Il tennis che verrà: la fine del quadrumvirato dei fab 4

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Il tennis che verrà: la fine del quadrumvirato dei fab 4

Immaginiamo scenari fantastici, più appropriati ad una favola dei fratelli Grimm che ad una testata giornalistica sportiva. Quale sarà la fine di Federer, Nadal, Djokovic e Murray?

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Roger Federer dopo aver vinto il suo ottavo Wimbledon annuncerà il ritiro dal tennis giocato, un po’ come fece Flavia Pennetta trionfante agli US Open 2015. Il mondo dei media ripercorrerà la sua carriera, i social verranno intasati dai video degli hot shots e degli highlights dei migliori match. Canali televisivi sportivi ritrasmetteranno le millanta partite di King Roger. I tifosi intoneranno cori, i fanatici cantici, gli appassionati verseranno lacrime: chi non si è commosso guardando e riguardando i video della standing ovation che l’Arthur Ashe Stadium concesse al suo idolo Andre Agassi nel 2006? Ci piacerebbe pensare che perfino David Foster Wallace, colui che idolatrò a tal punto Roger da scrivere “Roger Federer come esperienza religiosa” – qui potete trovare la nostra recensione: prima parte e seconda parte – da lassù possa commuoversi con noi. Sicuramente l’elvetico tornerà per giocare il senior tour stravincendo a mani basse. Qualche esibizione qua e là, un doppio con l’amico Chiudinelli, apparizioni pubbliche, cene, galà, premiazioni, interviste e pareri sulla #nextgen, sul tennis che verrà.

Finché un giorno una lacrima scenderà anche dal suo viso perfettamente rasato in una domenica di inizio giugno vedendo il rivale di sempre con la maglia ancora sporca di terra rossa mordere per la decima volta il trofeo del Roland Garros. Record. Il canto del cigno per il maiorchino: “A fine stagione mi ritiro”. Così fra standing ovation in ogni dove e qualche walkover per guai fisici, il tifoso generico medio dovrà abituarsi a dimenticare il dritto mancino del toro di Manacor e tutti quei banana shot che pullulano internet. Forse scompariranno anche i soliti commenti dei detrattori che associano l’attuale numero 9 del mondo al doping. Forse un giorno i tifosi di Nole diranno: “Riconosciamo i meriti, un altro grande campione che abbandona il nostro sport. Good luck Rafa”. Addio ai tic pre-servizio, addio alle “smutandate” di Rafa.

Per l’uscita di scena dei gemelli diversi Andy e Novak, nati a una settimana l’uno dall’altro, in quel maggio dell’87 che diede i natali anche ad un altro numero 1, Fabio Fognini, anche se numero 1 solo “de noantri” italiani, bisogna aspettare qualche anno. Il gap generazionale fra Federer e Nadal, più giovane del primo, ma più logorato fisicamente, e quindi più vecchio tennisticamente, è importante. In principio venne Federer, poi il bimbo Nadal che spodestò sua maestà dal trono legittimo. Solo allora Novak cominciò a muovere i primi passi verso la dittatura e Murray si ritagliò il posto di eterno quarto, sfortunato solo nell’essere nato proprio insieme a questi fenomeni. Djokovic vincerà ancora. Quantomeno nella sua Australia, prima di tentare un ultimo assalto olimpico, fallimentare come quello di Roger a Rio 2016. Allora sarà la fine. Il dominatore dei Balcani? Solo un lontano ricordo.

Andrew Barron, invece, sarà il tramite con la nuova generazione. Plurivincitore slam, proverà a trionfare in Australia, ma sorprendentemente rimarrà un tabù e troverà conforto nuovamente nel sollazzo di New York. Il numero uno ATP verrà lasciato sguarnito e in molti proveranno ad impossessarsene. Non concluderà la carriera in gloria andandosene in pompa magna come i suoi colleghi fab, ma sudando qua e là perché il tennis è amore e sacrificio, e questo a Murray piace.

Così, che lo vogliate o no, il tennis stesso ci sta lentamente traghettando verso nuovi orizzonti. Il neo master under21 di Milano non fa altro che evidenziare questo fatto. Nuovi campioni arriveranno, sempre maggiori attenzioni mediatiche spingono verso la plurinominata #nextgen che di qui a poco dovrebbe giungere in città portando una ventata d’aria fresca.

Sarà la fine dei fab four? Il quadrumvirato che ha fatto incetta di trofei e record in questi dieci anni è qualcosa che difficilmente potrà venire emulata. Oramai appartiene alla storia e il pubblico pagante dovrà fare il callo alla loro assenza. Nella prossima stagione li rivedremo tutti e quattro all’opera, ma per quanto ancora? Saranno ancora loro i dominatori indiscussi del circuito o come tutte le cose materiali e caduche andranno incontro ad un’inevitabile parabola discendente che già quest’anno è stata messa in evidenza? E soprattutto come usciranno di scena, lasciando spazio al tennis che verrà?

Carlo Soldati

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