L'insostenibile leggerezza del (super)tennis

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L’insostenibile leggerezza del (super)tennis

Una polemica fra addetti ai lavori riporta in auge il tormentone: Supertennis è propedeutica allo sviluppo del movimento tennistico italiano?

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Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul sito www.tennispotting.it con il titolo “Più bella che utile“. Lo pubblichiamo per gentile cortesia dell’autore, che è uno storico redattore di Ubitennis, condividendone il merito (erresse)

 

Siccome è ancora estate e manca ancora qualche giorno agli US Open, le notizie tennistiche scarseggiano. E allora i giornalisti devono pur inventarsi qualcosa per riempire le pagine dei giornali o dei siti web. Il tennis, come qualsiasi altro ambiente, vive di fazioni contrapposte e schierate che campano in pace armata, perché la guerra non fa bene a nessuno. In Italia abbiamo un solo torneo, Roma, e se vuoi andarci a fare il tuo mestiere non devi rompere le scatole alla FIT, perché decide lei gli accrediti e guai a essere un nemico o, peggio, una testata web (ma vanno bene i giornali locali da 500 copie, le riviste che non pubblicano più, i giornalisti analfabeti o quelli che copiano i pezzi a quelli del web).

Naturalmente la Federazione si è dotata di un proprio sito internet e paga chi ci lavora. Fra sito internet e Supertennis la FIT recluta persone a lei care, magari bisognose di lavoro, oppure giornalisti che vorrebbero essere indipendenti ma che poi si ritrovano a collaborare con la FIT anche dopo aver pubblicato qualche articolo critico (poi “misteriosamente” scomparso da internet, come quello sullo stadio di Roma) ammaliati da un editore che, evidentemente, paga con puntualità. Per poi partire lancia in resta contro il gruppo di cui facevano parte fino a qualche ora prima. Ne abbiamo già parlato e abbiamo poco da aggiungere.

Mercoledì 24 agosto Stefano Semeraro (La Stampa, commentatore in tv per Eurosport) e Paolo Bertolucci (commentatore per Sky, giornalista sulla Gazzetta dello Sport) in un articolo apparso su La Stampa, all’interno di un discorso ormai di dominio pubblico, la clamorosa crisi di risultati del tennis italiano, nominano Supertennis, in modo neanche troppo critico, avanzando qualche garbato dubbio sull’utilità del canale televisivo per le magnifiche sorti e progressive dell’italico tennis. I due ipotizzano che la costituzione di un canale televisivo non sia del tutto propedeutica alla diffusione dello sport in Italia, con queste infuocate parole:

Bertolucci:

La colpa non è tutta del presidente Binaghi, io però punterei meno sulla tv e più sul settore tecnico. II modello dei team privati spagnoli purtroppo da noi non funziona, serve un vero direttore tecnico che stilli un piano, cercando di copiare bene dalle federazioni che oggi funzionano meglio: francese, inglese e australiana

Semeraro:

II tennis è sport difficile e costoso, il canale tv della FIT ci ha aiutato a vedere gratis in diretta i trionfi di Pennetta & Co., ma per ora non è servito a svezzare le eredi. È il momento di tornare a investire sul settore tecnico e sulla base – e forse persino la FIT lo ha capito, aprendo al tennis nelle scuole – altrimenti si rischia il fuori onda.

Come si vede, non proprio dichiarazioni che preludono alla presa del Palazzo d’Inverno ma, ahiloro, il contrario di quanto recita lo spartito diventato il cavallo di battaglia di Binaghi e soci. Così, con una scandalizzata quanto non originalissima nota, il giorno successivo, giovedì 25 agosto il sito della FIT replica con un’invettiva firmata Batch, da conservare ad imperitura memoria. Cercate di chiudere un occhio sulla forma un po’ incerta e focalizzatevi sul contenuto.

I servi sciocchi delle Pay Tv.

Più realisti dei rispettivi re, Stefano Semeraro, commentatore del tennis per Eurosport, e Paolo Bertolucci, commentatore del tennis per Sky Italia, sostengono su “La Stampa” di oggi la fantasiosa tesi che i modesti risultati dei nostri atleti di vertice nel 2016 e l’apparente mancanza di ricambi siano una malattia che può essere curata chiudendo la tv federale “SuperTennis”. Non c’è niente da fare: ai servi sciocchi delle pay tv proprio non va giù il fatto che in Italia la gente possa godersi il grande tennis in televisione anche senza pagare.

Per i puri di cuore: Batch è come usa firmarsi tal Giancarlo Baccini, ex A.D. di Sportcast, società editrice di Supertennis TV, nonché ex direttore della comunicazione FIT, che le ultime notizie davano un po’ in rotta con la FIT. Evidentemente erano le penultime.

Vale appena ricordare che Supertennis non è e non svolge servizio pubblico. A parte la semplice considerazione che la FIT  è un ente giuridicamente privato che si finanzia, oltre che con le pubblicità, con i contributi del Coni e con le gabelle che impone ai tesserati, è dura argomentare che Flipkens-Radwanska possa essere annoverata tra gli eventi che i cittadini italiani hanno il diritto di vedere, quali che siano i costi. Perché il problema è proprio quello: Supertennis non è una tv sostenibile dal punto di vista economico. Se fosse un’azienda privata avrebbe già portato i libri contabili in tribunale. Però campa grazie alla FIT che ripiana le perdite di bilancio ogni anno. Su Supertennis si può vedere tennis gratis, spesso i tornei femminili che nessuno si fila in TV o i tornei organizzati dalla FIT stessa, ma anche le fasi finali dei tornei maschili che né Sky né Eurosport scelgono di trasmettere. Come mai? Beh, ovvio no? Perché l’investimento non sarebbe ripagato. Utile? Sì certamente, ma non essenziale, soprattutto se consideriamo che oggi ci sono vari modi per seguire il tennis: dagli streaming agli abbonamenti a player di tennis, che poi, a dirla tutta, offrono un servizio nettamente superiore. Dell’etica giornalistica di Supertennis al commento: vabbè, storie note.

Al netto dello stile usato per la fawta – 

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