US Open interviste, Tipsarevic: "Quand'ero bloccato a letto senza potermi muovere ho odiato tutti gli sport"

Interviste

US Open interviste, Tipsarevic: “Quand’ero bloccato a letto senza potermi muovere ho odiato tutti gli sport”

US Open interviste, primo turno: J. Tipsarevic b. [29] S. Querrey 7-6(4) 6-7(0) 6-4 6-3. L’intervista del dopo partita a Janko Tipsarevic

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Una vittoria del genere ti fa capire a che punto ti trovi nel tuo ritorno?
Nel tennis ho sempre celebrato un po’ troppo, ma non competere per due anni e tre mesi si fanno sentire e ne provi la mancanza (sorride). Battere un grande giocatore in un grande campo significa molto per me. Riesco a sentire fisicamente il Challenger che ho vinto prima di venire agli US Open due settimane fa, anche se era sulla terra, mi ha dato fiducia e ho vinto sette match consecutivi. È bello sentire Game, Set, Match, Tipsarevic. Quando hai vittorie ed allenamenti alle spalle, la cosa ti permette di andare in fondo ai tornei.

Come classificheresti l’Armstrong parlando di campi?
Mi piace quello stadio. Non penso di aver mai perso lì. Non ci ho giocato molte volte, forse cinque o sei, ma non ricordo di aver perso. È un buon campo, molto spazioso e quindi se non è completamente pieno sembra mezzo vuoto e ciò non è giusto. Abbiamo una situazione simile nella Belgrade Arena che può contenere 20,000 persone. Alcune volte in Coppa Davis ci vengono a vedere 10,000 persone e sembra mezzo vuoto ma ci sono tantissime persone lì. Quindi non è molto compatto ma ci sono molti posti a sedere ed è molto, molto grande.

Qual è il tuo campo preferito?
Il Grandstand, è un campo davvero strano. Tutti i campo qui agli US Open hanno molto spazio ai lati, mentre il Grandstand è piuttosto piccolo. Se ti ricordi, assomiglia un po’ al campo centrale di Memphis, è molto compatto e piccolo. Molti giocatori impiegano tempo ad abituarcisi. Ma io ci ho giocato molte volte e sono preparato sin dall’inizio.

Tu sei una persona con molti interessi. Cosa ti ha tenuto concentrato sul tennis durante questi anni di assenza?
Sai, all’inizio è stato un po’ un sollievo perché nel 2013 stavo giocando mezzo infortunato e per via di tutti gli antidolorifici che prendevo ero messo malissimo. Mi sono detto: ok, mi prendo due, tre mesi di riposo, salto gli Australian Open e tornerò ad essere affamato. Il primo infortunio si è rivelato un tumore benigno ed è stato un po’ più complicato di quello che ci aspettavamo, comunque i primi sette, otto mesi non sono stati brutti. Ma dopo aver fatto la seconda operazione e una parte del recupero non è andato come avevamo pianificato, ho iniziato a soffrire e avere difficoltà mentalmente. La mia famiglia mi ha aiutato, abbiamo avuto una piccola bambina durante quel periodo quindi avevo qualcosa che mi tenesse occupato. La cosa peggiore in quel periodo è che non potevo neanche allenarmi perché ho passato quattro mesi a letto, senza esser capace di camminare, usare stampelle o sedia a rotelle. Per un periodo ho persino giocato a tennis seduto perché non potevo stare in piedi. Non voglio raccontarti una storia triste, ti sto solo dicendo come sono andate davvero le cose. Per risponderti brevemente, in quei momenti ho odiato il tennis e tutti gli altri sport. Io non potevo guardare altri sport perché ero geloso di tutti gli altri atleti, loro potevano correre e fare quello che volevano, e io stavo lì seduto a guardare la TV. Non ho pensato molto al tennis.

Nel match di oggi la tua difesa è stata straordinaria. Pensi sia un segno del tuo recupero?
Grazie per averlo notato. Questo è il più grande cambiamento che ho iniziato a notare solamente nelle ultime due settimane. Tornare ad essere mobile come lo ero prima è la parte più difficile. Una grande mano me la sta dando il mio preparatore atletico,Dusch Colovic, un professore di biomeccanica. Insieme stiamo lavorando su dei movimenti specifici e lui mi ha aiutato a migliorare la difesa. Siamo insieme da un mese, quindi non è molto tempo. Ora è da un po’ che sono libero da infortuni e inizio ad avere fiducia nel mio corpo nei momenti cruciali del match.

Come credi che sia cambiato ora il tuo tennis rispetto a prima dell’infortunio?
So che può sembrare divertente, ma anche quando ero al mio apice io non credo che stavo giocando il mio miglior tennis. Durante quel periodo penso di aver servito in maniera straordinaria ed ero un giocatore molto disciplinato, il che significa che non facevo stupidi errori, non cercavo il vincente in posizioni impossibili. Usavo le mie armi sul campo in maniera ponderata. Non ho la sensazione che usassi la mia aggressività al suo massimo potenziale, e spero che tornerò ad essere il vecchio Janko nei prossimi Australian Open. In questo momento sono motivato a fare abbastanza punti per non aver bisogno di wild card il prossimo anno.

Quanta fiducia ti ha dato vincere il Challenger in Cina poche settimane fa?
Molta, so che il ranking d’ingresso era molto basso ma era un grosso Challenger 125. In pratica la vittoria ti dava gli stessi punti di una finale ATP. Io in quel periodo stavo giocando bene e… lo so che suona strano ma stavo avendo dei brutti tabelloni persino nei Challenger. Nel primo round mi è toccato Jiri Vesely, in un altro torneo Carlos Berlocq. Nei grandi eventi mi è capitato di giocare primo turno Raonic, poi primo turno Cilic, poi primo turno Simon, dei tipi che anche se stessi giocando bene non mi piacerebbe affrontare. Sentivo di aver bisogno di vittorie per ritrovare la fiducia. Mi è stata persino offerta una wild card ma io mi sono voluto fare strada attraverso le qualificazioni.

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