Nole e l'era del vuoto

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Nole e l’era del vuoto

Novak Djokovic è forse nel momento più difficile della sua carriera. Qual è il vero problema? Come potrà tornare grande?

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19 gennaio 2017, ore 9,17. A Melbourne, in realtà, sono le 19,17 e sulla Rod Laver Arena Denis Istomin ha un match point contro Novak Djokovic nel decimo game del quinto set. Un servizio vincente vicino alla “T” chiude la partita e – forse – l’era Djokovic agli Australian Open. Due settimane dopo, il numero due del mondo torna in patria per giocare contro la Russia e, nello specifico, contro il giovane Daniil Medvedev, che va addirittura avanti di un set e di un break. Alla fine Nole riuscirà a spuntarla, anche grazie al ritiro del giovane rivale all’inizio del quarto parziale. Ma la questione sembra essere un’altra. Dov’è finito il fenomeno ammirato fino al 5 giugno 2016? Cos’è rimasto di quella macchina infernale e inscalfibile che proprio nella terra dei canguri aveva dominato perfino Roger Federer come solo Rafa Nadal a Parigi nel 2008 aveva saputo fare?

Per citare un maestro di musica di una vecchia serie TV, la risposta semplice è che non esiste una risposta semplice. Ciò che sta passando Novak, infatti, è davvero complesso. Per capirne le ragioni, non si può prescindere da due episodi: la vittoria di Parigi e il presunto tradimento ai danni della moglie con la splendida attrice indiana Deepika Padukone. Per quanto riguarda il primo aspetto, il suo aver mostrato pubblicamente per molto tempo quanto fosse cruciale per lui trionfare sotto il cielo del Bois de Boulogne, ha fatto che sì che, una volta vinto il Roland Garros,  questa stessa vittoria lo abbia svuotato emotivamente. Quante volte vi è successo di desiderare così tanto qualcosa, di inseguirla per tanto tempo (magari per 4-5 anni) e, dopo averla ottenuta, di sentirvi “piatti”? C’è la gioia sì, ma, a un certo punto, un incredibile senso di vuoto. Tutto sembra quasi perdere di significato. È vero che c’era il Grande Slam da fare, i 17 Slam di Federer da raggiungere, ma tutto questo ha finito solamente per schiacciare un uomo che aveva appena raggiunto l’apice e che aveva perso motivazioni. Negli anni Novanta il sociologo francese Gilles Lipovetsky scrisse L’era del vuoto, un saggio sull’individualismo contemporaneo che non ha nulla a che fare con il tennis. Eppure, un minimo, potrebbe toccare tanto il Novak Djokovic uomo, quanto il tennista campione di 12 Slam. In questo modo si spiega la riduzione degli allenamenti, come sottolineato anche da Becker, ma anche alcune difficoltà sul piano del gioco, che però non hanno nulla a che fare con problemi tecnici in senso stretto. I numerosi errori con il rovescio lungolinea, le difficoltà con il dritto – gira poco la spalla destra – la tendenza a far scendere troppo la palla e una qualità dell’anticipo sensibilmente calata sono dovuti a una condizione fisica che non è più la stessa, ma soprattutto ad un’attitudine mentale che ha poco a che fare con il fenomeno che è (o che fu).

Certamente quanto accaduto con Deepika (anche se nessuno ha le prove per dimostrarlo, quindi non lo si può affermare con certezza) non ha aiutato, anzi ha sconvolto sua la vita privata, che sembrava rasentare la perfezione. Lui che, come afferma nel sottotitolo della sua biografia, era riuscito a trovare la ricetta giusta per ottenere la massima efficienza fisica e mentale, trovando grande serenità e carica, anche grazie alle esperienze che ne hanno caratterizzato l’infanzia, le quali lo hanno reso il guerriero indomabile che è ( o era). Questo “incidente indiano” – da non condannare e, soprattutto, da non giudicare – è stato un trauma difficile da gestire per Djokovic, che pure è stato molto bravo a sotterrare la vicenda davanti ai media. Non è chiaro se la moglie abbia realmente chiesto una cifra astronomica per il divorzio o se i due siano semplicemente riusciti a riappacificarsi in qualche maniera, ma quel che più conta è che le priorità di Novak sono cambiate. Come testimoniato da Obradovic, suo amico e capitano di Coppa Davis, adesso stare lontano da casa è un peso e questo contribuisce a fare in modo che il fuoriclasse serbo non riesca a dare il massimo sul campo. A un certo punto, Nole ha capito che doveva rivedere il suo approccio al tennis e, forse, alla propria vita.

Da qui il ruolo sempre più preponderante di Pepe Imaz, che in realtà faceva parte del suo team già da molto tempo e che era stato a fianco del fratello Marko. Quel che lo spagnolo ha voluto trasmettere al proprio “allievo” è stato un modo di vedere l’esistenza umana più “tranquillo”, pacato, rilassato. “Pace e amore“, “equilibrio e serenità interiore“: questo è quello che conta, dentro e fuori dai campi di tennis. Di certo lo stesso Boris Becker ha subito capito che in questo modo il fenomeno di Belgrado non sarebbe andato molto lontano e per questo, parlando di Imaz, ha dato a Djokovic un ultimatum: “O me o lui“. Sapete tutti come è andata a finire. Questa nuova filosofia di vita forse ha effettivamente apportato qualche beneficio a Novak, ma lo stesso non si può dire per la sua attività agonistica. Questo nuovo modo di vedere l’esistenza umana e di confrontarsi con ciò che essa offre lo ha reso sì calmo, ma anche “piatto”, incapace di reagire con vigore e personalità di fronte alle problematiche che gli presentano i giocatori, i quali peraltro adesso scendono in campo molto più motivati e speranzosi di vincere rispetto a 12 mesi fa. Il suo atteggiamento nella conferenza stampa dopo la sconfitta contro Istomin è emblematico. La sua serenità da molti è stata vista come ammirevole, ma è davvero qualcosa che gli fa bene sotto il profilo tennistico? Alcuni dicono che i grandi campioni sono quelli che odiano perdere, più di ogni altra cosa, ma adesso Nole non sembra affatto vederla così. Quello che conta davvero nella vita è altro, dice lui. Niente di più vero, ma l’impressione è che tutto questo potrebbe fagocitarlo sempre più velocemente e farlo entrare in un tunnel da cui è davvero difficile uscire.

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