Sharapova e lo sport-business come male necessario

Personaggi

Sharapova e lo sport-business come male necessario

Le wild card a Maria Sharapova la renderanno avversaria presto competitiva per chi la critica. I tornei che gliela concedono fanno un’ingiustizia… buona per chi la subisce

Pubblicato

il

 

Dopo 15 mesi di squalifica per l’assunzione illecita del Meldonium dopo il 1 Gennaio 2017 (ossia da quando questa sostanza è entrata nella lista dei farmaci proibiti della WADA, l’agenzia mondiale antidoping), Maria Sharapova potrà tornare immediatamente a calcare i palcoscenici ai tornei di Stoccarda, Madrid e Roma attraverso le wild card che gli organizzatori le hanno concesso.

Chi si ritrova con una classifica ben al di sotto del suo valore (o non ha classifica, come nel caso della russa che nel 2016 ha visto scadere tutti i punti che aveva) non a causa di un lungo infortunio o di altri impedimenti dovuti alla sfortuna, ma in seguito a una squalifica legata all’uso di sostanze proibite dal regolamento antidoping può avere diritto, una volta scontata la pena, a tornare a competere, ma mai grazie a scorciatoie come le wild card. Chiunque abbia in passato percorso strade illecite ha il dovere di riguadagnarsi il diritto a competere ripartendo da zero, sobbarcandosi tutti i match di qualificazione previsti dai grandi tornei. Le wild card infatti dovrebbero dare la possibilità a qualche giovane di misurarsi su grandi palcoscenici oppure agevolare chi torna da un lungo infortunio o ancora permettere a una vecchia gloria di ritornare a calcare i campi che l’hanno vista protagonista anni addietro. Questa tesi, ribadita di recente da molte protagoniste WTA colleghe di Maria (come Angelique Kerber e Caroline Wozniacki) e ripresa, in maniera peraltro molto più sfumata, da Andy Murray, secondo il quale ‘ognuno deve conquistarsi il suo ritorno nel circuito’, è assolutamente rispettabile, anzi in termini di valori ed etica sportivi risulta pressoché inattaccabile.

A questo punto, un pensiero malevolo trova cittadinanza. La tedesca, la danese e tutte le altre sono prima di tutto avversarie della campionessa del Roland Garros 2012 e 2014 e di tutti gli altri Slam (Wimbleodon 2004, US Open 2006 e Australian Open 2008) e hanno quindi un evidente conflitto d’interessi. Una Sharapova che ritorna improvvisamente diretta antagonista lo farebbe – di fatto lo farà – dopo un lungo periodo di riposo fisico e mentale. Aver staccato la spina per molto tempo ed essersi potuta allenare senza nessun tipo di stress dovuto a risultati e continue trasferte, concentrandosi sul miglioramento del suo tennis nella più totale tranquillità dopo anni di fatiche e acciacchi potrebbe aver messo la tigre siberiana nelle stesse condizioni con cui Roger Federer si è presentato a Melbourne due mesi fa. Nello stato fisico e mentale ideali, con in più la grande carica derivante dall’ottenimento di quella seconda possibilità che lei stessa si era augurata – ben lontana dall’esserne certa – in quella famosa conferenza stampa di Los Angeles in cui aveva ammesso di aver continuato a prendere il Meldonium senza curarsi se questo fosse o meno diventato presente nella nuova lista di farmaci proibiti dalla WADA. Una Sharapova in queste condizioni ha un solo punto debole: dover riprendere confidenza con il campo e le diverse situazioni tattiche e mentali alle quali solo match e tornei di livello possono metterti di fronte. Esattamente come quello che Stoccarda, Madrid e Roma possono offrire, per permettere alla russa di Nyagan di tornare a giocare alla pari negli Slam e nei Premier Mandatories. Viceversa, ripartire da circuiti minori costringerebbe Maria, a quasi 30 anni di cui 13 ad altissimi livelli (cioè da quando, diciassettenne, superò Serena Williams nella finale di Wimbledon 2004), a intraprendere un girone dantesco fatto di insidie e ricerca di motivazioni per vincere partite su partite nelle varie qualificazioni e in luoghi sperduti di tornei secondari per chi da sempre è abituata a giocare per i titoli più prestigiosi del tennis internazionale. Inutile dire che una Sharapova uscita da questo girone infernale sarebbe una tigre ferita e motivatissima a completare il suo ritorno, ma molto più logora e provata soprattutto nel fisico. Molto meglio ritrovarsi dall’altra parte della rete la seconda Sharapova della prima per Kerber, Wozniacki e compagnia.

Il conflitto d’interessi in chi si è espresso contro l’ammissione diretta della russa ai prossimi tornei è quindi evidente, senza peraltro nulla togliere alla rispettabilità di questa opinione e al pieno diritto delle sue avversarie di sostenerla.

E i grandi tornei sono meno grandi se sfruttano l’immagine della campionessa di 5 Major che si è macchiata di comportamenti discutibili se non illeciti? Gli organizzatori di Stoccarda e Madrid non sono dei benefattori, non mettono in piedi carrozzoni con premi milionari se non ne ricavano un profitto adeguato. Per ottenerlo, hanno bisogno dei grandi nomi, che attirano maggiore pubblico e quindi maggiore denaro. Il torneo della città tedesca ha concesso alla Sharapova la possibilità di tornare giusto il giorno dopo la fine della sua squalifica. Maria è squalificata fino al 25 Aprile, ma il giorno dopo è proprio l’ultimo utile per disputare il primo turno. “Che inopportunità! Cosa ci voleva ad aspettare l’anno prossimo? Pare proprio che ai margini della Foresta Nera non potessero fare a meno del nome di grido, che siccome è tale non deve stare ai box nemmeno un giorno in più della squalifica commissionatale. E pazienza se qualche giovane di belle speranze ma meno famosa dovrà rinunciare al torneo!”. Questo il pensiero di molti. Non va però dimenticato che se Stoccarda avesse deciso di vietare la wild card alla Sharapova in nome dell’etica sportiva, per mantenere un elevato guadagno avrebbe dovuto ridurre i prezzi dei biglietti e i premi alle giocatrici per sopperire all’assenza di una giocatrice così popolare e 3 volte campionessa del torneo, dal 2012 al 2014. Con un montepremi inferiore, siamo così sicuri che le altre big accorrerebbero a giocare il torneo tedesco? O quantomeno, lo preparerebbero e lo giocherebbero al massimo delle loro possibilità oppure lo vedrebbero come uno dei tanti sgraditi impegni del fitto calendario WTA?

Le campionesse che hanno attaccato la Sharapova l’hanno fatto certamente in buona fede, ma la critica risulterebbe per loro molto più difficile se le ricompense economiche per le loro vittorie fossero molto più esigue. Lo stesso vale per i tornei. In questi giorni in molti sui social e sui forum hanno sostenuto che il nobile tempio di Wimbledon non permetterebbe mai a chi ha sbagliato di ripartire dalla porta principale. Vero, ma Wimbledon può permettersi molto più di Stoccarda di fare a meno di una campionessa così mediatica e popolare. Quanti altri tornei possono permetterselo? Gli altri 3 Slam e pochi altri. Tra questi c’è sicuramente Madrid (anche perché, a differenza della capitale del Land della Germania meridionale, è un torneo combined e può quindi contare anche sui campioni del tennis maschile). Se a Stoccarda non troviamo benefattori, di sicuro non possiamo aspettarci che Ion Tiriac, ottimo tennista ma soprattutto grande uomo d’affari, sia più sensibile al valor sportivo che alla banconota. A questo punto, pensando al terzo torneo che ha già concesso la wild card alla siberiana, molti lettori si aspetteranno l’ennesimo attacco di Ubitennis alla FIT, che organizza il torneo di Roma e fino a prova contraria non è un privato che mira al profitto ma un ente pubblico che dovrebbe al contrario promuovere il tennis italiano. Ebbene, non è il caso – almeno in questa situazione – di gettare la croce addosso a Binaghi e compagnia. La presenza della Sharapova permetterà alle casse federali di ottenere profitti superiori a quelli che otterrebbe se al suo posto giocasse un’azzurrina che, oggi, trarrebbe davvero pochi benefici a misurarsi direttamente in uno dei principali Masters 1000. Jasmine Paolini, Martina Trevisan, Jessica Pieri e Georgia Brescia, nell’ordine n. 210, 231, 307 e 311 del ranking WTA, e via via molte altre giovani ragazze italiane, lavorano con passione e sacrificio e meriterebbero più della Sharapova l’accesso diretto al tabellone principale, ma la loro carriera non finisce quest’anno e saltare le qualificazioni per il Foro Italico non le aiuterebbe a crescere come invece necessario. Il surplus derivante dalla presenza della bionda siberiana sarebbe al contrario un ottimo “tesoretto” da investire per far crescere le più giovani. Certo, a quel punto ci vogliono le capacità manageriali che i nostri attuali dirigenti hanno spesso dimostrato di non avere, ma è tutto un altro discorso.

In termini più generali, nello sport professionistico un torneo che può permettersi ricchi premi concede più possibilità di emergere anche ai giovani che da questi premi ricavano il necessario sostentamento economico per mantenersi col tennis. Se ho vent’anni e mi barcameno tra il n.200 e il n.300 del mondo, ma riesco con mille sacrifici a raggiungere un paio di volte il tabellone principale di un grande torneo, il guadagno che ne ricavo mi permette di dare continuità alla mia carriera professionistica. Se però questo grande torneo – a meno che non si chiami Wimbledon o Roland Garros, cioè a meno che non sia già grande da molto tempo – non agevola, come nel nostro caso, l’accesso ai campioni che hanno più attrattiva verso il pubblico pagante, non potrà garantire anche ai qualificati e a chi esce nei primi turni un ricavo utile a sostenerne economicamente la carriera. Il paradosso consiste nel fatto che il big che ha sbagliato non viene trattato dal torneo allo stesso modo di chi ha un comportamento esemplare ma è all’inizio della carriera, però quest’ultimo trae giovamento dalla stessa presenza del big “privilegiato”.

È un discorso molto cinico e amaro, perché poggia le basi sul fatto che gli interessi economici condizionano e prevaricano l’aspetto squisitamente sportivo, ma non è il caso di mandare tutto al diavolo. L’aspetto essenziale è il rispetto delle regole e l’educazione alla sportività, perché finchè il tennis vedrà un Federer o un Nadal o un Djokovic cancellare nella finale del Roland Garros il segno prima che il giudice di sedia arrivi a verificare personalmente che una palla pesantissima per l’esito del match sia out varrà la pena accettare il cinismo del business. L’unica alternativa possibile sarebbe riportare il tennis a sport rigorosamente dilettantistico, col risultato che lo giocherebbe solo chi nasce già ricco. Alternative all’orizzonte sono difficili da scorgere, voi lettori ne vedete qualcuna?   

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement