Mats Wilander in esclusiva: "La demolizione del Louis Armstrong è una tragedia. I Fab Four? Basta!"(audio)

Interviste

Mats Wilander in esclusiva: “La demolizione del Louis Armstrong è una tragedia. I Fab Four? Basta!”(audio)

Una bella chiacchierata con Mats Wilander, nel giorno dell’ultimo match ufficiale giocato sul vecchio centrale di Flushing Meadows. Il sette volte campione Slam non ci sta, e racconta i ricordi di quello storico stadio: sono romantici, ma non sono quelli della finale del 1988. Ne ha anche per i Fab Four, e crede in Lucas Pouille

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Agli US Open, forse con più facilità che altrove, per il fatto che la press zone e il players garden sono aperti la prima a giocatori e coach, e la seconda ai media accreditati, con conseguente mescolamento di entrambi, capita spesso di trovarsi quasi per caso a fare conversazioni interessanti con figure di alto livello del nostro sport. Una di queste è sicuramente Mats Wilander, vincitore qui a New York nel 1988, fu l’ultimo dei ben sette trofei Slam conquistati in carriera, e numero uno del mondo per 20 settimane a partire proprio da quel settembre di fine anni ’80.

Louis Armstrong Farewell

Addio al Louis Armsrong Stadium, è finito l’ultimo match

Mats, hai dei bei ricordi in quello stadio. Lo rifaranno da zero, cosa ne pensi?
Il Louis Armstrong è dove è iniziato tutto, dopo il trasferimento del torneo da Forest Hills. Il fatto che venga demolito è una tragedia, che bisogno c’è di tirarlo giù, si poteva ristrutturare, tenere anche il vecchio Grandstand dall’altro lato, da dove facevano anche delle splendide fotografie dall’alto, e si potevano coprire con un tetto entrambi i campi. Non capisco perché si debba sempre fare tutto nuovo, si potrebbe semplicemente migliorare, sono molto triste. Il nuovo Grandstand mi piace molto, agli US Open hanno fatto un grande lavoro nel rinnovare quell’area, ma non c’è nulla che non va nel Louis Armstrong, e nel Grandstand di fianco, è uno dei campi più belli del mondo.

Che ricordi hai della magica finale del 1988?
Non ho ricordi di quella finale, il mio ricordo più bello del Louis Armstrong è una partita giocata in notturna, nel 1985, contro Christo Van Rensburg (in realtà era il 1986, Christo è stato 19 ATP, semifinalista in doppio allo US Open nel 1989, il match finì 5-7 6-3 6-4 6-4 per Mats, ndr), terzo turno, e tornando verso gli spogliatoi all’epoca dovevi attraversare la folla, fino all’altro lato dell’impianto, e durante quel percorso ho incontrato mia moglie, che ho sposato nel 1987, e siamo ancora insieme da quella volta. Non l’avrei mai conosciuta se non fosse stato per il Louis Armstrong, e per gli spogliatoi posizionati laggiù (indica, ndr) all’interno della struttura coperta.

Cosa pensi del torneo quest’anno? Non da commentatore di Eurosport, solo il tuo parere!
Penso che sia interessante, Roger Federer non è in tabellone, c’è spazio per nuovi giocatori, nel momento in cui anche Rafa Nadal perde, ci sono nuove facce che arrivano, penso che ne vedremo tante di nuove facce, e questo è importante per il tennis. Siamo rimasti inchiodati (“stuck”, ma lo dice enfatizzato, facendo una smorfia, ndr) con Federer, e Nadal, e Djokovic, e Murray, per così tanto, è ora che iniziamo ad abituarci a nuove facce, perché i giocatori emergenti sono altrettanto bravi, solo non hanno ancora vinto tanto. Abituatevi a Lucas Pouille, abituatevi a Milos Raonic, sì è uscito ma è lì come livello, abituatevi a Kei Nishikori, questi giocatori saranno quelli che subentreranno, e questo torneo è un passo giusto in quella direzione.

Se dovessi piazzare una scommessa, su quale dei giovani punteresti come primo vincitore Slam?
Se dovessi scommettere, e non mi sono rimasti soldi (sorridendo, ndr), molto probabilmente andrei su Lucas Pouille.

Ah sì? E su che superficie?
Non Wimbledon, ma sulle altre superfici sì.

Grazie mille, è stato un piacere!
Prego, piacere mio! (sorrisone e “cinque alto”, ndr).

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