Davis, che rimonta Fognini segna il 3-2 e zittisce Maradona (Cocchi), II solito Fognini alla fine vince lui (Viggiani), Brividi, rimonte e baci. È l'Italia secondo Fognini (Azzolini), Fognini maratoneta al bacio (Piccardi), La contagiosa follia di Fognini porta l'Italia ai quarti (Rossi), Fognini manda in estasi l’Italia (Semeraro)

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Davis, che rimonta Fognini segna il 3-2 e zittisce Maradona (Cocchi), II solito Fognini alla fine vince lui (Viggiani), Brividi, rimonte e baci. È l’Italia secondo Fognini (Azzolini), Fognini maratoneta al bacio (Piccardi), La contagiosa follia di Fognini porta l’Italia ai quarti (Rossi), Fognini manda in estasi l’Italia (Semeraro)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Davis, che rimonta Fognini segna il 3-2 e zittisce Maradona

 

Federica Cocchi, la gazzetta dello sport del 7.02.2017

 

Nella bolgia di Buenos Aires, davanti a Maradona, l’azzurro risale da 0-2 ed elimina i campioni in carica Federico Cocchi Avete presente quel proverbio che recita «il buongiorno si vede dal mattino»? E’ falso. Basta considerare l’andamento di questo primo turno di Coppa Davis tra i campioni in carica dell’ Argentina e l’Italia, concluso ieri con la vittoria di Fognini su Pella al quinto set. Venerdì, sulla terra rossa del Parque Sarmiento, Paolo Lorenzi e Andreas Seppi avevano preparato il terreno al doppio di Bolelli e Fognini per chiudere 3-0 e volare ai quarti. E invece no. Festa rimandata alla domenica con Paolo Lorenzi che dopo 4 ore e 14 ha dovuto soccombere a Carlos Berlocq, trascinatore di questa Argentina di riserva, senza Del Potro e senza Delbonis e per questo molto più abbordabile rispetto all’Italia in formazione completa. La pioggia ha costretto gli azzurri a giocarsi il tutto per tutto ieri, di lunedì, sotto un sole cocente e le tribune stracolme. Di fronte Fognini, tornato proprio ieri numero uno italiano, contro Guido Pella, mancino e promessa mai completamente mantenuta delle racchette argentine. Sulla carta un match rapido e indolore, ma a Baires è andato in scena un dramma in cinque atti. La presenza di Maradona, sugli spalti nella prima giornata, quella del due a zero Italia, pareva di buon presagio. Era l’assenza di Fognini il problema. Si, perché per i primi due set, del gladiatore ligure, c’era solo l’involucro che, seppur pregevole, faceva temere un epilogo catastrofico. Fabio esordisce cedendo il servizio con due doppi falli nel primo game e trovandosi subito sotto 2-0. Fognini non c’è, anche il suo atteggiamento è pericolosamente svagato e irritante. Il dritto non va, i gratuiti nei primi tre game sono addirittura nove, e in un attimo Pella scatta avanti 4-0 anche se è proprio nel quarto gioco che l’azzurro sembra dare segni di risveglio. Si procura tre palle break e non le capitalizza, ma subito dopo tiene il servizio a zero. Il primo parziale si chiude 6-2 in 37 minuti, con 24 gratuiti di Fabio e la bolgia del Parque Sarmiento scatenata contro di lui. Il secondo set è più combattuto, Fognini parte in vantaggio, sembra un po’ più reattivo e nel quarto gioco concretizza la sesta palla break, vanificata subito dopo dal controbreak di Pella, numero 80 del mondo, che alla fine porta a casa anche la seconda frazione per 6-4. L’unica speranza è che Fognini si esalti nella lotta all’ultimo sangue come già ha dimostrato di saper fare. Agli argentini non pare vero di potersi vendicare dell’eroe di Mar del Plata che aveva conquistato tre punti mandandoli allo spareggio nel 2014. La svolta arriva all’ottavo gioco del terzo set, quando l’azzurro fa il break e va 5-3 servendo per il set. Missione compiuta, vita allungata, c’e ancora da soffrire, ma quello che soffre di più è Pella che sente la terra rossa tremare, e non per i salti dei sostenitori. Fabio apre il quarto set salvando due palle break, la spinta propulsiva del possibile miracolo è grande, e il nostro si guadagna il quinto set. Pella si squaglia, Fabio cresce e si vedono in campo gli equilibri reali. Per la settima volta il nostro conquista un match al quinto set dopo essere partito sotto di due. Esplode la gioia azzurra, anche se con due giorni di ritardo sul previsto, mentre gli animi si accendono e tra le due panchine si va vicini allo scontro non solo verbale. «Questo è un pubblico impossibile — dirà il capitano Barazzutti — insulti e tifo contro, Fabio è stato bravo a non reagire». Fognini bacia la terra ed esulta: «Sono felice, perché ce l’ho fatta anche se non ho giocato bene. E’ una grande vittoria del gruppo». Ad aprile si giocano i quarti in trasferta contro il Belgio. Servirà un’altra Italia.

 

II solito Fognini alla fine vince lui

 

Mario Viggiani, il corriere dello sport del 7.02.2017

 

Coppa Davis e Fabio Fognini, un’accoppiata micidiale. Lo sa bene Corrado Barazzutti, capitano azzurro di lunghissimo corso, ogni volta in panchina sempre più accartocciato su se stesso. “Barazza, che ha cercato di limitare le sue sofferenze separandosi dopo quindici anni dalla squadra femminile di Fed Cup, ieri è stato messo a durissima prova dal Jekyll e Hide dell’Italtennis, che ha incamerato il punto decisivo per la qualificazione solo dopo 4h15′ di gioco contro Guido Pella, al quale aveva ceduto i primi due set. Ma alla fine Fognini e Barazzutti hanno festa insieme in mezzo al campo in terra rossa allestito in qualche modo al Parque Sarmiento di Buenos Aires. E con loro i superstiti della spedizione in Argentina: non c’erano più infatti i giocatori che venerdì avevano portato l’Italia sul 2-0, in quanto Paolo Lorenzi era volato in Ecuador per il torneo di Quito e Andreas Seppi addirittura in Bulgaria per quello di Sofia. Dopo aver quindi rischiato la remontada albiceleste, per i punti ceduti sabato in doppio e domenica al gladiatore Carlos Berlocq, gli azzurri hanno così eliminato per 3-2 i campioni uscenti, i quali però erano privi, va ricordato, dei loro attuali numeri 1 e 2 (Del Potro e Del-bonis), con il 3 spettatore forzato dopo un problema fisico (Schwartzman), i14 infortunato e assente da tempo dai campi (Monaco) e il5 proprio ieri già impegnato a Quito (Zeballos)… Nei quarti i nostri andranno ancora in trasferta: ad aprile in Belgio, per vedersela con David Goffin e compagni. LA PARTITA. Fognini ha iniziato come purtroppo accaduto sabato in doppio: male, cioé. Pessimo il primo set, nel quale è andato sotto 0-4 (il primo break consegnato con due doppi falli consecutivi!). Appena migliore il secondo, nel quale è anche andato avanti di un break (3-2) per poi cederlo a 4, spesso in difficoltà sul timing soprattutto con il dritto, nonostante un Pella concreto sl ma soprattutto portato al compitino di metterla dentro, senza cercare mai la soluzione vincente. Per fortuna la storia ha avuto una svolta nel terzo set. Fabio ha preso a comandare gli scambi, l’avversario sotto Botta e risposta con il pubblico Poi scaramucce in campo mentre i nostri esultano pressione è andato in affanno e i16-3 ha ricompensato Fognini nonostante il disastroso 1 su 16 nelle palle-break (diventate 5 su 22 alla fine del match). Hyde s’è dissolto, Jekyll s’è manifestato in tutta la sua concretezza e anche nelle sue intuizioni più estrose ma finalmente risolutive, e a quel punto non c’è stata più storia, specie dopo aver incassato anche il quarto set per 6-4. Pella perla prima volta è arrivato al quinto in un match di Davis, sesta in assoluto in carriera, e nel quinto e decisivo parziale poco ha potuto contro un Fognini sempre più in palla, cresciutissimo rispetto a quello nel pallone di inizio partita: 6-2 per Fabio, che ha esibito il meglio del repertorio e anche un tweener qua-si letale. IL POST PARTITA. Anche ieri in diverse circostanze Fognini ha avuto modo di beccarsi con il pubblico argentino, che s’è fatto sentire come sempre e che s’è beccato le reazione verbali e anche gestuali del ligure. Durante i festeggiamenti azzurri in mezzo al campo c’è stata infine qualche scaramuccia tra Schwartzman e qualcuno dei nostri, neutralizzata anche con l’intervento precauzionale della Security. «Ho iniziato male, nei primi due set, ma ho tenuto duro, sono riuscito a giocare sempre meglio e la partita è girata», le parole di un Fognini felicissimo, tra un coro e l’altro, mentre il povero Pella in lacrime era consolato dai suoi. «Fabio è stato bravissimo, nonostante qualche insulto di troppo arrivato dal pubblico. E stata una sfida durissima, che si era complicata: adesso lasciateci godere per questa vittoria, al Belgio penseremo quando sarà», il commento di Barazzutti. LA CABALA. Anche in questa quarta sfida di Davis tra Italia e Argentina il fattore campo non ha prevalso: due su due per gli azzurri nelle trasferte sudamericane, altrettanto per gli albiceleste qui da noi.

 

Brividi, rimonte e baci. E’ l’Italia secondo Fognini

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 7.02.2017

 

Il bacetto alla terra rossa, ci sta. L’applauso di Maradona, pure, fa parte del rispetto dovuto ai vincitori. Le lacrime di Guido Pella sono un classico della sceneggiatura di ogni Coppa Davis che si rispetti C’è sempre qualcosa di eroico nel vincere al quinto set, in rimonta, e dopo un incontro quasi infinito, quattro giorni pieni e tribolati, costruiti su molti sussulti e infiniti stenti Così, l’eroe è ancora Fabio Fognini, che ci tiene all’azzurro e al quinto set mostra di avere una marcia in più, che non tutti hanno. Eppure, non c’era alcun buon motivo per il quale il panchinaro Pella potesse battere il nostro. Nessuno. Nel palinsesto tecnico del match, un successo dell’argentino non stava né in cielo né in terra, né al Parque Sarmiento di Buenos Aires né su qualsiasi altro campo. Tranne forse nei Campi Elisi del nostro sport, laddove il buon Pella ha gaiamente pascolato per buoni due set e mezzo, fingendosi quel giocatore che non è mai stato. E allora, perché tanti strapazzi, tante ansie e tante rincorse per un risultato che sembrava scontato? Se vi va di accontentarvi, il vecchio refrain che nella Coppa può succedem di tutto, potrà farvi compagnia I capita- Avvio diesel Forse Fognini pensava che sarebbe toccato ancora a Seppi scendere in campo L’analisi Fabio: (Ho vinto bene, alla fine. Ho lottato. Ho messo in campo quel che serviva» ni amano ripeterlo, tanto più quando non ne accano una. Il fatto è che Fognini è sceso in campo teso e contratto, forse poco preparato (nella testa) a una disputa che non pensava di dover dirimere, forse convinto che la scelta cadesse su Seppi che onorevolmente lo aveva sostituito nella giornata d’avvio, quella del mal di panda Difficile dirlo. Lui, Fabio, è convinto di aver giocato bene, anche quando Pella guidava il match. Non è vero, bazzicava per il campo senza meta, tirava stracci con il dritto e nemmeno centrati, e i punti che servivano all’argentino per convincerlo che stesse dominando, era lui a procuraglieli. La riscossa Di certo, il gaucho di scorta Guido Pella, oggi numero 80, un anno fa 39, ci ha creduto da matti, e ha fatto tremare Fognini. Almeno finché l’azzurro non ha trovato il punto della riscossa. Nell’occasione, l’ottavo gioco del terzo set, break alla sesta palla utile. Un punto che ha liberato l’azzurro, gli ha restituito quella calma che le mattane del pubblico i cori fuori luogo e fuori tempo i rumori molesti mentre stava per colpire uno smash o una volée, avevano liso. Ne è sortito un nuovo Fognini, nella sua versione più solida e fattiva, non ancora luccicante (siamo a inizio stagione, via) ma sufficiente per abbagliare il povero Pella, sempre più stralunato e meno lucido. «Ho vinto bene, alla fine. Ho lottato, ho messo in campo quello che serviva. All’inizio Pella non sbagliava nulla, poi sono venuto fuori io», dice sbaciucchiante il Fognini, generoso con se stesso. Ma va bene lo stesso. E ora? Si va ai quarti. Zoppicando, ma si va. E tanto basta. Forse. O magari no, era giusto chiedere di più alla squadra, contro un Argentina costretta a mandare in campo la sua terza formazione. Non era il match più semplice, per le esagerazioni del pubblico e per il fortunale che ha colpito Buenos Aires domenica, ma sono stati corsi rischi inutili. Ora il Belgio, o meglio, ad aprile, dal 7 al 9, appena terminati i Masters 1000 sul cemento americano, Indian Wells e Miami Si giocherà da loro, su un campo indoor e velocissimo. Forse rientrerà Goffin e Dards è stato l’eroe del match con la Germania. Se lo chiamano Squalo, in un Paese che il mare se lo sogna, un motivo ci sarà.

 

Fognini maratoneta al bacio

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 7.02.2017

 

E pensare che poteva finire tutto 48 ore prima, senza tormento però anche senza estasi, quando al guado del doppio di sabato Fabio Fognini aveva steccato il dritto del 3-1 Italia sull’Argentina, quella bestia morente ma vivissima che ci ha tenuti nell’arena di Buenos Aires per cinque match, 22 set e 201 game mentre il Belgio aspettava nei quarti di Coppa Davis seduto in poltrona, dopo aver commesso il fratricidio degli Zverev. Ma poiché nulla succede per caso nemmeno nel caos arroventato del Parque Sarmiento, quella bolgia al centro della quale l’ultrà Diego Maradona si batte sul petto come nella finale del Mondiale ’86, è sempre lui —il Fogna — a espiare l’errore, le bestemmie, i gestacci (in archivio va pure quello di Seppi dopo il punto su Berlocq), la partenza al rallentatore di ieri, quando sul 2-2, con i destini della patria in mano, è scivolato sotto 6-2, 6-4 al cospetto di Guido Pella da Bahia Blanca, troppo brutto per essere vero. È la Davis, bellezza, pura essenza di bassi istinti umani («Un pubblico difficile — chioserà capitan Barazzutti appena ripreso un filo di colore —. Non è stato solo rumoroso: ci ha insultati in continuazione, al punto che si faceva fatica a stare zitti…»), pugni dati e presi, alternanza di vette e sprofondi. «Ho iniziato male. Ho lottato. Alla fine, meno male, è uscito qualcosina». Non dirà altro, Fognini, appena tornato n.1 d’Italia (45 ), uomo-Davis nel midollo per la generosità con cui si sa regalare quando in ballo c’è la squadra, un bacio alla terra rossa del centrale e via, in tuffo tra le braccia dei compagni. Perché alla fine la Davis di Baires è stata la tragedia in cinque atti vinta dall’Italia di Fabio, chiamato alle armi in quanto portatore sano di talento superiore a Seppi e di un animus pugnandi con pochi imitatori in circolazione. Il pur valido Paolo Lorenzi, coinvolto in una maratona diluita all’inverosimile dalla pioggia e dal mostruoso sostituto (Berlocq) del sostituto (Schwartzman), non era riuscito a chiudere la faccenda domenica e allora rieccoci qui, quasi fuori tempo massimo, contro i detentori dell’insalatiera decapitati da scelte egoiste (fattacci loro), in terra straniera e ostile. Sotto due set a zero, svagato e irritante come solo lui sa essere, Fabio la smette di forzare ogni palla e — lentamente ma inesorabilmente — entra nell’ottica di un match di sacrificio, quasi una penitenza quaresimale, mentre il mancinaccio dall’altra parte della rete pedala a testa bassa, eccitato dall’odore del sangue. Alternando delicatessen a obbrobri, cucendo punto su punto lo sbrego con la pazienza (e i nervi freddi) del più certosino dei sarti, il Fogna ottiene un sospiratissimo break (6′ occasione) sul 4-3 del terzo (6-3), entra finalmente anima e corpo nell’incontro, rumina il quarto (6-4), allunga nel quinto (6-2), quando i nodi del tennis di Pella vengono al pettine, insieme alla stanchezza e alla mortificazione di vedersi rimontato davanti al suo pubblico. È il tripudio. «Fabio era teso e contratto, è stato bravo a conservare lucidità nonostante l’ambiente. Questa sfida è stata una grande fatica: vincerla è il giusto premio per una squadra eccezionale che contro i belgi, in Belgio, darà ancora tutto» dice Barazzutti. Era solo un primo turno (appuntamento ad aprile); vietato ai deboli di cuore, però. E adesso Malbec di Mendoza per tutti.

 

La contagiosa follia di Fognini porta l’Italia ai quarti

 

Paolo Rossi, la repubblica del 7.02.2017

 

Questa pazza, pazza Coppa Davis. O forse solo pazza Italia? Gli azzurri ottengono i titoli di coda e il lieto fine, ma tocca fare un riassunto delle puntate precedenti. I nostri ( Lorenzi, Fognini, Seppi e Bolelli ) viaggiano in Argentina da favoriti ( assenti Del Potro e Delbonis, gli eroi di Zagabria 2016 ) e lo confermano prendendosi un venerdì da leoni grazie alle vittorie di Lorenzi (su Pella) e di Seppi ( su Berlocq ), prenotando il tavolo del quarto di finale, consci che il punto del doppio fosse sicuro. Ma la Davis non sarebbe bizzarra, se non accadessero fatti che vedono protagonisti gente come Darcis ( Belgio) e Skugor (Croazia), che qui compiono exploit mai visti nei tornei Atp. E succede qualcosa del genere anche a Buenos Aires, con il vento che cambia al Parque Sarmiento: Bolelli e Fognini si fanno letteralmente intortare dal duo Berlocq/Mayer, con il primo che gioca a fare il Nadal muscolare della situazione, e addirittura si permette di zittire Maradona che, sugli spalti, fa troppo casino. Berlocq, chiamato come riempitivo, trascina il doppio e poi domenica, tra un lampo e una folata di vento, s’impone al quinto set su Lorenzi. Clamoroso, Argentina-Italia 2-2. Capitan Barazzutti decide di affidarsi a Fognini, il ct Orsanic conferma Pella. Non dovrebbe esserci match, ma è l’argentino che prende a pallate l’azzurro, travolto nel primo set e rimontato nel secondo ( aveva avuto un break ). Il baratro è a un passo, ma Fognini non indossa a caso la collanina del “Mai Mollare”, e si rimette in riga con se stesso, prima di tutto. Non pensa ai 110 errori del match, ma a come prevenire Pella. Servizio, smorzate, accelerazioni e colpi a uscire rimettono a posto il sudamericano, che cala alla distanza, essendo andato oltre i propri limiti per almeno un paio d’ore. C’è comunque tempo, con Fognini, di discutere con qualche tifoso che lo infastidisce, ma stavolta Fabio non si distrae più: ottiene il terzo ( 6-3 ) e quarto set e a questo punto nessuno ha più dubbi su chi ne uscirà da vincitore: psicologicamente aveva già avuto la meglio, con colpi anche da cineteca. Ecco cos’è la Davis, un roller coaster di emozioni. E il pubblico di Bai-res, che ha cantato fino al match point di Fognini, applaude l’azzurro che s’inginocchia e bacia la terra rossa. Era solo un primo turno, sembrava un film. L’Italia è nei quarti, e resta nel World Group anche per il 2018. Ora preparerà la trasferta di aprile in Belgio immaginando di ripetere Napoli 2014: ottenere cioè la semifinale.

 

Che Fognini. Italia ai quarti di Davis

 

Stefano Semeraro, la stampa del 7.02.2017

 

Rimonte, colpi di scena, pubblico indemoniato, lacrime e sudore. Insomma: la Coppa Davis, scintillante e sordida come sempre. Contro i campioni in carica dell’Argentina, orfani di Del Potro e del numero 2 Federico Delbonis, l’Italia aveva sperato di portare a casa con meno patemi il primo turno giocato sulla terra battuta del Parque Sarmiento di Buenos Aires. Invece ci sono volute oltre 18 ore di battaglia, le ultime 4 (più 15 minuti) impiegate ieri da Fabio Fognini per domare in 5 set (2-6 4-6 6-3 6-4 6-2) il modesto ma volenteroso Guido Pella, n. 84 del mondo, e strappare il sospirato 3-2 che ci porta nei quarti dove ad aprile incontreremo il Belgio (in trasferta). Prossima sfida in Belgio Alla fine anche Maradona in versione capo tifoso ha applaudito, ma dopo il bacio di Fognini alla terra e lo scatenarsi dei festeggiamenti degli italiani ci sono stati momenti tesi fra gli azzurri, che sono usciti scortati dalla sicurezza, e un pubblico che anche ieri ha disturbato in continuazione il gioco («Non facevano che insultarci», ha detto Barazzutti). Il prolungarsi del rocambolesco match del 2-2 vinto domenica da Berlocq. Fognini risale da 0-2 a 3-2 Azzurri ok in Argentina Paolo Lorenzi e interrotto due volte per pioggia aveva costretto a rinviare l’ultimo decisivo singolare a ieri, e già si affacciavano alla memoria i precedenti del 1996 a Nantes, quando gli azzurri si fecero rimontare da 2-0 contro la Francia, e della sconfitta di Maceiò contro il Brasile nel 1992, chiusa con un giorno di ritardo. Ad aggravare la situazione ci ha pensato Fognini, entrato in campo teso, non ancora a posto dopo la gastroenterite che lo ha tenuto a riposo venerdì, e ritrovatosi velocemente sotto di due set. L’Italia, che sabato in doppio era arrivata a un punto dal 3-0, era ora a un set dal flop. A un passo dal baratro è stato però bravo Fognini non solo a ritrovare il suo tennis, girando la partita con il break nel terzo set, ma anche a tenere saldi i nervi davanti alle continue provocazioni e chiudere al quinto dopo aver strappato due volte il servizio a un Pella ormai fané. «All’inizio giocavo male, poi qualcosina è uscito… – ha detto l’azzurro dopo aver fato roteare la maglietta tricolore – Questo è un grande gruppo».

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