Morto il Re, viva il Re. Il tennis senza Roger Federer

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Morto il Re, viva il Re. Il tennis senza Roger Federer

L’annuncio che Roger Federer ha chiuso la stagione con la semifinale di Wimbledon segna forse la fine di un’epoca. Nessuno è mai stato come lui, ma è proprio detto che nessuno sarà mai come lui?

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In ogni caso non si può certo pensare che sia stato un fulmine a ciel sereno, Roger aveva preparato un po’ tutti, soprattutto in questi ultimi mesi, alla sua uscita di scena. L’immenso fuoriclasse svizzero aveva partecipato alla miseria di 7 tornei ed è un curioso paradosso che gli unici “mille” di quella che in ogni caso sarà la sua ultima stagione vera li abbia giocato proprio sulla terra rossa. Forse un atto d’amore verso Roma quella partita da fermo contro Alexander Zverev, mentre le sconfitte sull’amata erba erano servite a dare speranza a tutti e Wimbledon sembrava proprio la promessa che tutto potesse continuare più o meno come prima.  Per quanto vecchio, rotto e forse anche senza tanta voglia di stare lì sul campo a giocare con gente ormai dieci anni più giovane, Federer era praticamente arrivato in finale prima che qualcosa facesse clic, proprio sul più bello.  Che l’ultimo ricordo debba essere quello scriteriato game con due doppi falli e un attacco corto non vuol crederci nessuno, forse per quello ci si aggrappa a quello scivolone del quinto set contro Raonic, cercando in quella caduta goffa – lui così elegante – i segni del dolore, dell’infortunio.

Quasi inutile ricordare cos’è stato Federer in questi anni e come abbia vissuto e fatto vivere dentro una specie di bolla tutti gli appassionati. Lo svizzero ha incarnato l’amore non solo per il gioco in sé ma per la sua visione nobile, per così dire. Per quanto sia stato un meraviglioso lottatore niente nella sua compostezza lasciava intravedere lo sforzo fisico, la fatica di ore e ore degli allenamenti che erano necessari perché potesse arrivare con quell’inumano senso del tempo sulla pallina, vero segreto – se segreto è – della sua innaturale eleganza. Ci sono state le vittorie certo, ma Federer non ha solo vinto anzi ha incredibilmente perso troppo considerato l’enorme divario che ha separato questo giocatore di tennis da tutti gli altri. Nessuno è stato eliminato da tanti slam avendo la palla del match come lui, nessuno ha buttato al vento per incredibile incoscienza tattica tanti Roland Garros quanto lui. E se il tennis ha dato molto a Roger Federer, consegnandolo mentre ancora giocava alla storia a volte un po’ stucchevole di questo sport, la sensazione è che Roger abbia dato molto di più al tennis, portandolo ad un livello di popolarità che mai ha avuto e scatenando poeti e romanzieri per cercare di raccontarne le gesta. La nostra stessa possibilità di scrivere, e quella di una generazione di scribacchini, è dovuta a lui, tanto che gli aneddoti interni, quelli che non arrivano al grande pubblico sono probabilmente più numerosi di quelli conosciuti e su quelli proveremo a vivere a lungo, centellinandoli, fino a quando il miracolo dello sport non si compirà e verrà alla luce, chissà, uno almeno quasi come lui. Perché si ha un bel dire che il tennis è sopravvissuto a Borg, a McEnroe a Laver e a chissà chi altri, ma la verità è che per un motivo o per l’altro nessuno di questi dal punto di vista mediatico si è mai lontanamente avvicinato al delirio che ha accompagnato Federer soprattutto negli anni ’10.

Un altro paradosso è stato che Federer è diventato un’icona molto presto se è vero che già nel 2006 si poteva vedere la sua gigantografia campeggiare addirittura sulla Piazza Rossa a Mosca, ma la leggenda in cui si è trasformato è arrivata quando ha cominciato a perdere più spesso. E questi ultimi anni della sua carriera, anni che sono stati lunghi e che adesso ci sembra siano volati via hanno circondato d’affetto un campione che sembrava non avesse le armi per far fronte al tennis impaurito dalla rete di questi ultimi anni. Eppure lo svizzero ha vinto uno Slam, ne ha buttati altri due al vento, ha trovato giornate in cui ha semplicemente impartito paurose lezioni di tennis anche al numero 1 del mondo. E quando il miracolo si ripeteva era una struggente soddisfazione che si sapeva non avrebbe avuto il seguito naturale, la vittoria del diciottesimo slam, ridotta alla stregua di un graal qualsiasi.

Adesso ci si stracciano le vesti o si cerca una qualche consolazione in quel “I am as motived as ever” per quello che in ogni caso non potrà più essere. Ma il tennis va avanti, lo sport va avanti e oggi esordisce Djokovic a Toronto nella sua prima partita dopo l’incredibile eliminazione di Wimbledon. (con Querrey) Ci saranno altre storie da raccontare altri re nasceranno, partite memorabili ci aspettano. Da qualche parte qualcuno starà lustrando i polpastrelli per raccontare le gesta di chi non riusciamo neanche ad intravedere ma che ci sarà, deve esserci. Non sarà la stessa cosa. Pazienza.

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