Tennis in Translation, Dimitrov: "Sono pronto per vincere uno Slam"

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Tennis in Translation, Dimitrov: “Sono pronto per vincere uno Slam”

Grigor Dimitrov fa una chiacchierata con Chris Oddo di TennisTV e ci racconta del suo rapporto con Vallverdu, della sua ammirazione per Nadal e quali sono i suoi consigli su come raggiungere i propri obiettivi

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Il venticinquenne Grigor Dimitrov è una persona appassionata e, al i fuori del tennis, vive la sua vita appieno e in maniera gratificante. Con l’avanzare dell’età tuttavia, pensa di star maturando e di esser diventato un atleta più rigido. È fiducioso sul fatto di poter vincere degli Slam e diventare numero 1, se riuscirà a percorrere la giusta strada. Rientrato nella top 20, dopo un periodo particolarmente produttivo col nuovo coach Dani Vallverdu, il tennista bulgaro fa una chiacchierata di fine stagione con Chris Oddo di TennisTV e parla di parecchie cose, inclusa la sua ammirazione per Rafael Nadal e dove vorrebbe trovarsi l’anno prossimo in questo periodo dell’anno.

A proposito del tuo rapporto con Dani Vallverdu, hai detto che vi sentite molto legati e vi trovate a vostro agio. Mi domandavo ti fossi mai sentito così bene con un coach prima d’ora.
Sì, penso sia molto importante riuscire a trovare quell’equilibrio tra un giocatore e il suo coach. Penso che tutti e due abbiamo preso la cosa un giorno alla volta; fu una scelta rapida per entrambi, considerando che all’epoca io avevo ancora i miei altri allenatori e lui stava facendo delle prove anche con altri tennisti. Da giocatore, io credo di aver subito sentito che c’era amalgama tra noi e la cosa si è adattata perfettamente con le nostre vite e abbiamo trovato il nostro ritmo immediatamente. Ma come ho già detto, ci sono ancora molte cose che dobbiamo conoscere l’uno dell’altro. Bisogna lavorare e trovare un equilibrio ancora maggiore per iniziare a vincere match ancora più importanti e ovviamente tornai più grandi.

Cos’è che ti piace particolarmente di Dani?
È una di quelle persone a cui piace lavorare. La sua etica del lavoro è straordinaria. Persino dopo match combattuti siamo scesi in campo per continuare ad allenarci su delle cose che avremmo potuto far meglio durante i tornei. Sono dei piccoli dettagli come questo che alla lunga fanno una grossa differenza. Io penso che la cosa aiuti davvero, soprattutto di questi tempi contro i giocatori che sto affrontando ora, può essere importante sapere di avere una marcia in più, e ore di allenamento in più.

Il tuo ranking è migliorato tantissimo negli ultimi tre mesi della stagione. Dove vorresti essere l’anno prossimo di questi tempi?
L’anno prossimo spero di poter puntare a Londra. È un mio sogno quello di arrivare lì, alle World Tour Finals. Un paio di anni fa mancai l’appuntamento per una posizione quindi ovviamente ero triste; ho sempre voluto partecipare alla cosa perché penso di poterne fare parte. Sai, è una cosa del tipo “perché io no?” Perciò penso sia il mio obiettivo principale. Però ripeto, se restiamo in salute e lavoriamo bene allora tutto può capitare.

Tu e il tuo coach avete la sensazione che ci sia una finestra aperta? Hai 25 anni e guardando ai Big Four – Rafa e Roger hanno staccato la spina in anticipo questa stagione, Novak e Andy avranno presto trent’anni – non voglio dire che sono finiti, ma pensi che per te sia questo il momento di afferrare l’opportunità?
Io penso che al di là di tutto, il momento giusto debba sempre essere adesso. Nel senso che tu devi battere questi tipi di giocatori se vuoi raggiungere la tua metà. In pratica, io non voglio pensare “bene c’è un pertugio, infiliamoci di soppiatto e rendiamo il divario ancora più ampio.” Allo stesso tempo anche io sono stato capace di ottenere delle belle vittorie, di battere buoni giocatori, ho battuto per la prima volta qualcuno che non avevo mai sconfitto, quindi per me questo è un passo avanti. Ognuno ha un cammino differente, non si può mai sapere. Noi vediamo qualche sconfitta subita da Roger o Novak o giocatori di questo tipo, ma comunque non si può dire che abbiano giocato male per l’intero anno. È capitato giusto in un paio di tornei. È piuttosto un gioco mentale dove alla fine tu non fai altro che provare a farcela con i mezzi che hai a disposizione. Penso che la cosa migliore che tu possa fare sia guardarti allo specchio e dire “ok, mi sono costruito la miglior chance possibile.” In questo momento questa è la cosa più preziosa per me.

A Pechino quando hai battuto Rafa per la prima volta, gli hai rivolto delle parole bellissime che sono state davvero stimolanti per i tuoi tifosi, perché erano emozionati nel sentire come tu fossi ispirato da Nadal e l’importanza che lui ha per te. Oltre a lui, ci sono altri giocatori che ti hanno stimolato?
Penso ci siano molti giocatori che io possa considerare un’ispirazione. Ovviamente Andy, per esempio, ha giocato un tennis eccezionale recentemente e io suppongo che con l’età diventerà più forte. Anche di Novak posso dire belle cose, ma il motivo per il quale ho scelto Rafa è che mi sento davvero un po’ legato a lui. Il modo in cui sta in campo e anche un po’ da dove viene e il suo spirito da lottatore, sono questi i motivi per i quali ho scelto Rafa. Ai miei occhi lui è uno dei combattenti più forti. Al di fuori di questo, io ho molti altri interessi nella vita e altre cose che fungono di ispirazione, ma quando si parla di tennis, di forza mentale, di etica del lavoro e tutte queste cose qui, Rafa è proprio un cavallo di battaglia. Lo puoi mandare in campo in qualsiasi momento, è così straordinario.

Abbiamo sempre avuto l’impressione che tu viva una vita molto appassionante oltre il tennis, sei interessato all’arte, alla moda, alla cultura. Quanto è importante per te come persona essere uno di quelli a tutto tondo e avere questo tipo di stile lontano dal tennis?
Io penso che il tennis mi abbia dato tutto in questa vita. Tutto. Gli incontri, le persone, la vita che volevo, la vita che mi ero immaginato, e ogni anno che ho la fortuna di giocare nel tour mi dico “wow, ce n’è ancora”. Continuo a muovermi e a scoprire qualcosa di nuovo ogni anno che mi rende super-felice e mi rende la vita più semplice. Non è facile viaggiare 22-24 settimane l’anno, senza fermarsi e fare sempre le stesse cose. La riabilitazione, lo stretching, la corse, l’accordatura, gli avversari. Devi passare per queste cose ogni singolo giorno quindi penso sia bello avere una finestra sull’esterno dove tu ti puoi affacciare e prendere una boccata d’aria, perché alla fine il tennis non è tutto nella vita. È un periodo della tua vita di cui ne fai esperienza. Dopo c’è qualcos’altro che inizia, è come un capitolo. Poi con il passare degli anni, ho la sensazione di star maturando un po’ e di sentirmi più a mio agio e di rendermi conto di quali siano le cose importanti. Ora so quand’è il momento di riposarmi e di quando è o non è il momento di andare ad una sfilata di moda; quindi apprezzo il tennis di più in questo periodo, in ogni sua parte. Di sicuro quando sei giovane commetti anche degli errori, ad un certo punto ne paghi le conseguenze e tu cerchi di andare avanti e di metterti tutto alle spalle.

Recentemente hai detto che ti sei dovuto arrendere di nuovo al tennis. Hai anche detto di aver avuto delle emozioni contrastanti nella tua carriera. Di cosa hai avuto bisogno per arrivare a questo momento di chiarezza? È stato uno sviluppo recente?
Io penso di essere complessivamente una persona molto profonda e mi piace avere parecchi punti di vista filosofici nella mia vita – è così che mi piace vederla ogni tanto. Però penso che si arrivi sempre ad un punto nella propria esistenza dove si traccia una linea e ci si dice “apposto, adesso basta.” Ed è qui che un uomo dimostra di essere davvero un uomo. Si raggiunge sempre quel momento quando uno fa: “ok, ho fatto i miei sbagli, ora cerchiamo di costruirci la miglior chance possibile.” E quando puoi guardarti allo specchio e dirti “ho dato tutto, ho tirato fuori il meglio di me”, è a quel punto che viene fuori la linea. Sono sempre stato un duro lavoratore, non ho mai pensato di avere delle carenze nell’etica del lavoro.

Quando tutto si sarà concluso e la tua carriera sarà finita, cosa vorresti che venisse scritto sul tuo epitaffio tennistico?
eh, uno Slam è sempre stato nella mia testa. Nei miei sogni e in tutto. Penso che quando vinci uno Slam ti senti realizzato non solo come giocatore ma anche come uno di questi grandi top player. E io spesso mi chiedo “perché non potrei farcela anche io?” Io penso di essere capace di farcela. So di esserlo. Quello che sto dicendo è: cosa mi rende così diverso dagli altri? Io lavoro come loro, se non di più, ma ancora non ce la faccio. È questo ciò che penso, e perché non numero 1? Perché no?

Quindi sulla tua lapide: “Grigor Dimitrov, campione Slam ed ex numero 1″?
Sì!

E ultima domanda… la stagione è terminata e tu ti prenderai una pausa, hai già pianificato le vacanze?
Ho intenzione di andare in Africa per un safari con la mia famiglia. Non vedo l’ora. Sono contento per come è andato quest’anno.

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