London Calling, Andy Murray: l'highlander in terra di San Giorgio

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London Calling, Andy Murray: l’highlander in terra di San Giorgio

I profili degli otto qualificati, il n.1. Alla scoperta del 2016 di Andy Murray, probabilmente il grande favorito delle ATP World Tour Finals

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Andy Murray si presenta alle ATP World Tour Finals oggi come non mai con i favori del pronostico. Con Djokovic sfiduciato e Federer e Nadal fuori dai giochi, il baronetto scozzese arriva all’O2 Arena con il vento in poppa. È forte del suo secondo successo a Wimbledon e dell’essere stato il primo nella storia a vincere due Olimpiadi consecutive. Ha inoltre disputato altre due finali Slam e ha quindi portato a termine quella che è probabilmente la sua miglior stagione della carriera, conquistando il primo posto nel ranking mondiale. È molto probabile, se proprio non riuscirà a sollevare il trofeo del maestro dei maestri, che quantomeno arrivi in finale, infrangendo così un suo personale tabù (non è mai andato oltre le semifinali al torneo di fine anno).

Cosa rende Murray favorito alle Finals quest’anno?

Sono migliorati alcuni aspetti del gioco dello scozzese. Quest’annata è stata la sua miglior stagione su terra rossa, con semifinale a Montecarlo, finale a Madrid e Roland Garros ed addirittura vittoria su uno spento Djokovic a Roma. Quest’anno Andy è riuscito a mostrare più varietà tattica, mostrando un gioco più polivalente, offensivo sul rapido e di grande sagacia difensiva sul lento. Se si eccettuano i due Masters 1000 americani primaverili, nei quali è uscito nei primi turni, Murray ha anche mostrato un’ottima continuità anche su cemento, indoor ed erba, vincendo 8 titoli nel complesso e raggiungendo diverse finali. Molto probabilmente, ad incidere sui grandi risultati della seconda metà di stagione (US Open a parte) è stato il ritorno di Ivan Lendl come coach dello scozzese. Il ceco come nessun altro sembra essere in grado di fungere da maestro, sia di gioco che di vita, per Andy.

Quali sono i possibili ostacoli per Murray verso l’alloro di fine anno?

Abbiamo citato gli US Open. In quell’occasione Murray buttò praticamente via un set (il quarto) per una protesta contro l’arbitro nei quarti di finale, turno nel quale lo scozzese uscì, finendo per perdere da Nishikori. Un aspetto di difficoltà per lo scozzese potrebbe essere proprio questo, ovvero sia la sua tendenza all’irascibilità (che tuttavia quasi sempre riesce a mantenere a bada o a convertire in rabbia agonistica). Un altro aspetto è il possibile “sentirsi sazio” di Murray. Lo scozzese, seppur sia un grande combattente, alle volte tende ad adagiarsi sugli allori, come forse è successo anche nei già nominati US Open. L’unico giocatore davvero in grado di porsi fra Murray ed il titolo sarebbe un Djokovic in piena fiducia, ma dopo il trionfo al Roland Garros quest’ultimo pare un po’ appannato. Per Murray questa è forse un’occasione irripetibile.

È notizia di questi giorni la conquista della prima piazza nel ranking mondiale, conquista avvenuta in quel di Parigi-Bercy, uno scettro a lungo inseguito dallo scozzese. Il baronetto di Dunblane ha infatti totalizzato 76 settimane da numero 2 del mondo, con la prima settimana da “miglior piazzato” arrivata nel lontano agosto 2009. Questo traguardo rappresenta il giusto coronamento di una grande carriera, almeno a livello di costanza di risultati e molto probabilmente anche la realizzazione di un sogno per Andy. Anche questo nuovo successo, tuttavia, potrebbe configurarsi come un’arma a doppio taglio, visto che la stampa inglese, si sa, è pressante come poche e lo sarà ancor di più ora che lo scozzese è numero uno del mondo e Murray non sempre si è mostrato in grado di reggere la tensione.

Insomma, se non proprio tutto, almeno molto sembra apparecchiato affinché lo scozzese Murray porti in alto la Union Jack, anche se non nella terra della croce di Sant’Andrea, ma in quella della croce rossa su sfondo bianco di San Giorgio.

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