Obradovic: “La sua vita è cambiata, per Djokovic il tennis non è più al primo posto”

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Obradovic: “La sua vita è cambiata, per Djokovic il tennis non è più al primo posto”

L’ex capitano serbo di Coppa Davis Bogdan Obradovic ha parlato dell’inaspettata sconfitta di Novak Djokovic a Melbourne e dei motivi che secondo lui non consentono al campione serbo di ritrovarsi in campo

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La clamorosa eliminazione del campione in carica Novak Djokovic al secondo turno degli Australian Open ha avuto ovviamente grande risonanza in patria. Uno dei primi a parlare in Serbia della sconfitta del n. 2 del mondo è stato l’ex selezionatore Coppa Davis Bogdan Obradovic, che da quest’anno ha lasciato il posto sulla panchina della nazionale serba al suo ex allievo Nenad Zimonjic.

“La prima impressione è sicuramente quella che Djokovic ha disputato forse il peggior match che gli ho visto giocare in un torneo del Grande Slam. Era lento, non era aggressivo, non era il Novak che ci aspettavamo di vedere in un torneo come questo” ha dichiarato Obradovic, che ha anche evidenziato come rispetto al periodo in cui dominava il circuito il fuoriclasse serbo questa volta non abbia trovato le energie fisiche e mentali necessarie per trarsi d’impaccio da una situazione di difficoltà. “Sicuramente quando giochi male e non riesci a ritrovare la forma hai un calo di energie. Novak in passato è riuscito a recuperare da situazione simili e alla fine a portare a casa la vittoria. Deve riflettere su questo. E ci sono ancora aspetti del suo gioco che deve sistemare”.

Obradovic è uno che Djokovic lo conosce bene, dato che fu il suo allenatore a livello juniores (c’era lui al suo fianco quando Novak si rivelò vincendo gli Europei under 14 a San Remo, nel 2001) e quindi può permettersi di allargare le sue considerazioni anche alla sfera personale del tennista di Belgrado e all’impatto della stessa sul suo gioco.

La sua vita personale è cambiata, la famiglia adesso è al primo posto e gli manca molto quando è lontano da casa. Novak è un grande campione, ha una personalità complessa. Tutti noi dobbiamo fare il nostro lavoro, ma per tutti la famiglia è comunque al primo posto. E quando sentiamo che qualcosa manca, allora c’è un problema. Credo che tutti noi, suoi tifosi connazionali, dovemmo fargli sentire il nostro sostegno, augurandogli di vincere e di difendere più punti possibili nei Masters 1000 americani e cercare di spodestare Murray” ha concluso il 50enne coach serbo, ancora fiducioso sulle future possibilità del suo ex allievo di tornare quello che era solo pochi mesi fa.

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