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Australian Open: crisi ai vertici del tennis femminile

Non sorprende che Serena Williams vinca uno Slam. Ma preoccupa che in semifinale arrivino anche altre due giocatrici attorno ai 35 anni e oltre, come Mirjana Lucic e Venus Williams

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– La finalista: Venus Williams
Venus negli ultimi due-tre anni ha recuperato massa muscolare rispetto al periodo più difficile (2011-12), quando le venne diagnosticata la sindrome di Sjögren. E anche sul piano della resistenza è tornata a livelli decisamente superiori se confrontata con le stagioni più complicate.
Non credo però che oggi il suo rendimento sia paragonabile a quello degli anni migliori, né a quello della sorella Serena. Naturalmente la mia opinione può essere sbagliata; segnalo però che Venus non vince una partita contro una top 10 da oltre un anno (settembre 2015), e che nel 2016 il suo bilancio contro le prime dieci è stato di zero vinte e tre perse. E di 1-6 contro le top 20.

A mio avviso il miglior livello raggiunto da Venus dopo la diagnosi della malattia si è visto in alcuni tornei fra l’estate 2014 (partita persa di un soffio a Wimbledon contro la futura vincitrice Kvitova, finale a Montreal) e l’autunno 2015, quando vinse a Wuhan e Zhuhai e venne fermata negli ultimi due Slam stagionali sempre da Serena (alla caccia del Grande Slam).
La semifinale di Wimbledon 2016 mi è sembrata invece più il frutto di un tabellone non impossibile, in cui ha sconfitto come giocatrici di ranking più alto la numero 12 Suarez Navarro (che non ha certo l’erba come superficie preferita) e la numero 33 Kasatkina. Mentre per arrivare in finale agli Australian Open 2017 la giocatrice più alta in classifica affrontata è stata la numero 27 Pavlyuchenkova.

Sarebbe però superficiale e ingeneroso spiegare tutto solo con la fortuna: Venus rimane una giocatrice di grande classe, esperienza, carisma e intelligenza. Doti straordinarie, ancora più importanti nei grandi appuntamenti; doti che possono diventare decisive per colmare le piccole dèfaillance determinate dall’età.
Aggiungo due aspetti. Il primo: negli Slam il giorno di riposo le permette di recuperare meglio gli sforzi tra un turno e l’altro. Secondo: la capacità di vincere quasi sempre i match alla sua portata, grazie alla notevole forza mentale nei momenti importanti.

– Le vincitrice: Serena Williams
A mio avviso Serena ha compensato la perdita di mobilità e di resistenza delle ultime stagioni con la maggiore potenza e la superiore attenzione sul piano tattico. Da quando collabora con Patrick Mouratoglou (cioè da metà 2012) ha smesso di trascurare le avversarie, considerandole come “intercambiabili” e ha invece iniziato a modificare le sue scelte di gioco in funzione delle caratteristiche di chi ha di fronte. Ad esempio rimango convinto che la sconfitta in finale agli US Open 2011 contro Samantha Stosur sia stata determinata anche da una condotta tattica generica, per non dire superficiale, che non ha tenuto conto a sufficienza delle specificità dell’avversaria. Un errore che non penso avrebbe commesso nel periodo Mouratoglou.

Negli ultimi anni, quando si tratta di affrontare un Major, Serena non lascia più nulla al caso, e i risultati si vedono: ventitreesimo Slam in carriera; superata Steffi Graf, e nel mirino Margaret Smith Court per il record assoluto (24 titoli), che travalica anche l’era open.
Serena ha imparato a gestirsi, anche tenendo conto degli inevitabili limiti determinati dall’età. Faccio un esempio: molto probabilmente al momento di preparare i quarti di finale ha ripensato agli ultimi US Open. A New York il calendario previsto era identico a quello di Melbourne: per la parte bassa di tabellone non c’era il giorno di riposo tra i quarti e la semifinale. A Flushing Meadows Simona Halep l’aveva obbligata a tre set durissimi il mercoledì, e poi giovedì, a distanza di poche ore, Pliskova l’aveva sconfitta in due set.

A Melbourne credo che Serena abbia ragionato all’incirca in questo modo: “Devo assolutamente evitare di andare al terzo set contro Johanna Konta, per arrivare in semifinale molto più fresca e riposata rispetto a New York”. E infatti contro Johanna, Serena è apparsa determinata come non mai: ha esordito con servizi alla velocità massima e con risposte a tutto braccio impressionanti, quasi brutali; come volesse intimidire fin dal primo quindici Konta, l’avversaria forse più in forma di questo inizio di stagione. L’ha superata in due set (6-2, 6-3) e in più, dopo 24 ore, non ha ritrovato Karolina Pliskova, ma una Lucic reduce da un match in tre set, e con una gamba in condizioni non otttimali. In pratica l’opposto di quello che era accaduto a New York. A quel punto il ventitreesimo Slam era sempre più vicino, e ha finito per vincerlo facendo percorso netto: 14 set vinti, zero persi.

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