ATP Rotterdam: folle Paire. Vince Tsonga, ma Tsitsipas si farà

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ATP Rotterdam: folle Paire. Vince Tsonga, ma Tsitsipas si farà

ROTTERDAM – Il giovane greco impressiona ma capitola di fronte all’esperienza, l’avignonese rimane in gara per oltre due set contro un brutto Cilic e poi va in tilt. Vincono Muller e Kohlschreiber, a Simon il derby

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da Rotterdam, Carlo Carnevale e Raoul Ruberti

Il martedì del torneo di Rotterdam viene salutato da una splendida mattinata, fredda ma soleggiata, che si stiracchia come se la settimana si stiracchiasse e chiedesse “altri cinque minuti” per rimanere a dormire. Doverosa quindi la passeggiata per il centro, fino a raggiungere uno dei luoghi caratteristici della città: l’Erasmusburg, il ponte Erasmo, che collega la zona storica con quella più moderna di Kop van Zuid, ex rimessa portuale ora convertita in polo culturale con musei, mostre, manifestazioni e architettura d’elite. A differenza di quello che la quasi totalità dei cittadini crede (cifre vere, il sondaggio diventò virale sui social network), la costruzione non fu progettata da Erasmo da Rotterdam, bensì dal progettista olandese Ben van Berkel, che ha curato anche il disegno del museo Mercedes a Stoccarda. Il ponte si staglia contro il cielo limpido con la sua inconfondibile linea spezzata (è amorevolmente soprannominato “zwaan“, cigno, dagli abitanti): il pilone portante è infatti, si piega in diagonale più o meno a metà, rendendo la figura unica nel suo genere. Di giorno sembra avere lo stesso colore dello sfondo, mentre di notte un sistema di illuminazione lo fa risaltare di un bianco vivissimo ma non accecante. Al di sotto della struttura scorre calmo il Nieuwe Maasla Nuova Mosa, effluente del Reno che attraversa l’intero agglomerato urbano: sedere su una delle panchine poste sulla banchina, a due passi dal ponte, trasmette una sensazione di grande serenità e calma. Ma è già tempo di badare al tennis, perché il programma del giorno è fitto.

La sfida ad alto tasso di “qualità promessa” tra Philipp Kohlschreiber e Lucas Pouille dura appena un’ora e un quarto, spalancandosi nell’undicesimo gioco per non richiudersi più. Gli otto giochi consecutivi vinti dal tedesco a cavallo dei due set sanciscono l’eliminazione della prima testa di serie, la numero 8, e del primo dei sette francesi in gara – altri quattro sono contemporaneamente sul court 1: due in campo, Mahut e Simon, e due da spettatori, Herbert e Paire. Pur rifiutandosi a lungo di vestire i panni del maestoso dominatore – mai stato il suo costume, del resto – Kohlschreiber non cede mai nel palleggio, pure teso e profondo, accettando da Pouille qualche anticipo vincente in cambio di non pochi errori di misura, oltre che di spazi sempre crescenti in cui infilare un passante. Una sfuriata del transalpino impedisce il 6-0 ma la voragine, a quel punto, è incolmabile e il 6-2 finale non fa molta differenza. Assai più teso invece il match “parallelo”, in cui Mahut trova il rettangolo giusto con appena il 65% delle prime di servizio ma tiene bene lo scambio, vincendo anche alcuni punti oltre i venti colpi. È un singolo game combattuto ad eleggere Simon come vincitore di una gara affrontata da entrambi con umiltà – e nel chiacchiericcio complice dei rispettivi coach, Jan De Witt e Gabriel Urpi.

Il lussemburghese Gilles Muller passeggia nel suo incontro d’esordio, superando senza fatica la wildcard locale Tallon Griekspoor. Il padroncino di casa è descritto come un ottimo prospetto anche dal direttore del torneo Richard Krajicek, che però ha puntualizzato come abbia ancora bisogno di macinare tornei; gli spalti sono semi-deserti, l’unico punto gremito è la tribuna stampa, dove i colleghi locali sperano, seppur rassegnati. Tutta l’inesperienza giovane tulipano, che mette comunque in vetrina un rovescio bimane di qualità tutt’altro che scontata, diventa preda di Muller, che non solo si conferma un vero professore nei proprio turni di servizio (14 ace e nessun doppio fallo), ma anche quando in risposta non esita ad attaccarsi alla rete appena può: Griekspoor si vede travolto da una grandinata di prime e soluzioni in controtempo, senza nemmeno poter abbozzare un minimo di replica. Appena due palle break concesse da Muller (che è invece chirurgico sulle sue chance, 3/4), nell’ultimo gioco, annullate con un vincente di dritto e un ace. Si chiude sotto l’ora di gioco, il gigante mancino al prossimo turno avrà Jo Wilfried Tsonga.

Si sono fatte le due del pomeriggio e per la sfortuna di Martin Klizan, campione in carica scortesemente relegato su un campo secondario, l’attenzione di tutti viene convogliata verso un match che non è il suo. È quello di qualcuno che già dal primo gioco fa di passanti e dropshot le sue armi, di profondità e orizzontalità la costante dei suoi colpi di scambio e che non mostra alcun tremore nel tirare un possibile vincente, né il minimo dubbio se nascondersi, magari, dietro un taglio difensivo. Si tratta di Stefanos Tsitsipas, diciotto anni e la wild card per esordire nel circuito ATP. Senza essere sfrontato, però: il ragazzo che trafigge Tsonga lungo la linea del rovescio a una mano ha anche l’umiltà di correre dietro a tutte le palle del francese, se vede in esse anche soltanto una speranza su cento di raggiungerle. Quando non deve correre a destra e sinistra lo fa in avanti, per chiudere il punto a rete come piace a lui. E pazienza se i due break ottenuti non servono a vincere, perché il 6-4 7-6 finale è in favore dell’altro: mica è un dramma, l’altro è più forte (almeno per adesso). E in ogni caso l’ha dovuta sudare: “È stato difficile, non lo conoscevo per nulla ed è una cosa piuttosto rara nel tour. Non sapevo mai cosa aspettarmi, mi ha sorpreso per l’intero match”.

Il già citato Klizan avvia positivamente la sua campagna di difesa del titolo, spuntandola su Fernando Verdasco in un incontro schizofrenico, degno manifesto dell’estro e della sregolatezza dei due mancini protagonisti. L’unico set meritevole di essere chiamato tale è il primo, in cui lo slovacco è bravo a graffiare nel finale; il resto del match è da manicomio, i tennisti si dividono gli assoli fino al confusionario 6-4 0-6 6-1 finale. E per restare in tema, ci pensa Benoit Paire a mandare ai matti il pubblico: il francese perde contro Marin Cilic in tre set, cestinando un terzo parziale in cui era abbondantemente in gara. L’incontro è godibile, Cilic ha fatto i compiti e cerca di insistere sulla diagonale destra, accettando volentieri il palleggio (“Ma con Bjorkman sto cercando di lavorare di più sul gioco di volo, e pensa di stare migliorando”); Paire dal canto suo appena può cambia in lungolinea per poter continuare la manovra con il prediletto rovescio, a tratti ingiocabile, e come suo solito regala soluzioni di assoluto pregio, al volo e di tocco. Entrambi vengono meno sul più bello delle prime due frazioni, Cilic con due orrori in rete non forzati, Paire con un doppio fallo su palla break: la racchetta di Benoit fa indesiderata conoscenza con il suolo olandese, il terzo set è la conclusione più giusta. Il puzzle si risolve nel quinto gioco, in cui il croato accelera già con il secondo colpo in ogni punto, per alzare la pressione e costringere Paire sulla difensiva: il galletto cerca di reagire nel game successivo, autentico fiume (più di dieci minuti di durata) in cui spreca sei occasioni per pareggiare, ma una volta persa l’opportunità molla definitivamente il volante. Un secondo break è il preludio del piccolo show nel cambio campo, in cui Paire preferisce non sedersi e preparare già il borsone per l’uscita, facendo versi e sbeffeggiando il pubblico che lo fischia. Cilic ringrazia: al secondo turno avrà Coric o Khachanov.

(in aggiornamento)

Risultati:

P. Kohlschreiber b. [8] L. Pouille 7-5 6-2
G. Muller b. [WC] T. Griekspoor 6-3 6-2
G. Simon b. N. Mahut 3-6 6-3 6-4
M. Klizan b. F. Verdasco 6-4 0-6 6-1
[6] J. W. Tsonga b. [WC] S. Tsitsipas 6-4 7-6(2)
[1] M. Cilic b. B. Paire 5-7 6-3 6-2

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