Murray una brutta caduta. Sindrome da primato? (Crivelli)

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Murray una brutta caduta. Sindrome da primato? (Crivelli)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Murray una brutta caduta. Sindrome da primato?

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 13.03.2017

 

L’insostenibile pesantezza del primato. Cosa ti succede, Andy? Panico da numero uno? Una lunga rincorsa a Djokovic, sei mesi fantastici per chiudere il 2016 e prendersi il posto più in alto in classifica, e poi d’incanto il trono che scotta, brucia, provoca dolori più che soddisfazioni. E’ vero, Murray arrivava alla primavera sul cemento americana con il successo, il primo dell’anno, a Dubai, dove peraltro annullò sette match point nei La classifica di Pospisil: il canadese è stato anche al numero 25 nel gennaio 2014 quarti a Kohlschreiber, però l’avvio di stagione ha mostrato un re balbettante, nervoso, discontinuo, fino al crac imprevisto e imprevedibile al debutto di Indian Wells contro il redivivo canadese Pospisil, che aveva perso i quattro precedenti con lo scozzese senza conquistare neppure un set. MISTERO Una sconfitta che si presta a svariate considerazioni. A partire da quella che in California Andy si è sempre trovato malissimo: è l’unico Master 1000 americano che non ha mai vinto (solo una finale, persa contro Nadal, nel 2009) e nel quale è stato stoppato, in passato, da gente come Young, Garcia-Lopez e Delbonis. Un mistero senza spiegazioni: «Non so perché mi succede, in allenamento di solito gioco molto bene. In qualche occasione negli anni scorsi ho giocato meglio, ma non abbastanza. Non so se dipende dalle condizioni, davvero non so perché qui non riesco a esprimere il mio miglior tennis». E poi c’è una reiterazione tecnica: come già in Australia quando incrociò Misha Zverev, Murray perde la bussola contro un avversario che gioca serveevolley fin quasi all’ossessione e molto aggressivo con il dritto, anche perché il numero uno è stranamente abulico nonostante il 4-2 iniziale nel primo set e batte troppo male per riuscire a prendere subito in mano gli scambi. Come da lucida analisi: «In carriera ho sempre ottenuto ottimi risultati contro chi fa serveevolley, forse adesso ho bisogno di approfondire questo aspetto. Però non ho servito particolarmente bene e proprio il mio scarso rendimento al servizio è stato il principale problema di questo match, ma non dipende dalla spalla. E nel secondo set ho sbagliato anche troppi passanti. Tutti dicono che non si possa giocare il servee volley, io invece credo di no, si può riuscire se lo fai molto bene». SAGGEZZA Onore dunque a Pospisil, pure lui canadese d’importazione (i genitori fuggirono nel 1988 dalla Cecoslovacchia verso l’Austria e poi approdarono in Nord America), numero 25 del mondo nel 2014 e spentosi improvvisamente dopo i quarti raggiunti a Wimbledon l’anno dopo, tra qualche infortunio e soprattutto una cattiva gestione delle ambizioni, in particolare a seguito della definitiva esplosione di Raonic che l’ha messo un po’ in ombra. E’ sceso al 129 del mondo (solo Hewitt da numero uno perse con uno di classifica più bassa in un Master 1000, lo spagnolo Clavet, 179, a Miami 2003), è passato dalle qualificazioni ma sa di poter risalire dopo aver scelto Woodforde come coach: ‘Non voglio parlare di ciò che è successo nella mia vita nell’ultimo anno e mezzo, posso solo dirvi che sono più saggio grazie all’esperienza di Mark. E’ sul circuito da tanto tempo, è stato un ottimo giocatore. Sono tornato ad apprezzare il tennis, ad assaporare la gioia di come sono fortunato a fare la cosa che mi piace di più. E’ incredibile, ho battuto uno dei migliori dis empre, il giorno più bello della mia carriera». LORE1 Il k.o. maturato davanti a Tyson, tra il pubblico con la moglie Lakiha, non costerà molto in termini di punti a Murray, che l’anno scorso uscì al terzo turno mentre l’inseguitore Djokovic difende il successo 2016, ma certo gli instillerà nuovi dubbi e sicuramente servirà da stimolo a tutti i rivali in questi tre mesi di rivoluzione morbida, in cui la classe operaia si è resa conto di poter sgretolare almeno per un giorno il dominio dei Fab Four, come hanno dimostrato lstomin, Querrey e Donskoy. Peccato che Wawrinka, il quinto del gruppo, ritrovi il miglior tennis proprio contro Lorenzi, tornando a vincere un match dopo gli Australian Open grazie all’88% di punti con la prima e a otto punti di fila dal 4-4 0-30 del secondo set. Quando ritorna Ani- mal, Stan non si può gestire. Pure dalle magie caserecce di Paolino.

 

Re Murray esce di scena. Ora Fognini può fare strada

 

Angelo Mancuso, il messaggero del 13.03.2017

 

Non lo ammetterà mai, ma Fabio Fognini un’occhiata al tabellone di Indian Wells l’avrà data dopo che Vasek Pospisil, 26enne ex top 30 che sembrava perso per il grande tennis (è fuori dai top 100), si è tolto lo sfizio di eliminare il n.1 Andy Murray: 6-4 7-6 (5). Poco prima il ligure aveva messo ko Jo-Wilfried Tsonga, n.7 e reduce dai due successi di fila a Rotterdam e Marsiglia: 7-6 (4) 3-6 6-4. L’uscita di scena anticipata dello scozzese ha creato una voragine nel primo quarto di tabellone, quello dell’azzurro (la testa di serie più alta è la n.11 di Goffin), visto che l’urna impazzita ha messo Djokovic, Federer e Nadal tutti nella parte bassa. OBIETTIVO OTTAVI Il terzo turno di Fognini (il primo in un “1000” da Roma 2015) contro l’uruguagio Pablo Cuevas stuzzica la fantasia. Sempre che in campo oggi scenda il dottor Jekyll ammirato contro Tsonga e non il Mister Hyde visto all’esordio contro il modesto Kravchuk, quando Fabio si è trovato sotto 6-0 5-2 e a due punti dal ko, prima di svegliarsi. Il 29enne di Arma di Taggia ci ha abituato così: un giorno bene, l’altro male, limite che con il nuovo coach Franco Davin sta cercando di eliminare. Il talento però è cristallino e quando gioca come contro il colosso francese è un cliente difficile per chiunque: tirato a lucido fisicamente e abile nel dettare il ritmo degli scambi. Veloce di braccio, di gambe e di pensiero: è riuscito a disinnescare il servizio bomba e il diritto devastante di Tsonga, andandosi a prendere Re _Murray esce di scena Ora Fognini può fare strada l’ottava vittoria in carriera contro un top ten laddove nel 2014 la moglie Flavia Pennetta, ora in dolce attesa, colse uno dei titoli più importanti della sua carriera. Uno squillo che a Fognini mancava da quando eliminò Nadal agli US Open nel 2015. Un dato su tutti testimonia il valore del successo contro il transalpino: sul cemento Fabio aveva perso 23 delle 24 sfide contro uno dei primi 10. «La partita contro Tsonga mi dirà a che livello sono», aveva sottolineato alla vigilia. La risposta è positiva, a patto che contro Cuevas non sprechi l’occasione di centrare gli ottavi e risalire il ranking (è n.40). CAPITOMBOLO Dopo aver vinto a Dubai, Andy Murray sembrava pronto a sfatare il tabù Indian Wells, unico Masters 1000 sul veloce che non ha mai conquistato. E invece il suo torneo è durato un solo match (aveva un bye al primo turno), segno che il feeling dello scozzese con il cemento del deserto californiano non è dei migliori. La sconfitta in due set contro Pospisil ha confermato che Murray soffre quando lo attaccano all’arma bianca. Le oltre 100 discese a rete di Mischa Zverev gli erano costate carissime agli Australian Open, il serve and volley del gigante canadese alto quasi due metri e capace di arrivare sino ai quarti a Wimbledon nel 2015, ha creato crepe evidenti nel tennis del britannico a Indian Wells. Non è riuscito a far pesare la sua maggior qualità da fondo campo e quando le cose si sono messe male si è innervosito perdendo energie preziose a inveire contro se stesso. Il messaggio è chiaro: Murray è vulnerabile, così come al momento lo sono gli altri Fab Four. L’occasione buona per una sorpresa?

 

Lo sport fa la rivoluzione ma per le donne resta tabù

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 13.03.2017

 

Quando cadono, i dinosauri fanno rumore. Il rinnovo delle cariche delle Federazioni sportive naziona il (45 al voto entro ieri tranne l’Aeroclub che risponde al ministero dei Trasporti, alle prese con lo spinoso caso del presidente Giuseppe Leoni — condannato l’14 dicembre in primo grado a tre anni per peculato — e il Comitato Paralimpico, scorporato dal Coni con un decreto che attende di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) è un terremoto potente, che va al di là della moral suasion predicata sul playground nostrano dal presidente Giovanni Malagò: saltano addirittura 15 presidenti federali (36,3%), che nella somma delle Federazioni con le Discipline sportive diventano 25 su 6o (43,330. Un record assoluto. «Non esiste settore della vita sociale e civile del Paese che abbia subito un tale ricambio» gongola il capo dello sport italiano, che dall’attico con vista sul quadriennio olimpico che culminerà ai Giochi di Tokyo 2020 osserva un’inedita geografia federale. La line di un’era geologica Come faranno le bocce a centrare il pallino senza Romolo Rizzoli, rimpiazzato al vertice dopo appena 24 anni da Marco Giunio De Sanctis in un clima avvelenato dalla polemica della vigilia (il presidente uscente ha presentato un esposto alla Procura di Roma contro lo sfidante per un presunto tentativo di corruzione), un’accusa che certamente avrà strascichi legali? E che ne sarà dello squash orfano di Siro Zanella, in carica dal 97, ritiratosi nel corso dell’assemblea elettiva (come Alberto Brasca del pugilato e Francesco Pur-romuto, sovrano della pallamano da vent’anni), una volta capita la malaparata? Se due brontosauri come Paolo Sesti, al vertice della Federazione motociclistica dal 96, e Riccardo Agabio, in carica dal volo alla ginnastica, hanno «deciso» di smettere, se lo statuto della vela non consentiva più a un ultrasettantenne come Carlo Quote rosa inesistenti Solo l’11% nei consigli federali. La mosca bianca Norma Gimondi: «Proporsi con coraggio contro gli stereotipi» Croce di ripresentarsi, se Malagò ha chiesto ad Alberto Miglietta (badminton) di non cumulare cariche con Coni Servizi, il taekwondo in lutto è stato costretto a rinnovarsi dalla morte dello storico presidente Sun Jae Park, maestro coreano deceduto per un malore improvviso a 78 anni, numero uno della Fita dalla fondazione. Correva l’anno 1969. La non candidatura di Franco Sciannimanico (tennistavolo, dal 2oo4), Riccardo Fraccari (baseball-softball, dal 2001) e Christian Zamblera (danza sportiva, dal 2012), consapevoli che sarebbero stati sconfitti, ha spalancato la strada agli eredi, già integrati nel sistema. Nell’ordine: Renato Di Napoli, 62 anni, che era vicepresidente vicario; Andrea Marcon, 44 anni, una vita sul diamante, nato a Montreal da emigranti friulani («Pa me int, pa me tiare», per la mia gente per la mia terra, ha tuonato in dialetto all’insediamento); Michele Barbone, la cui elezione è seguita al periodo di commissariamento. Pare più un passaggio di consegne, invece, la perestoika della Federvolley, passata dalla mitologica presidenza di Carlo Magri (76 anni, di cui 22 sulla poltrona di via Vitorchiano a Roma) a quella di Bruno Cattaneo, 7o anni, imprenditore, già vice dell’uomo dei tre Mondiali in Italia e delle sei medaglie olimpiche. Il decano e le nuove leve Dopo lo tsunami, il decano dei presidenti federali italiani diventa Sabatino Aracu (hockey e pattinaggio), 63enne al settimo mandato (dal 93), sopravvissuto all’inchiesta sulla sanitopoli abruzzese, seguito a un’incollatura dal coetaneo Luciano Rossi, senatore Ncd, padre padrone di quel tiro a volo uscito trionfante dall’Olimpiade di Rio con 2 ori e 3 argenti, messo nel mirino da un’inchiesta di «Report» intitolata: «II presidente Fitav che produce piattelli in chiaro conflitto di interessi». «In Federazione non influenzo nessuno e in azienda non decido niente» ha risposto Rossi a Milena Gabanelli. Troppi sette mandati federali? La pensano così anche i 5 Stelle, che hanno presentato una proposta di legge per intro *** durre un limite temporale di otto anni per le cariche delle Federazioni: a gennaio festeggerà il primo semestre di insabbiamento a Montecitorio. La legge Pescante che ha modificato la legge Melandri — che ora impone due mandati solo al presidente del Coni (elezione l’u maggio, Malagò presumibilmente candidato unico) —, d’altronde non prevede tetto perle rielezioni che, dal terzo mandato in poi, raggiungano il 55% dei voti. Non un problema imminente di pentathlon, sport equestri e ginnastica e dei neo-eletti Bitter (52 anni), Di Paola (48) e Tecchi, capace di abbattere il totem Juri ChechL Mentre il nuovo che avanza, Andrea Abodi, non ce l’ha fatta nel calcio, regno-bis di un ragazzino 73enne di Ponte Lambro, Carlo Tavecchio. Il caso (unico) di Norma Nel clima di rinnovamento spicca, ahi-noi, la solita costante. Nel 2017 nessuna donna è presidente. Norma Gimondi, figlia d’arte, è l’unica ad averci provato in questa tornata elettorale in vena di rivoluzioni ma fino a un certo punto. «Se qualcuno ha visto in me una rottura col passato, be’ la politica sportiva in sé si è rivelata deludente — racconta l’avvocatessa che ha sfidato Di Rocco al ciclismo —. Ho ricevuto attacchi beceri da un mondo prettamente maschile, che concepisce la donna come la Miss che consegna la maglia sul podio. Non è tutta colpa degli uomini: bisogna avere la forza di proporsi con coraggio e intelligenza, fuori dallo stereotipo». Come ha fatto Mara Invernizzi, vice di Petrucci alla Federbasket: «Un gesto di svolta». Speriamo. Nonostante la parità di genere per gli atleti sia un principio fondamentale degli statuti e del Coni, sono solo 57 (u%) le donne nei consigli federati su un totale di quasi 5oo posti. 114 marzo, però, Paola Mora è diventata la prima donna presidente regionale (Trento) del Coni. Eva, insomma. Da qualche parte, bisognava pur cominciare. La radiografia del Coni Dopo l’Olimpiade di Rio (per l’Italia 8 on, 12 argenti, 8 bronzi), LEGENDA le 45 Federazioni del Coni sono andate alle elezioni per il rinnovo.

 

Maria rientra con l’aiutino e il tennis si ribella

 

Stefano Semeraro, la stampa del 13.03.2017

 

Maria Sharapova, tornerà alle gare a fine aprile e mezzo mondo del tennis, da Andy Murray a Angelique Kerber, da Garbine Muguruza a Caroline Wozniaeki ha iniziato a soffiarle contro. Non è mai stata simpatica a colleghi e colleghe, Masha la superba, stavolta però siamo al tiro al bersaglio. a fine della lunga (esemplare?) squalifica per la positività al Meldonium contestatale nel gennaio del 2016 e il suo 30 compleanno (19 aprile) coincideranno quasi esattamente e il torneo di Stoccarda, come pure quello di Madrid (6-13 maggio) e di Roma (15-21 maggio) le hanno offerto una wild card, ovvero un invito che le consente di evitare le qualificazioni, visto che in 15 mesi di inattività la russa è scomparsa dalla classifica. Non l’avessero mai fatto. L’idea di concedere un aiutino, lecito peraltro visto che l’ex n.1 ha pagato il suo debito, è andata subito contropelo ad Andy Murray. «Credo che dovrebbe risalire da sola. I tornei certo pensano al loro tornaconto, ma se la Sharapova non riuscirà a ottenere una classifica sufficiente sono sicuro che a Wimbledon ci penseranno molto prima di darle una wild card, e poi faranno la cosa giusta». Nell’atletica si è visto ben di peggio: Justin Bernard Giudicelli Presidente della federtennis francese Invece di invitare Maria a Stoccarda, si poteva dare la wild card a una giovane tedesca 5 T ngelique Kerber Tennista tedesca n. 2 della classifica Wta Gatlin riammesso ai Giochi dopo due squalifiche, senza contare che l’Itf ha riconosciuto come la Sharapova, che a Rio non c’è potuta andare, non abbia violato le regole di proposito e si sia scusata pubblicamente (la vide-oconferenza del 7 marzo 2016). II Roland Garros per bocca del neo presidente della Federazione Bernard Giudicelli ha già annunciato che non può garantirle l’invito: «Mi chiedo che senso ha investire tanti soldi nel fondo antidoping e poi concedere una wild card a chi è stato squalificato». «Cercata da Roma» Discorso lineare, ma un tantino moralistico, non condiviso dai tre tornei che hanno fatto a gara per accaparrarsela. «Gli Internazionali d’Italia sono stati i primi a contattarmi», ha rivelato Masha, che al Foro Italico ha vinto tre volte. La campionessa di Parigi Garbine Muguruza ha sentito il bisogno di puntualizzare che «nessuno sente la mancanza della Sharapova», Angelique Kerber, che si appresta a tornare n.1 del mondo, si è chiesta acidamente «perché le verrà consentito di debuttare a Stoccarda il mercoledì (il giorno di scadenza della sanzione, ndr), a torneo iniziato, quando fra l’altro ci sarebbero tante ten *** niste tedesche the meriterebbero la wild card». II corso ad Harvard Masha fa spallucce. Da neonata ha schivato Cernobil, da bambina emigrata e squattrinata si è costruita negli Usa una carriera da fuoriclasse (5 Slam) e da imprenditrice con un patrimonio stimato di 195 milioni di dollari. In questi mesi sponsor eccellenti come Porsche e Tag Heuer l’hanno mollata (la Nike no), lei si è fatta scivolare addosso critiche e veleni senza mai compatirsi. Durante l’ultimo Wimbledon, anzi, si è fatta fotografare sorridente da studentessa di Harvard, e sulle confezioni dei suoi dolcetti ipercalorici «Sugarpova» farà scrivere, beffardamente: «Non contengono Meldonium».

 

Impresa Fognini nel deserto della California

 

Luca Baldissera, il Quotidiano Nazionale

 

E se Fabio Fognini, dopo aver battuto per la prima volta in cinque duelli Jo Wilfried Tsonga n.8 del mondo in tre set lottatissimi (7-6, 3-6, 6-4, 2h e 28 m), riuscisse a centrare le semifinali del Masters 1000 di Indian Wells vinto a sorpresa da sua moglie Flavia tre anni fa? Non si possono davvero azzardare simili pronostici per un tennista, pur talentuoso come il giocatore di Arma di Taggia che in 8 partecipazioni ha ora raggiunto soltanto per la seconda volta gli ottavi del prestigioso torneo californiano e che dall’US Open 2015, quando rimontò Rafa Nadal, non aveva più battuto un top-ten. Ma nel tabellone, nello stesso quarto di finale di Fognini, è “saltato” inopinatamente il n.l del mondo Andy Murray che, sebbene a Indian Wells in passato non avesse mai brillato (una sola finale raggiunta e persa da Nadal nel 2009), sembrava il favorito del tor- Se Fognini battesse Cuevas potrebbe affrontare il belga Goffin neo al momento del sorteggio. Infatti nel “quarto” inferiore del tabellone la sorte aveva sistemato gli altri tre dei “Fab Four” Djokovic (con del Porro), Nadal e Federer per un possibile scontro già in ottavi, e c’erano pure “mine vaganti” del calibro di Kyrgios, Zverev e Verdasco. Invece Murray ha perso 6-4 7-6 (5) dal canadese Pospisil, classe ’90 e n.129 del mondo costretto a vincere le qualificazioni, pur essendo stato in passato n.25 Atp. Così il tabellone lassù si è aperto. Murray ha sofferto i continui attacchi del canadese, come in Australia quelli di Zverev. I favoriti del “quarto” superiore erano proprio le due vittime, Murray e Tsonga (che aveva appena vinto due tornei in Europa). Se Fognini (n.43 ed ex n.13) battesse anche l’uniguagio Pablo Cuevas, testa di serie n.27 e n.30 Atp ma non imbattibile sui campi duri, dovrebbe poi vedersela con il belga Goffin, n.12, in un succoso Il cammino Fognini ha battuto per la prima volta Jo Wilfried Tonga, numero otto del mondo Cadute eccellenti: Murray ha perso contro il canadese Pospisil anticipo di quello che (7-9 aprile) vedrà di fronte in Coppa Davis a Charleroi. Fabio, neo sposo di Flavia Pen-netta dal giugno scorso, prossimo padre a breve, con neo allenatore (Franco Davin ex coach di del Potro e Dimitrov: «Lui parla poco, è introverso come me, il mio predecessore Josip Perlas parlava tanto» ha spiegato Fognini) e neo sponsor (Hydrogen, «E’ lo stesso di Bolelli con cui gioco il doppio…») sembra più calmo e concentrato sul lavoro del solito. Ha dedicato la rocambolesca vittoria a Flavia, iscrivendo le sue iniziali sulla telecamera all’uscita dal campo. Ah se potesse imitarne le gesta del 2014

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