Una diciottenne fra le prime 60 del mondo: Ana Konjuh

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Una diciottenne fra le prime 60 del mondo: Ana Konjuh

Le prospettive della più giovane e precoce tra le promesse nate nel 1997, capace di arrivare ai quarti di finale agli US Open 2016

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Su Ana Konjuh: “Ana dei miracoli. Piccoli e grandi” di Ilvio Vidovich

Dopo aver scritto di Bencic, Ostapenko, Kasatkina e Osaka completo con Ana Konjuh il quintetto di grandi talenti nati nel 1997, un anno che sembra essere speciale per il futuro del tennis femminile. Rispetto agli articoli precedenti ho dovuto cambiare il titolo, sostituendo il 50 con un più modesto 60: infatti per il momento Konjuh non è ancora riuscita ad entrare tra le prime cinquanta del mondo, visto che questa settimana è numero 58, e il suo best rank è stato 52 il mese scorso. Ma questo non deve far pensare che si tratti di una giocatrice di categoria inferiore rispetto alle coetanee; anzi, per certi aspetti è la più sorprendente di tutte.
Ana infatti è la più giovane, visto che è nata il 27 dicembre 1997, quindi non ha ancora compiuto 19 anni, e ha alle spalle una attività in cui si intrecciano due temi ricorrenti: la precocità e la fragilità fisica.
Per chi volesse saperne di più degli aspetti biografici, rimando all’articolo di Ilvio Vidovich (che è sempre straordinariamente informato per quanto riguarda il tennis di area ex iugoslava) nel quale sono raccontate in modo approfondito le vicende familiari di Ana.

Per questo motivo qui mi limito a qualche nota sintetica. Ana Konjuh è croata di Dubrovnik e comincia con il tennis seguendo in campo, per gioco, la sorella maggiore.
Nel gennaio 2012, a 14 anni appena compiuti, prende parte alle prime competizioni ITF Junior e in meno di dodici mesi è già ai vertici: tra novembre e dicembre vince l’Eddie Herr International e l’Orange Bowl, sconfiggendo tra le altre Bencic, Siniakova, Townsend, tutte più anziane di lei.
Eccola in un filmato durante il periodo di preparazione in vista della nuova stagione 2013:

Nel gennaio 2013 si presenta a Melbourne e conquista al primo tentativo gli Australian Open. A 15 anni appena compiuti è già una stella del tennis giovanile, con tre titoli prestigiosi in bacheca e il numero uno del mondo in classifica.
Ma dopo Melbourne si deve fermare per alcuni mesi a causa di dolori all’avambraccio destro. Torna in maggio, recupera progressivamente la forma e a New York vince gli US Open 2013. Dunque ancora quindicenne è bicampionessa Slam, e detiene i due Major giocati sul cemento: nel recente passato era riuscito solo a Pavlyuchenkova (la più titolata junior degli anni duemila) e ad Azarenka.
Ecco una tabella riassuntiva (spero di non aver fatto errori di calcolo con l’età), in cui sono evidenziate le giocatrici più precoci:

vincitrice a meno di 16 anni light

Konjuh potrebbe competere tra le ragazze ancora due stagioni, ma dal 2014 si dedica solo al circuito professionistico, anche se avendo 16 anni il regolamento limita a dodici i tornei WTA a cui è possibile prendere parte.
Esordisce in modo sorprendente: primo impegno dell’anno, ad Auckland; gli organizzatori le offrono una wild card, ma nel sorteggio “pesca” proprio la testa di serie numero uno, Roberta Vinci, in quel momento 14 del mondo. E la batte per 3-6, 6-4, 6-2.
Agli Australian Open 2014 supera le qualificazioni e accede al tabellone principale, dove viene sconfitta al primo turno da Li Na, che poi avrebbe vinto il titolo.

Ma nel frattempo i dolori all’avambraccio si sono ripresentati, e quindi decide di operarsi: come nella stagione precedente deve stare ferma sino a maggio. Dopo il rientro, a Wimbledon supera le qualificazioni e si spinge fino al terzo turno; poi raggiunge le semifinali a Istanbul. In autunno gioca nei tornei ITF, dove spesso arriva nei turni finali. I dati dicono che ha iniziato la stagione al numero 274 del ranking e l’ha conclusa al 90: questo fa di lei la più giovane top 100 del circuito.

Non ripercorro nel dettaglio il 2015 e il 2016. Cito solo la vittoria a Nottingham (giugno 2015, primo torneo WTA della carriera) ma anche altri problemi fisici (alla schiena e al collo) che la costringono a pause di alcune settimane a ad un paio di ritiri dai tornei in corso. Un periodo di alti e bassi che la porta a oscillare attorno al centesimo posto del ranking e che forse contribuisce, nell’aprile 2016, al cambio di coach: lascia Kristijan Schneider che l’aveva seguita sin dagli esordi, e passa a Jelena Kostanic Tosic, ex giocatrice WTA.

Con la nuova collaborazione tecnica probabilmente raggiunge i picchi di gioco in due partite contro Agnieszka Radwanska. La prima a Wimbledon 2016: perde 6-2, 4-6, 9-7 dopo aver avuto tre match point a favore, e subendo un infortunio sul 7-7 terzo set, quando nel tentativo di recuperare una smorzata si procura una distorsione alla caviglia calpestando la palla.
Calpestare una pallina sembra sintomo di mancanza di coordinazione, ma dal replay si capisce quanto sia stata sfortunata. Ana è in corsa e allunga la racchetta in avanti per cercare di intercettare il drop-shot; il telaio della racchetta sfiora appena la palla: un tocco che invece di alzare la palla finisce per fermarla, proprio nel punto in cui non potrà fare altro che mettere il piede, già in volo per in corsa. Inevitabile il patatrac.

https://youtu.be/BJYISS3iwag?t=3

Konjuh perde la partita, ma è comunque riuscita a mostrare tutte le straordinarie doti di braccio: un servizio con una prima pesante (190 km/h), un rovescio bimane solido e un dritto potente, anche se con una preparazione non rapidissima perché molto ampia.
Ma Ana possiede anche i colpi in back: risposte bloccate, slice interlocutori e dropshot, sia di rovescio che di dritto. E anche a rete non è a disagio, ma anzi colpisce con una impostazione tecnicamente ortodossa.
Radwanska deve sfoderare tutto il proprio repertorio per rimanere in corsa nel terzo set, e chissà come sarebbe finita senza l’infortunio dell’avversaria.

Nella pagina successiva: Konjuh contro Radwanska, la rivincita agli US Open

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