Lost in translation - Il tennis tradotto (in Asia)

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Lost in translation – Il tennis tradotto (in Asia)

L’onda incontenibile d’entusiasmo che avrebbe dovuto travolgere la tournèe asiatica quando l’ATP decise di esplorare un nuovo mercato non ha ancora investito il grande pubblico. Basterà la presenza di (quasi) tutti i big a generare un po’ di appeal?

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Gli US Open sono in archivio da ormai una settimana e a noi non resta che una sensazione inafferrabile eppure drammaticamente puntuale, una tristezza per convenzione inconfessabile, ma che c’è, eccome se c’è, prende piede precipitosamente e si diffonde con incauta celerità. Del richiamo della nuova Babilonia dell’economia mondiale non riusciamo a sentire che un’eco lontana, ma la tournèe asiatica è ormai alle porte e sarà bene fare i conti con essa. Dal 2009, quando Shanghai prese il posto di Madrid, che a sua volta strappò la scena ad Amburgo (che fu derubricato a 500 e ricalendarizzato) l’Asian Swing segue gli Open degli Stati Uniti. Il numero di tornei è fermo a 6, con la cancellazione di Kuala Lumpur e l’inserimento del Chengdu Open ($947.735) nella prima settimana dedicata ai tornei ATP 250. Con Chengdu, Shenzhen, Pechino e Shanghai, la Cina sale a 4 tornei, pareggiando il numero di eventi organizzati dalla Germania. Ancora lontana la Francia (6), lontanissimi gli USA (11), ma è ragionevole credere che il gap nei prossimi anni possa essere colmato.

La progressione graduale della categoria dei tornei nelle tre settimane gonfia l’attesa, che cresce (molto) lentamente fino al Masters 1000 di Shanghai. La prima settimana (26 Set – 2 Ott) ospita due ATP 250: gli Open di Shenzhen e Chengdu, entrambi su cemento e outdoor. Interessanti le entry list, che pullulano di giocatori che per acciacchi fisici o scarsa condizione non hanno brillato nella seconda parte di stagione. A Shenzhen Tomas Berdych proverà a bissare il successo dello scorso anno, quando liquidò in finale Garcia Lopez in due set. Presenti anche David Goffin, Richard Gasquet, Bernard Tomic e Alexander Zverev. Unico italiano in tabellone Fabio Fognini, accreditato della testa di serie numero 6. A rallegrare gli organizzatori dell’edizione inaugurale del Chengdu Open ci ha pensato invece Dominic Thiem, che ha deciso di dare una nuova accelerata alla stagione in vista delle Finals, chiedendo e ottenendo la terza wild card in tre settimane. Sostituirà Jo-Wilfried Tsonga, ancora sofferente a causa di un’infiammazione al ginocchio sinistro che si trascina dalla stagione sulla terra rossa. Il francese salterà l’intera trasferta nel sud-est asiatico. A contendere all’austriaco lo scettro della ribattezzata Città Verde, santuario del panda gigante, saranno Nick Kyrgios, Feliciano Lopez e Grigor Dimitrov. Presente in tabellone anche il nostro Paolo Lorenzi.

Dal 3 ottobre sarà invece la volta delle due capitali dei paesi guida della regione: Pechino e Tokyo. Entrambi ATP 500, il primo conserva un margine di popolarità sul secondo, movente il montepremi che surclassa quello offerto dalla rassegna nipponica (un milione e mezzo contro i quattro milioni e più offerti da Pechino). Il China Open sarà così terreno di caccia per i big, a partire ovviamente da Novak Djokovic, che in Cina vanta uno score di 10 successi in altrettante finali. Lo scorso anno in oriente fece man bassa, non concedendo neppure un set ai suoi avversari in 10 match (5 Pechino e 5 Shanghai). L’uomo da battere, nonostante la forma sia lontana da quella dei giorni migliori, è senza dubbio il serbo. Ci proverà (probabilmente) Andy Murray, che al Guardian ha però dichiarato di sentirsi stanco dopo il tour de force dello scorso week end di Davis. Chissà se le due settimane di pausa saranno sufficienti a restituirci la versione migliore dello scozzese, artefice fin qui di una stagione sopra le righe, in cui ha raccolto forse meno di quanto avrebbe meritato. Ma Pechino sarà un banco di prova fondamentale in particolare per Rafa Nadal. Qui lo scorso anno riemerse da una stagione dimessa e si spinse fino in fondo, schiantandosi su un Djokovic francamente imbattibile. In queste tre settimane Nadal difende 960 punti e nella Race occupa l’ultimo spot disponibile per accedere alle Finals. Il margine su Berdych, Cilic e Goffin è consistente, ma il maiorchino non può dormire sonni tranquilli. Presente anche Milos Raonic. Tra gli italiani in campo Fognini e Seppi. Anche a Tokyo i top 10 saranno quattro: Stan Wawrinka proverà a centrare la matematica qualificazione al Master londinese e riconfermarsi campione del Japan Open Tennis Championships, mentre Kei Nishikori insegue il terzo successo in patria, dove dal 2012 porta a casa il trofeo solo negli anni pari. In secondo fila Marin Cilic e Tomas Berdych, che rientra dall’operazione all’appendicite con 3 kg in meno. Il ceco, con Thiem, è l’unico top 10 che scenderà in campo nel corso di tutte e tre le settimane dello swing asiatico.

Non ha bisogno di presentazione il Masters 1000 di Shanghai. La Parigi dell’est, tornata alla ribalta come centro finanziario e capitale orientale della moda, dal 2009 ospita l’ottavo Master 1000 della stagione, il primo per quanto concerne il prize money (7,655,640, qualche centinaia di migliaia di euro in più rispetto ai due super-mille americani). Attesi tutti i big, ad eccezione ovviamente del lungodegente Roger Federer e dell’acciaccato Jo-Wilfried Tsonga, che qui lo scorso anno giocò il suo miglior tennis, superando in semifinale Rafael Nadal, che non batteva da quasi quattro anni. Favorito d’obbligo, va da sé, Novak Djokovic, tre volte campione, tallonato da Andy Murray, che proprio a Shanghai, un anno fa, fu liquidato in un’ora e sette minuti dal serbo. Forse l’Asian Swing farà sempre fatica a far breccia nel cuore degli aficionados. Per gli americani “this is the time of year when everything happens while we sleep“. Speriamo di non addormentarci anche noi.

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