La responsabilità secondo Novak Djokovic. E la strada per continuare a vincere

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La responsabilità secondo Novak Djokovic. E la strada per continuare a vincere

Novak Djokovic in un articolo per un mensile serbo illustra la via per proseguire nella propria crescita. Non esattamente le parole di chi si sente sul viale del tramonto…

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Da un paio di mesi a questa parte si parla di Novak Djokovic come di un giocatore in declino, in particolare poi dopo che, dopo essere stato spodestato dal trono ATP, il nuovo n. 1 del mondo Andy Murray lo anche sconfitto nella finale della ATP Finals di Londra. Sicuramente la sua seconda parte dell’anno è stata assolutamente al di sotto degli standard a cui aveva abituato in termini di risultati. Un numero per tutti: un solo torneo vinto da luglio, come non gli capitava dal secondo semestre 2010, quando vinse solo l’ATP 500 di Pechino. Eppure si tratta dello stesso giocatore che a giugno tutti celebravano per essere riuscito nell’impresa di detenere tutti e quattro i titoli del Grande Slam, che ha in bacheca 12 Major, che prima di cedere lo scettro al coetaneo scozzese è stato in cima alla classifica ATP per 223 settimane, che prima che a fine febbraio una congiuntivite lo costringesse al ritiro a Dubai nel match dei quarti di finale contro Lopez era riuscito nell’impresa di arrivare in finale in tutti gli ultimi 17 tornei giocati. Insomma, nonostante ora – come spesso capita ai grandi dello sport quando arriva il momento che diventano un po’ meno grandi – in molti lo mettano in dubbio, un fuoriclasse assoluto di questo sport sono tutti i punti di vista.

Una delle caratteristiche principali che lo hanno reso tale è stata sicuramente la sua forza mentale. Al 29enne tennista serbo è sempre stato riconosciuto che l’atteggiamento e la forza mentale sono state due delle risorse che gli hanno permesso di arrivare ad essere il n. 1 del mondo ed a conquistare tutte le grandi vittorie che ha ottenuto in questi anni. Lui stesso ha ammesso che uno dei motivi del calo delle sue prestazioni in questi ultimi mesi è sicuramente dovuto ad un focus mentale non più così orientato alla vittoria in campo come in passato. Ma da dove nasce la forza mentale di Novak Djokovic? In un articolo scritto per il mensile serbo “Original”, Djokovic ha raccontato di come l’abbia costruita nel tempo e parla di un tema che lui considera essere stato essenziale nella sua crescita come uomo e come atleta, e nello sviluppo della sua forza mentale: assumersi la responsabilità delle proprie scelte.

Nell’articolo Nole racconta di quando ha capito che era necessario iniziare a prendersi la responsabilità della propria vita, delle proprie scelte“Per me l’assunzione delle mie responsabilità è arrivata prima della maggiore età, quando ho capito che dovevo essere io ad occuparmi di tutta la famiglia. Il peso delle responsabilità, che ho cominciato a percepire sempre più forte, ha rappresentato una prova per la mia forza mentale e per la mia capacità di poter fare quello che per me era più importante – giocare a tennis. È una cosa buona, e bella, ed aiuta a farsi carico delle proprie responsabilità poter fare quello che si ama. Non senti la pressione e nemmeno la paura, perché la passione ti dà un’energia incredibile. Fai le cose con il cuore e con l’anima.”

“Se riuscirai ad affrontare il successo e l’insuccesso trattando quei due impostori allo stesso modo…” scriveva Kipling. E Djokovic – che quella frase chissà quante volte l’avrà letta entrando nel Campo Centrale di Wimbledon – rivela come per diventare responsabile è stato essenziale imparare a gestire l’insuccesso“Crescendo arriva la responsabilità, come con il successo arrivano gli insuccessi. Che ti obbligano a interrogarti, ed il modo più facile per affrontare gli insuccessi è anche il peggiore: cercare il colpevole in qualcuno o in qualcosa. Una persona può trovare facilmente un motivo per i suoi insuccessi ed i suoi errori: nelle circostanze, nel momento, in altre persone, nel tempo. L’ho fatto io stesso, cercando il motivo di una sconfitta in un match (e ne ho persi tanti!) al di fuori di me: nel mio team, nel vento forte, nel sole che scottava, nelle corde che non erano incordate come si deve…”

La responsabilità è definita anche come “la possibilità di prevedere le conseguenze del proprio comportamento e correggere lo stesso sulla base di tale previsione”. Quindi essere responsabili significa capire che per raggiungere determinati obiettivi è necessario imparare ad agire al meglio in ogni momento, in ogni situazione. Come scriveva George Bernard Shaw: “Tutti danno sempre la colpa alle circostanze per ciò che sono. Io non credo nelle circostanze. Le persone che hanno successo nella vita sono quelle che cercano attivamente le circostanze di cui hanno bisogno, e se non le trovano le creano.” Di Djokovic ha sempre colpito l’attenzione che ha posto in ogni minimo dettaglio per migliorare come tennista: dalle modifiche nella tecnica esecutiva dei colpi al cambio di alimentazione, all’estrema cura del proprio fisico e del proprio benessere psico-fisico. Nole rivela che anche tutto questo è un qualcosa che ha imparato a fare col tempo, acquisendo la consapevolezza che ogni singolo dettaglio poteva fare la differenza.

Alcune cose vi potranno sembrare ovvie, forse persino banali, ma personalmente mi hanno aiutato molto. Ad esempio, ho imparato come rallentare il battito cardiaco prima del match respirando e contando interiormente. Cose veramente pratiche, che ad un primo sguardo potrebbero sembrare degli esercizi non fondamentali. Ma hanno funzionato praticamente ogni volta, anche nelle situazioni in cui sono entrato in campo per un match importante e lo speaker mi ha chiesto cose del tipo ”Ti preoccupa il fatto che hai dei precedenti negativi contro il tuo avversario?” oppure “Come ti senti a giocare contro il più forte giocatore di tutti i tempi?”. Ha funzionato. Non ho permesso che queste insinuazioni influenzassero la mia tranquillità ed il mio focus. Prima di impararlo, domande di questo genere mi sono costate un intero set, talvolta anche un match. Semplicemente, mi facevano uscire da quella “zona” dove sono io che faccio le domande che mi servono, del tipo “Chi è il migliore oggi?””

Insomma, responsabilità e consapevolezza. Cresciute e sviluppate a partire da quello che è un classico stimolo di tanti campioni dello sport, che in molti casi fa la differenza tra diventare un vero campione ed un buon giocatore: non sopportare la sconfitta.
“Nessuno ama le sconfitte, e io non amo neanche la parola stessa “sconfitta”. Ha un suono così definitivo, come se fosse la fine di qualcosa. E io non credo nella fine, credo invece in una seconda occasione e nell’imparare dai propri errori. Per questo la mia più grande lezione di vita è quella di (continuare a) lavorare su di me.”

Molti appassionati ed addetti ai lavori sostengono in questo momento che sarà molto difficile che Novak Djokovic torni al vertice della classifica ATP, addirittura che sarà difficile vederlo alzare di nuovo un trofeo del Grande Slam. Siamo proprio sicuri che uno con questa approccio mentale sia sul viale del tramonto a 29 anni? Il pensiero va ad un certo Andre Agassi, che proprio cambiando il suo approccio mentale verso il tennis – per molti versi diventato simile a quello del Djokovic vincente di questi anni – dopo aver soffiato sulle candeline della torta del suo 29esimo compleanno di Slam ne vinse ancora cinque. Curiosamente, anche lui uno che a livello Slam era portato a vincere gli Australian Open, superato proprio da Djokovic nella graduatoria dei plurivincitori di Melbourne nell’Era Open (Nole è a quota sei, il Kid a quota quattro insieme a Federer). E se invece Djokovic avesse semplicemente avuto bisogno di ricaricare le batterie, fisiche e mentali, come ha detto ad un piccolo tennista serbo pochi giorni fa?

Lo scopriremo presto: giusto il tempo di addobbare l’albero di Natale, comprare i regali, stappare lo spumante, rimettere via gli addobbi e sarà già tempo di, guarda caso, Melbourne…

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