Metti una mattina con Roger Federer e Rafa Nadal

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Metti una mattina con Roger Federer e Rafa Nadal

Il racconto di una domenica mattina diversa dalle altre, a guardare uno dei Federer-Nadal più belli di sempre tra brioches, biscotti, scaramanzie e teoria del caos

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“Domenica mattina per la finale la mia casa è aperta.”

È iniziata così, con l’invito via Whatsapp di Claudio dopo la vittoria di Federer in semifinale contro Wawrinka, la storia di una domenica mattina diversa dalle solite per quattro amici appassionati di tennis che si sono ritrovati a guardare una delle più belle finali di sempre di un torneo del Grande Slam. Ma allo spettacolo sullo schermo se ne è sovrapposto un altro: quello degli stessi quattro (più qualcun altro, ma non anticipiamo nulla) nel guardare la partita.

Sintetica descrizione dei personaggi. Claudio, il padrone di casa, è tifoso dichiarato di Federer, a parole abbastanza pacato. Ma se la moglie per il suo quarantesimo compleanno gli ha regalato una tuta – che ovviamente lui indossa solo nelle occasioni speciali, e questa finale è un’occasione speciale – con la scritta “Clauderer” potete immaginare che la pacatezza sia solo di facciata. Ervin, amico da anni di Claudio è anche lui un grande tifoso di Federer. Ma rispetto agli altri tre ha una particolarità: non sopporta Nadal (in realtà non sopporta tutti i “terraioli”, tanto da non giocare quasi mai con chi fa del tennis di rimessa il suo credo) e non fa assolutamente nulla per nasconderlo. Stefano, amico di Claudio sin dall’infanzia, è anche lui tifoso di Federer, ma molto più tranquillo. Forse perché dopo che la sua grande passione per il tennis lo ha portato a prendere il patentino di istruttore, come tutti gli istruttori ed i maestri veramente appassionati parlerebbe di tecnica e tattica di continuo, e quindi con un occhio guarda il match da quel punto di vista. L’ultimo dei quattro, da anni compagno di squadra di Claudio, in Coppa Italia prima ed in serie D poi, potete immaginare chi è.

Si comincia in formazione rimaneggiata: mentre dopo il break al settimo gioco – come da manuale del tennis d’antanFederer porta a casa per 6-4 un primo set giocato splendidamente, sempre concentrato ed aggressivo, Stefano ed Ervin devono ancora arrivare. Chi c’è non si lamenta, anche se bisogna aspettare che arrivino tutti per mangiare le brioches prese fresche in pasticceria, e soprattutto spera che nulla cambi nell’inerzia del match quando proprio subito dopo la fine della prima frazione arrivano anche gli ultimi due invitati ed il salotto di casa di Claudio è al completo in ogni ordine di posto. Fatto che non c’entrerà nulla, ma Rafa si riprende, è meno passivo, e con un doppio break vola 4-0 nel secondo. “Ecco, come al solito, appena Roger scende un attimo l’altro gli sale sopra” “Siamo tornati alle solite, Rafa non sbaglia adesso” i primi commenti. Caffè, brioches e fritole (tipico dolce del periodo di Carnevale in gran parte del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia) addolciscono un po’ l’amarezza per il calo di Roger. L’atmosfera è ancora lontana dall’essere elettrica, tanto che si riesce persino a spiegare alla figlia più grande di Claudio perché certi set finiscono a sei e certi invece a sette (senza entrare nel dettaglio della particolarità del quinto ad oltranza negli Slam). Nadal vince 6-3 e pareggia il conto dei set.

Il sontuoso terzo set di Federer, che spazza via letteralmente Nadal a furia di rovesci piatti anticipati e dritti vincenti comincia a sancire però la trasformazione della zona giorno della casa di Claudio in una qualsiasi curva Sud di uno stadio di calcio. Tanto che la figlia di Claudio preferisce guardare questi adulti che si comportano in maniera buffa, esultando e cercando di replicare in mezzo al salotto il colpo appena fatto da quello con quella strana maglia bianconera alla tv, che andare a giocare dalla vicina con gli altri bambini. “Ma come sta giocando Federer?” “Solo in paradiso si gioca così” i commenti del salotto federiano, che pensa di iniziare a vedere in alcuni recuperi meno efficaci del maiorchino (“Di solito su queste ci arrivava”) i segnali della stanchezza accumulata dal 30enne spagnolo nel match contro Dimitrov. 6-1 Federer.

L’entusiasmo però si trasforma nuovamente in scoramento dopo pochi minuti, in uno dei tanti up&down emozionali di questa finale, quando Nadal, da indomito lottatore, ottiene il break che lo porta sul 3-1 nella quarta frazione. La stanchezza ora sembra tutta addosso a Federer, quasi d’improvviso sentisse tutto il peso dei 35 anni e dei due match al quinto contro Nishikori e Wawrinka.
Ervin scrolla la testa (“Ecco, di nuovo. Finirà come al solito”), Claudio vorrebbe smorzare la tensione con qualche battuta ma finisce anche lui a fare considerazioni amare (“Come sempre, Roger gioca colpi fantastici, gli highlights saranno tutti suoi, ma alla fine vince Nadal”) e gli altri due si mettono a ragionare su alcuni aspetti tecnico-tattici, sui quali si capisce che potrebbero dissertare per ore (anche l’altro, oltre a Stefano, ha il patentino di istruttore e lo stesso difetto). Ervin, in evidente trance agonistica, richiama tutti all’ordine e alla visione del match. E quando a farlo è un ex giocatore di pallamano grande come un armadio, lasci tranquillamente stare i ragionamenti sulla rotazione del dritto mancino di Rafa e sulle scelte tattiche di Roger con il dritto da fondo. Per fortuna c’è una bambina, a cui di chi stia vincendo o perdendo non importa nulla, che distrae tutti con un “Porto le patatine?”. Un silenzio di sorpresa (Mangiare? Bere? Opzioni che non venivano considerate in quel momento dai quattro, anche se di brioches e fritole erano rimaste solo le briciole) viene sfruttato per l’offerta alternativa, che poi era quella desiderata: “Allora porto i biscotti, i Togo”. 6-3 Nadal, due set pari.

Quinto set. MTO Federer. Nonostante i Togo, la tensione si taglia con il coltello, tant’è che la figlia di Claudio e il figlio più piccolo di Stefano, che ogni tanto faceva capolino, capiscono che non è più il caso di stare in compagnia di quei quattro signori, che di solito sono simpatici ma cominciano ad avere i volti un po’ troppo trasfigurati, e si rifugiano in camera. Con i Togo rimasti, purtroppo.
Subito break Nadal nel primo game. Ervin, in piedi da metà del quarto, inizia a ripetere come un automa “Lo sapevo, lo sapevo. Non dovevo venire. Era una domenica così bella, c’è il sole. Perché, perché…” “Mia mamma ha anche fatto gli gnocchi in casa e farò tardi per vedere vincere di nuovo Nadal, non è possibile.” Gli altri tre sono in silenzio. Sembra veramente che finirà come è sempre finita tra i due a Melbourne. Poi cominciano ad arrivare palle break a favore di Federer come se piovesse, quattro nei primi due turni di battuta dello spagnolo, che però riesce sempre a cavarsela, stoppando ogni volta in gola il grido di entusiasmo che stava per esplodere e a far ricadere il salotto triestino nello sconforto. Ma sul 3-1 per Rafa ecco che accade. Il battito di farfalla che scatena l’uragano. Lavinia, la moglie di Claudio, rientra dal giro in bici. Era convinta che tutto fosse già finito e di trovare il marito che stesse preparando il pranzo, per ringraziarla di aver lasciato lui ed i suoi amici a guardare tennis tutta la mattina di una bella domenica di sole, ed invece si ritrova quattro ultraquarantenni fuori dalla grazia di Dio che esultano ed imprecano a cadenze regolari guardando il televisore. Ma li conosce tutti e quindi, rassegnata, si mette in un angolo a guardare anche lei. Eccolo, il battito della farfalla. Roger tiene il servizio e poi, dopo un game pazzesco per i colpi sfoderati dal 35enne di Basilea e la capacità del suo avversario di non mollare mai, alla seconda palla break strappa finalmente la battuta al maiorchino e poi tiene facilmente il suo per portarsi in vantaggio sul 4-3. Lavinia accenna solo a un “Vado a cambiarmi…” quando i quattro, praticamente all’unisono, la guardano e dicono: “No, adesso non puoi muoverti da qua.”

La farfalla deve continuare a battere le ali. L’uragano non deve placarsi proprio ora. Lei, saggia e paziente, ha capito che i bambini da tenere buoni non sono quelli che stanno giocando in cameretta ma quei quattro in salotto. Anche perché da un paio di pugnetti che sfodera quando meno te lo aspetti, scopri che anche lei – forse per proprietà transitiva familiare – è una simpatizzante di Federer.
Insomma Lavinia rischia la broncopolmonite ma rimane al suo posto. Ervin ad ogni punto del campione di Basilea si inginocchia a terra come Borg dopo il quinto Wimbledon, per poi insultare Nadal ogni volta che annulla il vantaggio di Federer. Claudio non sa se essere più preoccupato per la moglie che rischia di ammalarsi o per le occasioni a ripetizione che Federer non sfrutta, dato che nell’ottavo game da 0-40 Rafa recupera sul 40 pari. Stefano non abbandona del tutto le analisi tattiche, ma si tuffa letteralmente sul divano quando si rende conto che aveva modificato lo status quo (“Ma perché mi sono alzato, devo tornare là”). Anche chi scrive perde il suo aplomb che il ruolo di collaboratore di questa testata un po’ ora gli impone ed ad un certo punto, all’ennesima palla break sfumata per Roger, si lascia andare ad un paio di imprecazioni simili a quelle di Ljubicic seduto a fianco di Mirka (ebbene sì, un paio di volte, quando ha chinato la testa, è parso proprio che Ljubo dicesse qualcosa di non proprio elegantissimo in croato). Ma non c’è aplomb che tenga dopo lo scambio di 26 colpi terminato con un dritto vincente lungolinea di Federer che lo porta nuovamente a palla break. A casa di Claudio e Lavinia si esulta quasi come dopo il gol di Grosso in Italia-Germania ai Mondiali del 2006. C’è chi stava già per abbracciarsi, ma Rafa è sempre Rafa: con la prima di servizio annulla il vantaggio dell’avversario. Ma siamo in zona “Federer Moments”, come diceva David Foster Wallace, e dopo un altro dritto vincente dello svizzero, anche Nadal deve mollare la presa. Break per il 5-3, Roger serve per il match.

Ma… Ora c’è il terrore negli occhi dei quattro. No, Roger non ha chiamato un altro MTO. Peggio, molto peggio. Lavinia è uscita dalla stanza. Un momento di lucidità mentale: è ovvio, dopo 3 ore in bici doveva pure cambiarsi. E poi dai, non può essere, è solo scaramanzia.
Sarà, ma tant’è: il mantra “Metti la prima Roger, metti la prima” ripetuto ossessivamente si rivela inutile, Federer non ne mette una e nello scambio sulla seconda dello svizzero prevale il maiorchino. Che ha due occasioni consecutive per il controbreak. Ervin si confida “Ho quasi sessant’anni, non posso soffrire così”, Claudio inizia a ripetere “No no no”, Stefano prova ad aggrapparsi al divano portafortuna.
Ma attenzione, Lavinia ritorna. Anche se è tornata indossando un accappatoio bianco con inserti oro che ricorda molto il cardigan di Federer di quel Wimbledon 2008 perso in finale 9-7 al quinto in finale con Nadal. Una somiglianza che chi scrive ha notato, ma ha tenuto scrupolosamente per sé. Sarà sicuramente un caso, ma la farfalla è tornata al suo posto e l’uragano svizzero torna a scatenarsi: ace, dritto inside-out vincente e altro ace. Match point Federer. C’è ancora però da vedere un finale thrilling, dove si erge a protagonista persino “Occhio di falco”. Che oggi è dalla parte di Federer, quasi a voler confermare che oggi tutto è diverso da come è sempre stato: prima ratifica che la seconda di servizio dello svizzero è buona e poi, sul secondo match point, certifica che il dritto del campione di Basilea è sulla riga. 6-3. Game, set, match Federer. Roger esulta e piange, il salotto di Trieste pare casa Federer a Basilea: tutti a darsi il cinque, Claudio apre la bottiglia di spumante che aveva messo in frigo di nascosto e si brinda al diciottesimo Slam del 35enne svizzero. Ma poi si brinda anche a Rafa Nadal, specie dopo le bellissime parole del maiorchino durante la premiazione.

Perché puoi essere tifoso di Federer quanto vuoi, ma sai che Federer non sarebbe stato Federer senza Nadal. E che partite come questa sono state possibili perché in campo c’erano loro due. E alla fine, Ervin ha mangiato gli gnocchi della mamma (con un po’ di invidia da parte degli altri), i Togo sono finiti e, soprattutto, Lavinia non ha preso il raffreddore.

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