle qualificazioni per i tornei più importanti.

Nel 2016 le occorrono alcuni mesi per recuperare la forma e la convinzione dei momenti migliori. Torna anche a disputare qualche ITF, che erano stati la sua forza nel 2013, quando aveva scalato 800 posizioni in una sola stagione.
La svolta arriva in maggio: vince l’ITF di Trnava battendo tre top 100 e poi supera le qualificazioni del Roland Garros. Nel tabellone principale ha la sfortuna di incontrare subito Carla Suarez Navarro (che la batte in tre set), ma la condizione sta tornando. Rientra per un soffio nell’entry list di Wimbledon e sfrutta l’occasione al meglio raggiungendo il terzo turno; dopo aver battuto Parmentier e Garcia si ferma contro Radwanska.

Come sempre dopo che una giovanissima emerge in un torneo come è accaduto a Båstad, ci si interroga sulle possibilità future. Per parte sua, sin da ragazzina, come risposta a quale fosse il proprio desiderio di tennista, Katerina ha sempre detto “il numero uno del mondo”. Mi pare un obiettivo molto lontano da raggiungere, tenendo conto delle caratteristiche fisico-tecniche di cui dispone, e di come funziona il tennis contemporaneo.
Visto che non può pensare di spazzare via le rivali basandosi sulla potenza, penso che i suoi eventuali progressi debbano passare attraverso due strade: da una parte un ulteriore aumento della creatività e della varietà di gioco, per tenere sufficientemente alto il numero dei vincenti; dall’altra una maggiore stabilità tecnica che le consenta di regalare il meno possibile all’avversaria, riducendo al minimo il numero degli errori gratuiti.
Se così fosse, ci troveremmo con una giocatrice più divertente della media, e fuori dai canoni dominanti del gioco attuale. Una ragione in più per sperare nel suo progresso, visto che, per quanto mi riguarda, seguo sempre con favore le giocatrici non banali.

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