Sam Groth minacciato di morte: "Non ce la faccio più"

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Sam Groth minacciato di morte: “Non ce la faccio più”

Il tennista australiano ha chiuso il proprio account Facebook. Denuncia all’ATP: “Quest’anno sono arrivate offese anche alla mia fidanzata”

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Il problema delle scommesse nel mondo del tennis è ormai sempre più ampio e di difficile risoluzione. Uno degli inconvenienti del mondo digitale, poi, è quello relativo ai social network, che consentono a chiunque di interagire con i giocatori, magari insultandoli dopo aver perso una partita che è costata molti soldi agli scommettitori, i quali in questi anni si sono resi protagonisti di diverse minacce di morte rivolte ai protagonisti dei circuiti ATP e WTA. Esempi noti sono quelli di Heather Watson, Angelique Kerber, Kevin Anderson, Simona Halep e Dusan Lajovic, oltre alla vicenda che coinvolse Rebecca Marino, la quale decise di smettere di giocare a soli 22 anni.

L’ultimo della lista è Sam Groth, numero 180 del mondo (a gennaio era n.60) e reduce da un 2016 che lo ha visto vincere solamente quattro partite su venti nel circuito maggiore. Le tante sconfitte hanno fatto sì che il gigante australiano sia stato vittima di ripetute offese e minacce. Di questo ha voluto parlare in un’intervista rilasciata al “The Weekend Australian“: “Ho mostrato i messaggi all’ATP e non solo, perché arriva un momento in cui non puoi più accettare certe cose. Siamo sportivi professionisti, siamo atleti, è la nostra vita. Non mi era mai capitato niente del genere, ho dovuto sopportare quest’anno una quantità incredibile di messaggi offensivi. Certo, io posso anche riderci su, ma quando le minacce arrivano alla mia compagna, alla mia famiglia, allora no, siamo andati troppo oltre”. Groth, per distaccarsi da questa spiacevole situazione, ha affidato al suo agente la gestione della sua pagina pubblica, cancellando invece il suo account personale da Facebook. “Mi piaceva il rapporto diretto con i tifosi, trovo che i social media siano un ottimo modo per interagire. Penso che in molti casi a scrivere quel tipo di messaggi così offensivi siano scommettitori che hanno perso dei soldi e non capiscono cosa stai passando. Magari avranno anche perso 50 dollari, ma io per esempio quest’anno ho perso un sacco di partite lottate e molto più di 50 dollari”. 

La questione del match fixing è dunque sempre più all’ordine del giorno, tanto che, recentemente, gli organizzatori degli Australian Open hanno deciso di eliminare la pubblicità di William Hill, nota agenzia di scommesse, dai teloni dei campi di Melbourne Park. A tale proposito, Nicole Gibbs ha espresso la sua opinione in occasione di un podcast della serie Beyond the Baseline su Sports Illustrated: “Mi disturba andare a un torneo e vedere che tra gli sponsor c’è una di queste agenzie di scommesse, sapendo che è proprio dagli scommettitori che mi arrivano tanti messaggi offensivi dopo una sconfitta. Non sopporto di vedere un bookmaker come title sponsor di un torneo, penso che si dia un messaggio sbagliato”. Nel caos delle scommesse è stato coinvolto anche il nostro Marco Cecchinato, il quale era stato condannato ad una squalifica di 18 mesi per aver alterato l’esito della sfida di primo turno del Challenger di Mohammedia del 2015, oltre ad aver scommesso su altri incontri insieme ad alcuni suoi giovani colleghi, venendo poi assolto dal Collegio di Garanzia del CONI sfruttando un difetto procedurale. Il palermitano, inoltre, negli ultimi giorni è finito nel registro degli indagati della Procura di Palermo, che ha avviato un’inchiesta per una presunta una frode sportiva che coinvolge ben 4 città e diversi match disputatisi sul territorio italiano.

Dopo l’inchiesta svolta da Buzzfeed e dalla BBC 11 mesi fa, Novak Djokovic, numero due del mondo, aveva avuto modo di analizzare il problema: “E’ difficile dire cosa sia giusto e cosa no, se faccia bene o no avere le compagnie di betting, le agenzie di scommesse, coinvolte nei grandi tornei. Ce ne sono molte che sui loro siti usano i nomi, i brand, le immagini di tornei, di giocatori, di match per trarne profitto: credo che sia un tema di cui valga la pena discutere”. La questione è stata ripresa dallo stesso Groth: “Se avere un’agenzia di scommesse come sponsor vuol dire per un torneo avere più soldi e poter aiutare i giocatori, allora non ci vedo niente di male. Certo, rimango disgustato da quello che vedo, ma alla fine, anche se (William Hill) non è più fra gli sponsor (dell’Australian Open), ci sarà comunque un mercato per puntare lì sulle partite”. Anche Roger Federer ha detto più volte come questo sia un problema reale e da affrontare prontamente. Adesso la palla passa alle varie sigle che governano il mondo del tennis.

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