Il guerriero Nadal è stanco solo di non vincere più (Semeraro), Rivoluzione Australian Open No, basta la fame di fenomeni (Azzolini), McEnroe e il tennis «Nessuno come me e Borg Federer non vincerà più Slam» (Piccardi), Scatta il primo Slam dell'anno: l'attesa per il ritorno di Federer (Clerici)

Rassegna stampa

Il guerriero Nadal è stanco solo di non vincere più (Semeraro), Rivoluzione Australian Open No, basta la fame di fenomeni (Azzolini), McEnroe e il tennis «Nessuno come me e Borg Federer non vincerà più Slam» (Piccardi), Scatta il primo Slam dell’anno: l’attesa per il ritorno di Federer (Clerici)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

II guerriero Nadal è stanco solo di non vincere più

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 16.01.2017

 

Negli Slam è all’asciutto dal Roland Garros 2014: «Finalmente nessun dolore, non mi capitava da tanti anni» Ho pensato a Moya appena ha lasciato Raonic. E zio Toni ha approvato subito la scelta» di Stefano Semeraro «Se non pensassi di poter alzare il trofeo, non sarei qui». Rafa Nadal forse non è più il Cannibale di qualche anno fa, ma non ha certo perso l’appetito. Crede ancora, fortissimamente, di potere tornare ad addentare una coppa dello Slam proprio come faceva da “Niño; da bambino, dopo aver sbranato l’avversario di turno – spesso Roger Federer – in finale. Il suo ultimo Slam risale al Roland Garros del 2014, dopo sono arrivate stagioni piagate dagli infortuni, l’ultimo quello al polso che lo ha costretto a saltare l’ultimo Wimbledon. Per la prima volta dal 2004 Rafa ha chiuso una stagione senza arrivare almeno nei quarti di finale in uno Slam – in Australia perse addirittura al primo turno, contro Fernando Verdasco, che stavolta proverà a ripetersi contro Novak Djokovic – ma a Rio, dove ha vinto l’oro in doppio e sfiorato il bronzo in singolare, ha dimostrato di essere ancora pronto a lottare. Anche contro il dolore. «Dall’infortunio sono guarito», ha spiegato ieri. «Ma l’ultima volta che ho giocato senza dolore è stato tanti anni fa». Piedi, ginocchio, polso, schiena. A trent’anni Rafa, oggi sceso al n.9 Atp, ha collezionato quasi più cicatrici che trofei, ma nel 2017 vuole tornare protagonista. Per riuscirci da qualche settimana ha assunto come consigliere eccellente un altro numero 1 spagnolo, Carlos Moya. «Appena ho sentito che Carlos non avrebbe più lavorato con Raonic, ho pensato a lui. Prima ho dovuto parlarne con mio zio Toni, perché lui è sempre stato il mio coach, la persona decisiva nella mia carriera, quindi non avrei mai potuto prendere una decisione del genere se Toni non fosse stato d’accordo. Con Carlos del resto mi sono allenato sin da quando avevo quindici anni, ci conosciamo alla perfezione, vive anche lui a Maiorca: non è una grande novità, no?». Vero. Più un amico che un “supercoach” sul modello di quello che è Ivan Lendl per Andy Murray o che era Boris Becker per Djokovic. “Charly” fra l’altro ha esordito promettendo che sarebbe stato comunque «molto severo» con Nadal, ma qualche giorno fa ha concluso che «Rafa è sin troppo severe con se stesso: deve rilassarsi un po’». Difficile che lo faccia stanotte contro Florian Mayer, il suo primo ostacolo a Melbourne. «Se non fossi competitivo, e per competitivo intendo battermi come ho fatto negli ultimi dieci anni per le cose che mi motivano veramente (leggi: vincere i grandi tornei – ndr), vi assicuro che me ne sarei rimasto a Maiorca a pescare o a giocare a golf». Più che il dolore, per Nadal vale ancora la fame. Di tennis.

 

Rivoluzione Australian Open No, basta la fame di fenomeni

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 16.01.2017

 

Quattro fermate del tram. Se vi va, gli Open d’Australia potete misurarli anche così. Oppure in campi, trentuno. In tetti, tre. In stadi e Show Courts, cinque. In ristoranti e fast food, più di trenta. Dal campo numero 15, all’estremità del Barak Bridge, al campo numero 28, l’ultimo nella zona est di Olympic Boulevard, occorrono buoni venticinque minuti di cammino. ll torneo è diventato una città, e forse rappresenta la parte più anglosassone rimasta a Melbourne, che ha issato insegne cinesi. È successo in cinque o sei anni. L’accordo con le aziende di Pechino e Shanghai ha portato qui soldi promessi e manodopera non calcolata. A colpo d’occhio, più la seconda Non è il tipo d’immigrazione che gli australiani volevano, ma se ne stanno accorgendo solo ora. Non si tratta di povera gente che arriva dal mare, straripando su vecchie bagnarole arrugginite. Sono immigrati che arrivano in business class, a migliaia, e comprano tutto. Anche il cuore della città. Ma il tennis no. Qui c’è la vecchia Melbourne, quella delle sfide fra le comunità che, nei decenni, hanno dato un’anima internazionale alla città conservando i ricordi delle loro origini. Le riconosci a colpo d’occhio, come le contrade al Palio di Siena Svedesi con i cappelli cornuti, da vichinghi carnascialeschi; sombreri messicani; pepli greci; sepal tiro sari F meta della staffetta genera a onde mantille spagnole. Gli italiani aggiungono un tocco da Repubblica fondata sul Pallone: indossano magliette della Juventus, del Milan, della Roma. In centro Il tennis, a Melbourne, non è mai stato banale. Il torneo ha girato tutta l’Australia, è finito persino in Nuova Zelanda, ma alla fine si è fermato qui, nello stato del Victoria che ha sempre conteso al Nuovo Galles del Sud (Sydney) la primogenitura australiana del nostro sport. Prima al Kooyong, dove si giocava sull’erba. Ora al Melbourne Park. E non fu davvero un passaggio di poco conto, quest’ultimo. Il primo Slam dell’anno, in quel 1988 che lasciò l’erba per il cemento elastico (rebound ace) e vide Steffi Graf inaugurare la stagione del Golden Slam (il Grand Slam più i Giochi Olimpici), ribadiva un punto di vista a suo modo rivoluzionario, già espresso dallo Slam americano dieci anni prima: per rendere popolare lo sport occorre portarlo alla gente, in mezzo alle città. A New York abbandonarono il Club dei ricchi di Forest Ilfll e traslocarono verso Manhattan. Qui fecero un passo ancora più lungo. Melbourne Park è a un tiro dal centro. E il torneo più cittadino che vi sia L’aria che tira Quest’anno non c’è aria di rivoluzione, non sembra quanto meno. Ma la lotta al grigiore che è il vero nemico di tutti gli sport è assicurata dalla quantità dei temi sul tavolo degli Open. A cominciare da due nuovi numeri uno che sanno di non essere tali, se non per i risultati che hanno colto nella passata stagione, entrambi per la prima volta E curiosa la domanda se sia più numero uno quello (o quella nel caso della Kerber) che sta davanti o il diretto inseguitore. Tant’è. Murray o Djokovic? Kerber o Serena Williams? È un gioco delle parti che genera discussioni, pronostici, attenzioni. Ed è bene che sia così. Ma lascia le passioni ad altri accadimenti, ancora più attesi, più desiderati, persino più vagheggiati. È l’anno dei ritorni, quelli di Fede-rer e Nadal, che è difficile dire quanto potranno durare, ancora a corto di muscoli e fiato come sono, ma induce a discussioni su chi dei due annetterà per primo un nuovo Slam, se Roger il diciottesimo, o Rafa il quindicesimo. Ultima, ma certo più futuribile delle altre, la domanda sui giovani in corsa, che vede tennis maschile e femminile quasi sullo stesso piano, per presenze e valori tecnici. Qualcosa dice che sarà una stagione decisiva, verso quel ricambio generazionale che solo il livello e la straordinaria longevità dei più forti ha trattenuto così a lungo. La stagione è cominciata con qualche squillo dei venticinquenni, Raonic che batte Nadal, Dimitrov che toma a vincere un torneo, Nishikori sempre fra i piazzati, ma Le amine Tra uomii Delpotro Abe potuto sorprendere. Tra le dome non c’è la Kvitora l’attenzione è per i ventenni, da Zverev a Kyrgios, da Fritz alla Osaka e alla Bencic. Sta a loro trovare i colpi per far breccia fra i primi dieci. Le assenze Due assenze importanti, Del Potro, che preferisce prenderla con calma, e forse fa bene, e la Kvitova, ghermita da un ladro e obbligata a sei mesi di stop. Delpo avrebbe potuto sparigliare le carte, nella sfida sin troppo risaputa fra Murray e Djokovic. L’anno passato ha battuto entrambi e a Rio ha persino fatto piangere Djokovic.

 

McEnroe e il tennis «Nessuno come me e Borg Federer non vincerà più Slam»

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 16.01.2017

 

La poltrona di re Murray, alla prova del primo urto della stagione. Djokovic e il guru, eterea presenza bianco latte dove prima sedeva l’oktoberfest di Becker. Il conto alla rovescia di Federer: ogni match, un lungo addio. Quel che resta di Nadal e della Williams innamorata. Più tutto il resto: le ambizioni delle giovani pistole, il presente incerto della piccola Italia. Scatta l’Australian Open e urgono lumi. In mancanza di Zarathustra, così parlò John McEnroe. John, subito la verità: i vecchi leoni Federer e Nadal sono ancora in grado di vincere titoli Slam? «Passerò per il solito antipatico, ma a me pare difficile che Roger a quasi 36 anni vinca sette match di fila tre set su cinque… Quanto a Rafa, rispetto al passato ha perso il vantaggio fisico che aveva sugli altri. Però è più giovane di Federer e sulla terra, se è in forma, credo abbia ancora qualche asso da giocare. Se devo scommettere su uno dei due, insomma, dico Nadal». II problema è l’eredità: Djokovic Fognini soffre nei top 10? il confronto Occasione con Roger sprecata e Nadal, oggi la vita Murray privata ha spalle è prioritaria larghe: Se Serena come n. 1 ha ancora avrà più fame, vince pressione due Slam Murray e Djokovic hanno meno carisma e patiscono il confronto. Come sopravviveremo al ritiro dei due big? «Egoisticamente spero che emerga un americano in grado di tornare a lottare per gli Slam: sarebbe importante per gli Usa. Il tennis ha bisogno di gente come Rafa e Roger: giocatori di personalità che abbiano voglia di farsi conoscere e amare dal pubblico». Chi ha in mente? «Nel tennis quello che conta è vincere Major. Jack Sock è un potenziale top io. Jared Donaldson e Frances Tiafoe, 38 anni in due, mi auguro riescano ad emergere. Ma non mi impressionano quanto Zverev o Kyrgios, che è il giovane più talentuoso che vedo in giro, a patto che riesca a tenere a bada il caratteraccio. E io ne so qualcosa…». Murray ha spalle larghe: reggerà il ruolo di numero i? «Avrà addosso una pressione supplementare: ha lavorato molto per arrivare lassù, se lo merita. Certo avere dietro Djokovic, Federer e Nadal non è un lavoro facile. Sono curioso anch’io di vedere come reagirà Andy da Melbourne in poi». Quella di Federer, ormai, sembra un’eterna ultima tournée… «Cinque o sei anni fa era un altro Roger… Che sia un giocatore pazzesco, è fuori discussione. Ma la vecchiaia è un fattore ineluttabile: alla sua età, credo che la priorità sia rimanere in salute. Ai quarti ce lo vedo ancora, dopo diventa tutto difficile. E sull’erba che avrà le chance migliori. Ma vincere Wimbledon, mah, io non ci scommetto». Fabio Fognini diventerà padre: una motivazione in più o un altro alibi? «Lui e Flavia sono una bella coppia, li vedo felici: non immagino Fabio affamato come qualche anno fa. Tornare alla soglia dei top io? Mmmm… E dura. Ho la sensazione che la vita privata oggi sia prioritaria e che il suo tennis, anche per colpa dell’infortunio, l’anno scorso si sia involuto. Sarei stupito di vederlo risalire in classifica: è un’impresa che richiede dedizione assoluta. Il ragazzo ha personalità, sarei felice se ce la facesse perché è divertente da vedere». La Serena innamorata: cosa si aspetta dalla Williams? «Se ha ancora fame, vincerà a mani basse almeno due Slam. Ma ora è fidanzata, comincerà a pensare al futuro, a una famiglia: non so quanto i record, dopo 22 Slam, le interessino ancora…». E lei, McEnroe, ricorda quando cadde innamorato del tennis? «A Londra, nel ’77, quando andai a Wimbledon per giocare il torneo Junior e arrivai in semifinale nel tabellone principale senza essere testa di serie: lì la mia vita cambiò». Nascerà mai un altro John McEnroe? «Melo chiedete sempre, ma non lo so. Il vero Nadal aveva il fuoco dentro: per l’adrenalina mi ricordava Connors. Djokovic ha provato a mostrare un altro lato di sé per reggere il confronto con le personalità di Nadal e Federer. Kyrgios ha carattere, forse troppo: quando sembra che non ci tenga a vincere i match si auto-boicotta da solo. Zverev è il prospetto migliore, fin qui. Ma deve continuare a crescere». Cosa fa funzionare la coppia Murray-Lendl? «Ivan è molto preparato: studia i match, guarda i video, esamina gli scout. La strada di Murray l’ha già percorsa: sa di cosa si tratta. Per qualche ragione, quando Lendl è in circolazione Murray gioca il miglior tennis della sua vita. C’entra sicuramente il rispetto di Andy per Ivan: solo facendoti stimare puoi portare un giocatore a un altro livello». Si sbilanci in un pronostico per l’Australian Open. «E lo Slam più imprevedibile: il primo, dall’altra parte del mondo, dove può fare un caldo bestiale.

 

Scatta il primo Slam dell’anno: l’attesa per il ritorno di Federer

 

Gianni Clerici, la repubblica del 16.01.2017

 

Riprendono gli Slam, con quello Australiano ora detto del Pacifico, in attesa che un futuro campione cinese giustifichi le intenzioni degli ex-maoisti felicemente imborghesiti di un quinto Slam Ricordo di passaggio che a pensare al termine Slam furono nel 1933 due miei colleghi americani, Danzig e Kieran, ai tempi in cui un borghese tennista, se non conosceva il bridge, era sospetto. Nel parlare di Australian Open, la domanda che più spesso mi è stata rivolta, nei club, è stata quella relativa a Roger Federer. La sua sosta di sei mesi, causa un pezzetto di menisco lacerato, ha sollevato ragionevoli dubbi intorno ad una ripresa competitiva. I più attenti, tra gli aficionados positivi, mi hanno sottolineato la sua vittoria con Gasquet in quella sorta di esibizione agonistica della Hopman Cup. Al contrario, i negativi hanno citato il match perduto contro Zverev, giovanissimo che il campione aveva spesso ospitato per allenarsi. Non direi che felici sudatine di due o tre set ci possano offrire indicazioni sul futuro del Campione. E nemmeno i primi due turni, che sembrano confezionati da un saggio direttore di tor- Serena Williams può superare Steffi Graf nella classifica degli Slam conquistati neo, come avveniva ai tempi in cui la clacsifica computer non era stata immaginata. n test sul futuro del Re del Decennio avverrà in terzo turno, nel match contro quell’abituale Grande Perdente di Berdych, giocatore che riassume in sé le caratteristiche che furono tipiche del Soldato Schweik di Drobny, e addirittura della Navratilova. Tutti costretti a drammatici anni di vicende perdute, prima di convincersi di potercela fare. Poiché non solo di Federer si vive, un’occhiata al tabellone mi fa rilevare alcuni dettagli. Per prima cosa, che l’ultimo Imbattibile, Djokovic, divenuto battibile e ora secondo a Murray, dovrebbe vincere il torneo, ma mr. computer non gli permetterebbe di ritornare primo se lo scozzese raggiungesse la semifinale. Altro motivo d’interesse è quello di Nadal. Sarei sorpreso, dopo tutti i fastidi muscolari di chi s’incrampa anche quando sorride, che avesse ragione il suo nuovo allenatore, Moya, nel tentativo di diminuire la competitività del suo assistito, in favore di una rilassatezza che potrebbe forse condurlo alla visita della splendida pinacoteca di Melbourne, invece che incatenarlo giornalmente ai crudeli court di cemento. Campi per altro coperti da non meno di tre ombrelli parasole, dal giorno in cui Becker, per una volta saggio, fece sapere agli organizzatori che è pericoloso, per la salute, correre su pavimenti arroventati a più di 45 gradi. Dopo una pensosa riflessione sul tabellone, arrischierei la mia malcerta reputazione indicando quali potrebbero essere i quarti di finale maschili: Murray-Federer, o Nishikori o Berdych. Poi Wawrinka-Kyrgios, mentalmente risanato, o Cilic. Quindi Raonic-Monfils, muscolarmente risanato, o Nadal privo di infortuni_ Infine Djokovic-Thiem. Terminata la mia superficiale analisi dei gentleman, dovrei rivolgermi alle dame, e agli italiani. Osservo, per iniziare, che per entrambi vale la ben nota affermazione di un collega di Gianni Mura, il defunto Moschettiere Cochet, ‘Le annate delle Campionesse sono simili alle vendemmie”. Sono davvero annate da dimenticare le ultime delle ‘ladies’. Da quando hanno prevalso il tennis bimane e i sonori grantoli ( grugniti più rantoli ) assistere a un match femminile è al più una giustificazione per il difficile acquisto di un biglietto. Biglietti messi ora in vendita a prezzi astronomici, cacciando i desueti fotografi dai loro abituali palchi a bordo campo. Se un motivo d’interesse semistorico sarà la possibilità della Old Serena di superare Steffi Graf nel numero di Slam Vinti (22 ), non avremo da esultare per la presenza italica, che negli ultimi anni ci entusiasmò, soprattutto grazie al Roland Garros della Schiavone e al Flushing Mea-dows delle Cugine del Sud, Pennetta e Vmci. Quasi tutte le nostre eroine, e i nostri tre maschietti ammessi al tabellone, si ritrovano purtroppo intorno ai trent’anni o li superano, e l’Italian tennis ha davanti a sé soltanto il successo degli spettatori degli Internazionali ma, temo, non quello degli attori. A meno che non si affretti a crescere l’unico bambino che ho avuto la ventura di ammirare, Lorenzo Rottoli, recente acquisto della società che gestisce nientemeno che Murray, e che ha fatto, auguro, un buon investimento. Mi rimane, temo, da sperare soltanto nella prossima apertura dell’Accademia di Bordighera del mio allievo Piatti, e nella crescita di un italico Raonic, che Riccado accudisce

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