Caso Giorgi: Camila squalificata dalla FIT... ma non è tesserata!

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Caso Giorgi: Camila squalificata dalla FIT… ma non è tesserata!

Discutibili le motivazioni della sentenza che ha squalificato Camila Giorgi per nove mesi, per il rifiuto alla convocazione in nazionale. Il mancato tesseramento FIT di Camila rende possibile una sua squalifica? La testimonianza di Barazzutti. I contratti tra le parti. Il contegno processuale di Camila Giorgi

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Il Tribunale Federale della Federtennis ha pubblicato le motivazioni della sentenza che ha squalificato Camila Giorgi per nove mesi condannandola anche ad una sanzione pecuniaria di € 30.000,00. Undici pagine con le quali il Tribunale federale ha ricostruito tutta la vicenda che ha determinato la rottura dei rapporti tra la maceratese e la federazione con alcuni passaggi, nelle motivazioni, per la verità abbastanza discutibili, in particolare circa il mancato tesseramento della giocatrice italo-argentina. Ma andiamo con ordine e con una doverosa premessa. In questo articolo cercheremo di esprimere  un commento tecnico (e quindi probabilmente anche un po’ noioso per i non esperti di diritto) alla sentenza ed ai suoi molteplici aspetti: le critiche ad alcuni aspetti del provvedimento ovviamente non impediscono riflessioni di altra natura sull’intera vicenda Giorgi-Fit, in particolare con riferimento ad eventuali inadempimenti contrattuali della giocatrice.

La contestazione mossa dalla Procura Federale alla Giorgi riguarda la “violazione dell’art. 1, commi 1, 2 e 4 del Regolamento di Giustizia e dell’art. 19, comma 1 del Regolamento di Giustizia, per aver contravvenuto all’osservanza dello Statuto e dei Regolamenti Federali, mantenendo una condotta non conforma ai principi della lealtà, della probità e della rettitudine sportiva, non rispondendo ad una convocazione per una rappresentativa nazionale”. Nel dettaglio il comma 4 dell’art. 1 prevede che “Gli atleti selezionati per le rappresentative nazionali sono tenuti a rispondere alle convocazioni e a mettersi a disposizione della Federazione, nonché ad onorare il ruolo rappresentativo ad essi conferito; gli affiliati, da parte, sono tenuti a mettere a disposizione della F.I.T. gli atleti selezionati per far parte delle rappresentative nazionali”. L’art. 19 prevede invece che “Gli atleti selezionati per le rappresentative nazionali che rifiutano o non rispondono alla convocazione e non si mettono a disposizione della Federazione, ovvero non onorano il ruolo rappresentativo ad essi conferito sono con sanzione pecuniaria e con sanzione inibitiva fino ad un massimo di un anno”.

La vicenda, come noto, trae origine dalla mancata partecipazione di Camila Giorgi al play-off di Fed Cup tra Italia e Spagna dell’aprile 2016. Con una mail del 04.04.16 l’azzurra comunicava la non accettazione della convocazione dando il via alle indagini della Procura Federale. Dalla ricostruzione in fatto svolta dal Tribunale emergono alcuni elementi interessanti anche se non rilevanti ai fini del giudizio. Camila Giorgi ha sempre rifiutato un contraddittorio con la Procura Federale nella fase precedente al deferimento e, nonostante gli inviti a comparire nel corso del procedimento innanzi al Tribunale Federale ha sempre preferito non presentarsi.

La difesa della Giorgi, al fine di dimostrare nel merito l’insussistenza dell’addebito, ha sostenuto la tesi della prassi consolidata negli anni volta  a consentire alle giocatrici di  concordare con il capitano e quindi con la federazione una mancata convocazione.  A tal fine il legale della Giorgi aveva richiesto l’escussione quali testimoni di Karin Knapp, Roberta Vinci e Sara Erani oltre che di Corrado Barazzutti. Il Tribunale ha ammesso, scelta poco chiara, la sola testimonianza dell’allora capitano di Fed Cup. Ancora, dalla lettura della sentenza emerge finalmente la certezza dell’esistenza di ben 5 contratti sottoscritti tra le parti che però esulano dall’oggetto del giudizio che stiamo analizzando in quanto tutte le controversie riguardanti gli stessi sono stati devoluti dalle parti alla giurisdizione di un collegio arbitrale estraneo all’ambito federale.

Il punto fondamentale della sentenza è però, a nostro parere, quello relativo all’esame dell’ eccezione preliminare argomentata dalla difesa della Giorgi, secondo la quale, non essendo l’atleta tesserata per la federazione italiana sin dal 2011, la stessa non sarebbe soggetta all’osservanza del Regolamento di Giustizia Federale e quindi non sarebbe passibile di procedimento disciplinare e della eventuale sanzione. Secondo la difesa della Giorgi pertanto l’unico legame giuridico tra Camila e la Fit sarebbe quello relativo ai citati cinque contratti, non essendovi all’epoca dei fatti alcun vincolo giuridico sportivo tra l’atleta e la federazione.

Il Tribunale ha rigettato tale eccezione con delle motivazioni che non appaiono giuridicamente condivisibili. L’organo di giustizia sportiva della Fit dà infatti un’interpretazione dell’art. 10 dello Statuto Fit piuttosto curiosa.  Tale disposizione rubricata  “Dovere dei tesserati” prevede che “1. I tesserati sono tenuti ad osservare il Codice della Giustizia Sportiva, lo Statuto ed i regolamenti della F.I.T., nonché le deliberazioni e le decisioni dei suoi organi e ad adempiere agli obblighi di carattere economico secondo le norme e le deliberazioni federali. 2.Gli atleti selezionati per le rappresentative nazionali sono tenuti a rispondere alle convocazioni e a mettersi a disposizione della F.I.T., nonché ad onorare il ruolo rappresentativo conferito. 3.I tesserati sono tenuti a rispettare il Codice di comportamento sportivo del C.O.N.I. 4. Ai tesserati è vietato scommettere, direttamente od indirettamente, sul risultato di gare alle quali partecipino a qualsiasi titolo ed approfittare comunque di informazioni privilegiate nell’ambito delle attività che svolgono. Gli atleti che disputano tornei dei circuiti ininternazionali ATP e WTA non possono, né direttamente né indirettamente, scommettere sulle gare di tali competizioni.”.

Orbene, secondo il Tribunale Federale, mentre le disposizioni dei commi 1, 3 e 4 sarebbero riservate ai “tesserati” quella del comma 2 sarebbe da estendere anche agli “atleti non tesserati”. Cioè in altre parole, secondo la ricostruzione del Tribunale, un atleta non tesserato potrebbe serenamente non rispettare il codice di Giustizia Sportiva, lo Statuto e i regolamenti Fit, il codice di comportamento del Coni e anche scommettere (!) ma sarebbe obbligato a rispondere alla convocazione in nazionale! Il tutto senza dimenticare che l’articolo è rubricato “Dovere dei tesserati”.

Continua il Tribunale asserendo che “non vi è dubbio che l’atleta Camila Giorgi, che svolge attività rilevante per l’ordinamento sportivo essendo affermata giocatrice professionista, rappresenti un soggetto giuridico autonomo rispetto alla figura del tesserato, ma come quest’ultimo debba essere sottoposto ad un giudizio disciplinare”.

Qui però il Tribunale cita una sentenza del Consiglio di Stato, la numero 302 del 24.01.12 ( causa tra Pistolesi e la Fit) per corroborare la propria tesi, ma il richiamo è del tutto fuori luogo. Infatti in tale vicenda il Consiglio di Stato si trovò a decidere sull’applicabilità o meno delle norme federali ad un tesserato ( Claudio Pistolesi) che nel corso del procedimento disciplinare si era dimesso, di fatto interrompendo il vincolo sportivo con la federazione. Il  Consiglio di Stato, in tale sentenza si limitò ad affermare che “il principio -enunciato dal giudice di primo grado e condiviso dal Collegio- per cui resta sanzionabile in via disciplinare il soggetto che, appartenendo all’ordinamento sportivo al momento del fatto, si dimette prima che il procedimento disciplinare sia concluso, non può non assumere rilievo nella soluzione del profilo processuale della giurisdizione, dovendo la stessa radicarsi avendo riguardo alla sola natura (“disciplinare”) del provvedimento in contestazione, non già certo tenendo conto dello status del ricorrente, e della sua appartenenza o meno, al momento in cui attiva lo strumento rimediale, all’ordinamento sportivo”. In altre parole, il Consiglio di Stato ritenne che l’applicabilità o meno delle norme federali doveva dipendere dalla circostanza se al momento della commissione della presunta violazione l’interessato fosso ancora tesserato. Ma cosa c’entra tutto ciò con il caso di Camila Giorgi che al momento della presunta infrazione (aprile 2016) certamente non era tesserata per la Fit?

Il Tribunale Federale poi, a sostegno della propria tesi, cita il Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. ed alcune pronunce degli Organi di Giustizia Sportiva della Federazione Giuoco Calcio in maniera del tutto inconferente. Anzi, a ben vedere, il fatto che il Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. preveda la possibilità di applicare le proprie norme anche ai non tesserati, a differenza di quanto prevede invece il Regolamento della Fit, non fa altro che confermare la tesi che secondo tale regolamento non si possa sanzionare un non tesserato!

In realtà, esaminando il Regolamento Organico della Fit pare proprio che il possesso della tessera sia una condizione per poter giocare a tennis. L’art. 77 del R.O. prevede infatti che “La tessera atleta è rilasciata dalla Federazione, tramite l’affiliato, al socio che ne abbia fatta richiesta al fine di svolgere attività agonistica”. L’art. 81 “Partecipazione all’attività sportiva” dispone che “Per partecipare all’attività sportiva l’interessato deve possedere ed esibire all’Ufficiale di gara preposto la tessera atleta o la tessera atleta non agonista del settore a cui appartiene la manifestazione. Chi non è in grado di esibire la tessera atleta, pur essendone in possesso non può essere ammesso a partecipare a gare valevoli per i Campionati nazionali individuali; non può essere ammesso a partecipare ad un singolo torneo previa dichiarazione scritta di possesso della tessera e versamento della tassa a fondo perduto, annualmente stabilita dal Consiglio federale (…). Chi non è in grado di esibire la tessera atleta non agonista non può essere ammesso a giocare”.

Passando poi all’esame del merito, una volta rigettata la citata eccezione preliminare, deve dirsi condivisibile da un punto di vista formale l’operato del Tribunale. In presenza di una convocazione in nazionale e di un chiaro rifiuto non può che delinearsi la violazione quanto meno dell’art. 1 comma 4 del Regolamento di Giustizia della Fit. La tesi sostenuta dalla difesa della Giorgi circa la prassi verificatasi negli anni di non convocare le atlete che avevano manifestato preventivamente al capitano la propria indisponibilità è sicuramente un argomento “eticamente” valido ma giuridicamente non ha nessun rilievo.

Anche la mail che la Giorgi aveva inviato a Binaghi, Barazzutti, Palmieri, Ricci Bitti e Pellegrini prima delle convocazioni nella quale, pur riconoscendo che “la partecipazione alla Fed Cup è qualcosa di meraviglioso”, Camila chiedeva di essere esentata dalla convocazione per la difficoltà di ottenere risultati e di migliorare la classifica, non può valere a giustificare il suo rifiuto.

La deposizione testimoniale di Barazzutti nulla poteva aggiungere sul punto ed infatti l’allora capitano di Fed Cup si è limitato a rivendicare la propria autonomia nelle scelte e, pur ammettendo  di aver spesso incontrato preliminarmente le giocatrici “in odore” di convocazione per verificarne le condizioni psico-fisiche (“Nel 2013 con riferimento a Francesca Schiavone ritenne opportuno non convocarla per la finale di Fed Cup in quanto la stessa aveva rappresentato la sussistenza di una problematica di carattere personale” mentre nel 2014 non convocò Schiavone, Vinci , Pennetta e Errani dando però atto che avevano sempre manifestato “un forte attaccamento alla nazionale partecipando sempre per una quindicina di anni”), precisava di non aver concordato nulla con la Giorgi.

Forse però il Tribunale va troppo oltre quando osserva che “le motivazioni di carattere personale addotte dalla Giorgi non erano del tutto ostative alla sua convocazione in quanto non era stato addotto ad esempio un problema fisico che le impediva di giocare” e le esigenze di migliorare la classifica “appaiono del tutto risibili e sono indice di scarsa considerazione e rispetto per i valori della maglia azzurra”: per le altre azzurre in casi analoghi, pur riconoscendo un indubbio attaccamento alla maglia e un decisivo contributo ai successi della nazionale – ovviamente non sanzionati – cosa dovrebbe dirsi?

E francamente si sfiora poi l’accanimento nei confronti della Giorgi nella parte finale della sentenza, dove il Tribunale qualifica come “irrispettoso” e “irriguardoso” il comportamento di Camila nella fase antecedente al giudizio quando l’azzurra aveva deciso di non presentarsi alle richieste di audizione non motivando o motivando con impegni professionali sul circuito e con termini più o meno identici la scelta (forse discutibile, ma pur sempre una scelta di carattere processuale) di non partecipare alle udienze alle quali era stata convocata. Tale comportamento viene di fatto utilizzato dal Tribunale per motivare una sanzione “prossima al massimo edittale”. E non finisce qui, perché viene di fatto anticipato l’inizio di un nuovo procedimento disciplinare a carico di Camila per violazione dell’art. 8 del Regolamento di Giustizia Federale per non essersi presentata alla convocazione di un organo della giustizia federale: ma la stessa condotta non rischia di essere punita due volte?

In conclusione, la sentenza a parere di chi scrive è parzialmente condivisibile nel merito, ma non convince sul rigetto dell’eccezione preliminare della Giorgi circa la sua natura di “non tesserata” della Fit. E ci si chiede come sia stato possibile in tutti questi anni che nessuno si sia mai posto il problema che Camila Giorgi, ovvero la tennista azzurra di punta del futuro, non fosse tesserata per la federazione per la quale ha giocato per anni!

Abbiamo già espresso in altra sede la nostra opinione sulla vicenda, in particolare sulla palese difformità di trattamento tra la Giorgi e le altre azzurre cui è stato concesso talvolta di “saltare” convocazioni in nazionale. Chiaramente tutto ciò però esula da quanto eventualmente previsto negli ormai “famosi cinque contratti” esistenti tra Camila e la Federazione. Se Camila si è contrattualmente obbligata a rispondere “presente” a tutte le convocazioni in Fed Cup, magari in cambio di sovvenzioni economiche o di altra natura, appare evidente il diritto della federazione di far valere i proprio diritti nelle sedi competenti (Collegio arbitrale da quanto si legge nella sentenza in commento ed eventualmente giustizia ordinaria). Stride un po’ con quanto appena detto, l’utilizzo, magari formalmente corretto ma non applicato in altri casi analoghi, della giustizia federale per perseguire interessi non sportivi.

In ogni caso Camila Giorgi ha quindici giorni per presentare reclamo alla Corte Federale d’Appello: la sensazione, purtroppo, è che questa triste vicenda non sia finita qui.

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