È sempre Roger contro Rafa. A Miami si fa ancora la storia (Marino). Il giorno delle leggende (Mancuso)

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È sempre Roger contro Rafa. A Miami si fa ancora la storia (Marino). Il giorno delle leggende (Mancuso)

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È sempre Roger contro Rafa. A Miami si fa ancora la storia (Francesca Marino, Giorno-Carlino-Nazione Sport)

Spettacolo puro, unico, indimenticabile per altri tre tiebreak al cardiopalma con girandola di setpoint, matchpoint, tweener (colpi tirati da sotto le gambe), seconde palle di battuta sparate a 220 km orari: è quello cui hanno potuto assistere i 13.894 spettatori privilegiati del “centrale” di Crandon Park a Key Biscayne. Davanti alla tv centinaia di milioni di telespettatori inclusi tanti nottambuli italiani per seguire il match pazzesco di oltre 3 ore vinto dall’inossidabile Roger Federer 7-6 (11-9),6-7 (9-11) e 7-6 (7-5) su Nick Kyrgios. Così Federer, quasi 36 anni e quasi 6 ore di tennis sulle spalle in poco più di 24 ore, ritroverà con l’handicap in finale (ore 19) il solito irriducibile rivale di sempre, Rafa Nadal che venerdì aveva battuto il nostro Fabio Fognini. Erano stati tre tie-break anche nel loro primo ed unico precedente duello (Madrid 2015). Aveva vinto Kyrgios però. Partite così si decidono per un nonnulla. Infatti il re del tennis e il suo più probabile erede (con Zverev) hanno vinto una sfida ciascuno. Ma per ora, altro che Next Generation! La «Old Generation» regge alla grande. Domani i 5 big saranno di nuovo i Fab Four più Wawrinka: 1 Murray (età 29,8), 2 Djokovic (29,8), 3 Wawrinka (32), 4 e 5 il vincitore e lo sconfitto della trentasettesima sfida di stasera, o Nadal (30,8) o Federer (35,6). Nadal conduce i duelli, 23 a 13, ma ha perso i due di quest’anno (in finale a Melbourne era però avanti 3-1 nel quinto) e tre di fila contando Basilea 2015. A fine 2016 molti temevano che non si sarebbero mai più incontrati. Invece sono già 3 volte in 3 mesi. Roger gioca meglio, ma è più stanco. Pronostico difficilissimo. Kyrgios ha perso una buona parte degli scambi da fondo e pur sparando servizi a velocità supersoniche, spesso sopra i 230 km orari e correndo rischi folli con la “seconda” che però gli ha procurato un’infinità di punti, ha commesso tre dei suoi (appena) quattro doppi falli in momenti cruciali: sulla palla game del 5 pari del primo set, consentendo a Federer di recuperare un break, sul 9 pari nel tiebreak del primo set, sul 5 pari del tiebreak decisivo. Il pubblico di Miami ha esagerato nel tifare per Federer, e ha esagerato pure la moglie Mirka nei fischi a Kyrgios. «Il pubblico era dalla sua parte, dovrò vincere un po’ di più per averlo dalla mia ma lui è il preferito per quello che ha fatto nel tennis» ha commentato Kyrgios. La finale fra la Brit d’Australia Konta e la danese di Polonia Wozniacki, vinta dalla prima, ha chiuso un torneo femminile oscurato dai «grandi» maschi.

Federar e Nadal per sempre. Immortali dopo 13 anni (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

E il tempo, all’improvviso, si fermò. Fissato in un’altra dimensione, sigillato per sempre da una coppia di titani capaci di sorvolare le leggi della limitatezza umana per approdare come divinità nel paradiso del tennis. Federer contro Nadal, non ci sono misteri, non esistono miracoli: l’epopea che supera le generazioni, la sfida ormai immortale passata oltre la semplice rivalità per segnare la storia dello sport, si nutre alla fine di fondamenti semplici: talento, feroce volontà, passione. Li avevano considerati finiti più e più volte, li avevano seppelliti sotto la polvere della vecchiaia agonistica, mentre altri eroi si affacciavano (e si affacceranno): ma il cielo ci conservi a lungo Roger e Rafa, perché la loro è poesia a capitoli, 37 per essere precisi, con il prossimo che incombe nella serata italiana proprio là dove tutto cominciò, sotto il sole della Florida. Già, la saga degli amici-nemici più famosi compie giusto 13 anni, l’età dei sogni e dei desideri. Si affrontarono per la prima volta al terzo turno di Miami nel 2004, con Federer già numero uno del mondo e Nadal non ancora diciottenne ma con la tempra del giovane leone che non abbassa lo sguardo. Le cronache di quel giorno narrano di prolungati silenzi negli spogliatoi e nessuna cortesia, perché il maiorchino, allora numero 34, non appariva il solito ragazzetto interessato più all’autografo di un fuoriclasse già conclamato che alla partita in sé. E infatti dominò, facendo strabuzzare gli occhi al pubblico e ai giornalisti, che poi se lo videro piombare in sala stampa con l’interprete perché, a parte «grazie e buongiorno», non spiaccicava una parola d’inglese. L’anno dopo, secondo atto. Stavolta in finale (e da li succederà altre 22 volte), perché il moccioso spagnolo ha imparato presto a fare la voce grossa. Partita memorabile, icona di ciò che saranno gli anni successivi e che il Maestro di Basilea piega al suo volere recuperando da due set sotto (si giocava al meglio dei 5). Infatti il ricordo di Fed è ancora vivido: «Fu un match epico e a essere onesto fu un momento di svolta nella mia carriera. Per me riuscire a rimanere concentrato durante tutto il match mi diede davvero la sensazione di aver imparato come lottare. Colpire dritto dopo dritto sulla linea, mostrai a me stesso che ero in grado di farlo. Ed era contro un ragazzo che poi sarebbe diventato il mio più grande rivale. Giocare contro Rafa di nuovo qui sarà certamente speciale». Come da tradizione, del resto, che questo incredibile 2017 con le lancette dell’orologio tornate per magia all’età dell’oro rinnova per la terza volta in tre mesi, dopo la finale in Australia e il terzo turno a Indian Wells, sempre sotto il segno di un Federer redivivo, che ha l’occasione per la quarta di fila (c’è anche Basilea 2015), un poker forse impensabile quando i loro incroci facevano fuoco e fiamme. In ogni caso, Nadal si scopre anima bella, nonostante la maledizione di quattro finali perse in Florida: «Sono arrivate tanto tempo fa e non sono in quella situazione in cui non ho mai vinto un Masters 1000. Non c’è più la pressione quando gioco una finale, che sia qui o a Montecarlo, la cosa che fa la differenza è che vincere qui significherebbe conquistare un titolo importante che non ho mai ottenuto. Ma onestamente, vincere o perdere non cambierà la mia carriera. A Indian Wells contro Roger sono rimasto sotto i miei standard, lui sta giocando davvero molto bene, e quando un campione come lui gioca così rappresenta una grande sfida». Certo, ci si stava mettendo quel monellaccio di Kyrgios a rovinare l’idillio, prima di inchinarsi all’innata dote di Federer di elevarsi quando i punti contano (curiosità: in due confronti diretti hanno giocato solo tie break, ben sei). Roger riconosce che il rovescio in top gli sta cambiano la vita («Riesco a giocare in anticipo e questo mi aiuta a tirare dei vincenti anche se sono lontano dalla linea di fondo») e poi riversa i complimenti della rivoluzione a coach Ljubicic, splendido artefice della rinascita: «È arrivato quando mi sentivo molto bene e poi le cose hanno iniziato a complicarsi. Lui è un mio amico quindi mi ha aiutato nel prendere le decisioni giuste e a rimanere calmo, ricordandomi sempre che i tempi migliori sarebbero arrivati. È un bravo ragazzo e ha molte idee. lo gli ho detto: “Guarda, qualsiasi cosa mi dirai, nonostante le critiche che ci saranno, tu va avanti. È per questo che sei qui”. E ha imparato ad avere una mentalità vincente, mi piace. Vuole che io vinca ogni singolo punto, ogni singolo match». Fin qui, missione compiuta.

Il giorno delle leggende (Angelo Mancuso, Il Messaggero)

Sull’impero della coppia Federer-Nadal il sole non tramonta mai. Dopo Melbourne ecco Miami e in finale ci sono sempre King Roger e Rafa. Una perfetta contrapposizione di stili: destro contro mancino, classico contro moderno, discese a rete contro passanti. Oggi (le 19 in Italia, diretta su Sky Sport 2) i due fenomeni si ritroveranno sullo stesso campo dove 13 anni fa nacque la loro rivalità: era il 2004 e Nadal non ancora 18enne superò lo svizzero. Dodici mesi dopo diedero vita ad una splendida finale di 5 set vinta da Federer. Sarà il capitolo n.37 della saga tornata a essere un superclassico dopo che nelle ultime 3 stagioni si erano sfidati solo in un’occasione. E sarà il terzo incrocio in poco più di due mesi: neanche ai tempi d’oro si affrontavano con tanta frequenza. Il mancino spagnolo conduce 23-13, ma il 35enne campione di Basilea si è imposto nelle ultime tre sfide, compresa l’epica finale dei recenti Australian Open e a Indian Wells poco più di due settimane fa. Nadal non ha mai sofferto in semifinale contro Fabio Fognini. Difficile per il ligure scrollarsi di dosso un primo set molto negativo se di fronte c’è il maiorchino, che si è imposto per 6-1 7-5. Federer ha invece impiegato oltre 3 ore per battere un Nick Kyrgios dal servizio quasi illegale annullando 14 anni di differenza con 58 vincenti: 7-6(9) 6-7(9) 7-6(5). Il campione di Basilea avrebbe potuto chiudere prima (2 match point nel tie break del secondo set), poi nel finale ha avuto un pizzico di buona sorte. L’australiano ha rovinato tutto a due punti dal traguardo e distrutto la racchetta prima di stringere la mano all’avversario. Il patatrac sul 5-4 per Kyrgios al servizio nel tie break decisivo. Nick tirato una seconda “bomba” a oltre 200 orari: Federer ha risposto da par suo, ma dagli spalti qualcuno ha urlato out. Il tennista di Canberra si è fermato e ha guardato minaccioso il giudice di sedia Mohamed Lahyani chiedendo invano la ripetizione del punto. Niente da fare: 5-5 con Kyrgios che ha perso la testa commettendo poi un doppio fallo. Il bilancio di Federer nel 2017 sale a 18 vittorie e una sola sconfitta: era partito così bene solo nel magico triennio che va dal 2004 al 2006. «Battere Rafa sarà come scalare una montagna – ha detto lo svizzero – lui non ha ancora vinto qui ed è più fresco di me». Nadal ha un conto aperto con Miami, dove ha perso 4 finali. «Vincere significherebbe conquistare un titolo importante che non ho ancora mai ottenuto, ma onestamente non cambierà la mia carriera».

Ancora Federer-Nadal, la saga si aggiorna (Stefano Semeraro, La Stampa)

Tredici anni dopo, sempre loro, sempre lì. Nel 2004 Rafa Nadal aveva 17 anni ma non si fece scrupolo di estirpare (6-3 6-3) Roger Federer, già n.1 del mondo, dal terzo turno di Miami. Un anno dopo la rivincita di Federer in finale, la loro prima finale. Miami è la sveglia che suona nel giorno della marmotta, nell’eterno presente del tennis mondiale, visto che stasera alle 19 (tv su Sky Sport 2) i due si ritrovano di fronte per la 37a volta, la 3a nel 2017 – Federer ha vinto le prime due in finale agli Australian Open e in ottavi a Indian Wells – e ormai anche lo stupore è un cliché. In semifinale Rafa si è sbarazzato di un Fognini incappato nell’unica giornata no del torneo, Roger dell’unico vero lembo di futuro intravisto in stagione, Nick Kyrgios. Federer e l’australiano fino ad ora si sono incontrati due volte, hanno giocato sei set e sono stati sei tie-break (7-6 6-7 7-6 lo score di ieri). Kyrgios si è permesso di scherzare con il Patriarca, beffandolo con passanti sotto le gambe, ma nella stretta decisiva, due volte avanti di un mini-break, si è eliminato da solo con un doppio fallo mentre tutto lo stadio ansimava per l’avversario. La signora Federer lo ha anche fischiato, subito beccata da social, ma ormai è chiaro che dietro l’angolo, quando Roger e Co. cederanno all’anagrafe, ci sarà soprattutto Kyrgios, con tutta la sua ingenuità bulla, le sue invenzioni, le sue mattane. La domanda appunto è: quando? Nadal è un filo spelacchiato, non solo in testa, ma tiene duro; Federer per certi versi gioca meglio adesso di cinque anni fa, sicuramente con meno tremori. A 35 anni e 8 mesi può infilare un triplete inimmaginabile a gennaio e buttarsi alla caccia del numero 1. Fra lui e l’ennesimo spicchio di leggenda c’è la consueta orografia iberica, ma Federer a Miami ha vinto due volte, Nadal zero nonostante quattro finali. «Giocare contro Ra-fa sarà come scalare una montagna», dice. «Ricordo benissimo la nostra finale del 2005, una svolta della mia carriera: tutta la partita a giocare diritto sulla riga di fondo per dimostrare che sapevo lottare. Ora è come ai vecchi tempi, abbiamo ricominciato a giocare contro ogni settimana. Speriamo questa non sia l’ultima». Improbabile, almeno finché che la concorrenza latita. «Spero che Djokovic abbia visto Federer-Kyrgios», dice Becker, ex coach dell’ex n.l. «E ora di pulire le scarpe, incordare la racchetta e tornare al lavoro». A diventare passato, se non sei eterno, ci vuole un attimo.

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