Nadal, 2016 da dimenticare: vincerà ancora Parigi?

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Nadal, 2016 da dimenticare: vincerà ancora Parigi?

Analisi del periodo negativo del giocatore spagnolo, che nel 2017 tenterà l’assalto al decimo Roland Garros

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180 secondi con il Direttore: Nadal, Federer, Serena, dai e dai la corda si spezza. Che tristezza

Il 2016 di Rafa Nadal è già finito e tutti gli appassionati si chiedono se potranno vedere nuovamente il fenomeno ammirato fino a metà 2014. Sì perché, dopo l’infortunio al polso destro rimediato nel Luglio dello stesso anno poche settimane dopo il torneo di Wimbledon, niente è stato più come prima. Anche se alcuni piccoli segnali di un leggero calo si erano già intravisti addirittura nei mesi precedenti alla storica nona vittoria parigina, dopo tutto si è maledettamente complicato. Il rientro in autunno è stato infatti seguito dall’appendicite, che ne ha condizionato i tornei di Shanghai e Basilea, decidendo poi di non giocare né Bercy né il Masters per operarsi. Dopo un 2015 senza infortuni ma anche senza grandi risultati (eccezion fatta per un’ottima stagione autunnale), il 2016 era cominciato più o meno allo stesso modo, a partire dalla batosta in finale a Doha contro Djokovic e dalla cocente eliminazione al primo turno a Melbourne contro Verdasco. Poi c’è stata la campagna sudamericana, che lo ha visto sconfitto in semifinale sia a Buenos Aires che a Rio, rispettivamente contro Thiem e Cuevas. Ad Indian Wells è stato ad un passo – o, per meglio dire, ad una volée alta di dritto – dall’eliminazione agli ottavi di finale per mano di Alexander Zverev, il quale però si è incartato sul più bello spedendo Rafa ai quarti, dove finalmente si rivedono sprazzi del fenomeno che fu battendo in “straight sets” Nishikori e giocando alla pari per un set e mezzo col numero uno al mondo il giorno successivo. Dopo il ritiro all’esordio a Miami durante il match con Dzumhur a causa del caldo insopportabile e della conseguente disidratazione, arriva il torneo di Montecarlo, che sembra segnare una svolta nella stagione e forse anche nella terza parte di carriera del mancino di Manacor, che vince il torneo sconfiggendo Murray in semifinale e Monfils all’atto conclusivo. La settimana dopo arriva il trionfo anche a Barcellona, dimostrando di essere sempre più vicino alla propria condizione migliore. Dopo la parziale delusione della semifinale persa a Madrid contro Murray, a Roma gioca uno dei match dell’anno – oltre che il suo migliore dalla finale del Roland Garros 2014 – contro Djokovic ai quarti di finale, presentandosi a Parigi come uno dei principali candidati alla vittoria insieme al serbo, che avrebbe dovuto affrontare in una semifinale da sogno.

Poi arriva il 27 maggio: dopo aver battuto senza soffrire nei primi due turni Groth e Bagnis, Rafa è costretto a fare quella che lui ha definito la conferenza stampa più dura della sua carriera. Il nove volte campione del Roland Garros, infatti, annuncia il suo ritiro dal torneo per un problema al polso sinistro che gli recava noia già da un paio di settimane ma che stava diventando sempre più difficile da gestire. Segue il forfait per tutta la stagione sull’erba e per il Masters 1000 di Toronto, rientrando solamente per le Olimpiadi di Rio. Qui vince l’oro olimpico in doppio con l’amico Marc Lopez, emozionandosi come poche volte nei suoi 15 anni di professionismo. In singolare arriva quarto, perdendo in semifinale contro del Potro al tiebreak del terzo set di un incontro meraviglioso, venendo sconfitto poi anche il giorno successivo da Nishikori nella finale per il bronzo. Aver accelerato a tutti i costi i tempi di recupero costa caro a Rafa, il quale a New York perde agli ottavi al tiebreak decisivo contro Pouille – l’errore di dritto vicino alla rete sul 6 pari nel “jeu decisif” è ancora sotto gli occhi di tutti – rimediando poi due enormi delusioni in Cina, perdendo da Dimitrov e Troicki. Dopo l’eliminazione dal torneo di Shanghai, Rafa decide di terminare anzitempo la sua stagione, dichiarando di volersi preparare al meglio per il 2017, dove farà di tutto per tornare grandissimo e per tentare l’assalto al decimo Roland Garros. Capire se sarà in grado di fare ciò è impresa ardua, così come lo è capire esattamente cosa sia successo allo spagnolo negli ultimi due anni e mezzo (problemi al polso a parte).

Come nella maggior parte degli eventi storici di grande rilevanza, non c’è solamente una causa che possa spiegare tutto questo, ma ve ne sono diverse. Quello che è emerso dal 2015 è che Nadal ha perso almeno un 5-10% in termini di spinta nelle gambe, velocità delle stesse e rapidità di esecuzione – come si vede soprattutto quando arriva male per giocare un passante o nei momenti in cui cerca di eseguire il dritto inside-in, dove a volte adesso è lento nel girare le spalle e nel creare spazio tra sé e la palla. La minore trazione delle gambe la si vede soprattutto nel topspin, su cui lo spagnolo ha costruito buona parte dei suoi successi. Per dare profondità ai lift, infatti, è necessario che gli arti inferiori siano esplosivi – oltre che integri – altrimenti la palla arriva a malapena nei pressi della riga del servizio del campo avversario. La mancanza di profondità del dritto di Rafa – oltre che delle sue difese dalla parte del rovescio, dove i suoi avversari indirizzano i loro colpi per poi sfondare definitivamente dall’altra parte – consente ai suoi rivali di poter giocare un vincente con facilità e di comandare il gioco nella maggior parte dei casi. Oltre a questo, il servizio è diventato sempre più un problema: se è vero che, eccezion fatta per il 2010 (quando il lavoro con Borras lo portò ad avere una battuta in grado di superare costantemente i 190 km/h), questo fondamentale è sempre stato il meno sicuro del suo repertorio, adesso è diventato sempre più attaccabile. Di solito Nadal non forza molto la prima di servizio proprio per non mettere in campo la seconda palla, su cui ha paura di divenire facile preda della risposta avversaria. Così, però, non riesce ad indirizzare lo scambio in suo favore nemmeno nei suoi turni di battuta (clamoroso il caso del match di Pechino contro Dimitrov, che lo ha breakkato per cinque volte di fila). Il problema della spinta con le gambe – soprattutto quella sinistra – e della distensione del braccio nel movimento del servizio sono sempre stati due aspetti su cui Rafa ha cercato di lavorare e migliorare, ma adesso – almeno nei fatti –  sembra aver abbandonato questa intenzione. Come ha spiegato lui stesso nella sua biografia, il servizio è il colpo su cui, da sempre, si sente meno sicuro e, in un periodo di sfiducia massima, questo emerge ancora di più.

Già, la mancanza di fiducia. Questo, secondo il campione iberico, è stato il problema principale delle ultime due stagioni: i tanti infortuni e la sensazione di non essere più al top dal punto di vista fisico, gli hanno tolto sicurezza, mentre prima la forza fisica era alla base dei suoi successi – sebbene, a dispetto di quanto dicono alcuni detrattori, abbia un tennis di alto livello. Questo gli dava tranquillità anche se le partite non iniziavano nella maniera migliore, perché sapeva che col passare dei minuti sarebbe divenuto sempre più competitivo e che, sulla lunga distanza, alla fine avrebbe vinto quasi sicuramente. Aver perso queste certezze ha condizionato tutto il suo tennis, e questo riemerge anche se è in netto vantaggio o se sta giocando in maniera divina da mezz’ora a quella parte, commettendo doppi falli in momenti topici degli incontri, sbagliando dritti che un tempo sarebbero stati vincenti (come non pensare al dritto inside-out spedito in corridoio sul match point della semifinale olimpica contro del Potro).

La ragione di tale mancanza di confidenza Rafa sembra non volerla ammettere, più che ai media, a sé stesso. Alcuni hanno proposto un allontanamento di zio Toni, altri hanno suggerito di affiancargli una seconda guida tecnica, un consulente dello stesso peso dei vari Becker, Edberg, McEnroe, Lendl ecc. Eppure Nadal non vuole sentire nessuno – lui che per essere sereno ha bisogno di stare sempre nel suo microcosmo protetto – dicendo che i problemi stanno altrove. Altri ancora hanno suggerito di giocare in maniera maggiormente aggressiva, come peraltro si era intravisto alla fine del 2015, quando ha tentato di entrare maggiormente con i piedi dentro al rettangolo di gioco e di colpire in avanzamento tagliando il campo. Dopo le difficoltà di inizio anno, però, lo spagnolo ha preferito tornare ai suoi schemi preferiti per riacquisire fiducia, cercando di comandare gli scambi con il dritto – venendo talvolta a prendersi il punto a rete – ma, ad esempio, senza rischiare quasi mai il rovescio lungolinea, con gli avversari che spesso capiscono in anticipo le sue intenzioni prendendogli il tempo e conquistando il punto. Inoltre, anche quando sono loro a sbagliare – magari anche a causa delle difese straordinarie di Rafa – quest’ultimo appare spesso in balìa dell’avversario, non riuscendo più a decidere il proprio destino nei punti che contano di più.

Questo genera frustrazione e voglia di strafare, magari prendendosi anche rischi eccessivi con il dritto per dimostrare a sé stesso – oltre che agli avversari, i quali ora scendono in campo convinti di poterlo battere – che è ancora in grado di fare la differenza nei momenti “clutch”, finendo però il più delle volte per sbagliare e perdere le partite lottate. Proprio la mancanza di vittorie nei match serrati, la poca continuità e la scarsa lucidità sono tre delle componenti principali delle sconfitte di Nadal negli Slam e non solo, mentre prima accadeva l’esatto opposto, visto che erano quelli alcuni degli elementi essenziali che lo portavano ad incamerare quasi tutti gli incontri che duravano più di tre ore.

La domanda, a questo punto, sorge spontanea: Rafael Nadal potrà tornare quello di prima o, quanto meno, riuscirà a vincere un’altra volta il Roland Garros? La sensazione è che la leggenda spagnola non potrà tornare ai suoi livelli con la continuità di prima, soprattutto sui campi veloci. Per quanto riguarda la terra rossa, invece, le sue chance potrebbero essere maggiori. Anche se le sue possibilità di vittoria dipenderanno molto dallo stato di forma di Djokovic (soprattutto) e Murray, la sua regolarità ed i tempi di gioco e le condizioni  più lente potrebbero dargli la possibilità di competere coi migliori, evitando brutte sconfitte nei primi turni. Sarà fondamentale la preparazione invernale, che sicuramente sarà finalizzata per portarlo al top in primavera. Sarà inoltre interessante vedere se apporterà alcune novità di gioco, come ad esempio si è visto tra Roma e Rio, quando da sinistra  ha servito più defilato rispetto al centro del campo, riuscendo ad aprirsi il campo con più facilità e comandando lo scambio. Come lui stesso ha sottolineato, recuperare il rendimento massimo con il dritto sarà decisivo, perché è con questo che può fare la differenza con i più forti del mondo. Un utilizzo più frequente del rovescio lungolinea potrebbe essere una soluzione interessante, così come l’uso di qualche cambio di ritmo in più. Oltre a ciò, sarà fondamentale riacquisire serenità – e di conseguenza lucidità – per poter gestire al meglio i momenti più tesi degli incontri più importanti. Gli interrogativi, così come le soluzioni possibili, rimangono dunque tanti. Tra maggio e giugno ci saranno le risposte.

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