Tennis in Tour: jet set, terra rossa e Montecarlo

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Tennis in Tour: jet set, terra rossa e Montecarlo

Alla passione bruciante per il tennis guardato non si riesce a rinunciare. Come farla conciliare con amici e famiglia? Cambiando prospettiva: il tennis non va in vacanza, piuttosto la vacanza va nei luoghi del tennis. Cominciando dal prossimo torneo di Montecarlo, riscopriamo l’inossidabile binomio turismo-racchetta

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“Buonasera, sono il signor Aficionado e non guardo tennis da una settimana. Sto affrontando questo percorso disintossicante con molta dignità. Ma non vi nascondo che la tentazione è dietro l’angolo”.

Lo sappiamo: esistono appassionati che considerano persino i cambi campo alla stregua di insopportabili pause dalla loro attività di inseguitori oculari di palline. Per questi soggetti è una prova molto impegnativa affrontare le “varie ed eventuali” che l’agenda extra-tennistica propone loro. Se vorrete vederli sudare freddo, citate due situazioni: l’off-season e le vacanze. C’è modo perché partner, amici e affini non li scoprano con le mani nella marmellata, anzi nella candida sabbia di una stupenda spiaggia polinesiana, pateticamente intenti a nascondere un tablet piantato su un livescore che non sia aggiorna? Probabilmente sì. Ed è proprio questo lo scopo di questa rubrica, ossia provare a rovesciare la prospettiva di quanti non intendano rinunciare a riempirsi gli occhi di prese e rotazioni. Perché portarsi il tennis in vacanza quando possiamo andare in vacanza… laddove c’è tennis?

Molti tornei si svolgono in luoghi di grande interesse storico-culturale dal notevole appeal turistico. Che consentono di ritagliare, attorno a un Masters 1000 piuttosto che a uno Slam ma anche a un piccolo 250, una rilassante parentesi romantica o di svago con gli amici. Magari, adottando questa soluzione di compromesso, gli inguaribili appassionati non verranno più solo considerati maniaci che perdono il sonno appresso a una pallina gialla.

Montecarlo, la meta della nostra gita

La prima tappa è il principato di Monaco. Sede di eventi sportivi di primissimo livello, Formula 1 e tennis su tutti, ma soprattutto emblema di glamour, ricchezza ostentata, fisco compiacente. E insieme crocevia di storia e tradizione, che si appoggia su uno spettacolare promontorio aggettato sulla Costa Azzurra. Dove passare in pochi minuti dalla sfacciataggine dei suoi discutibili grattacieli vista mare ai minuscoli vicoletti dell’antico borgo medievale. In un contesto spesso baciato da un caldo sole primaverile.

Passeggiate per ogni gusto

Pur sviluppandosi su un’area di soli 202 ettari sospesi tra antico e moderno, il centro monegasco offre passeggiate dense di sorprese e contrasti. Che lo si visiti dal basso verso l’alto o viceversa. Il nostro suggerimento è partire dalla città vecchia e dalle sue stradine medievali, per camminare in totale libertà fra caratteristici localini dove rifocillarsi e colorate boutique. Molto comodi gli ascensori pubblici, ottimo rimedio per risparmiare fiato e ginocchia.

La natura, altro grande asset del principato

Il secondo Stato più piccolo d’Europa dopo Città del Vaticano, assomma diverse perle naturalistiche. Si potrà cominciare con una visita al Giardino Esotico, dove ammirare migliaia di piante cosiddette succulente (soprattutto agavi e cactus originari dei continenti americano e africano). Il giardino riserva una sorpresa cara agli amanti della speleologia: la Grotta dell’Osservatorio, dove stalattiti e stalagmiti disegnano una vera e propria cattedrale di calcare. Fra le altre aree verdi, cui si accede gratuitamente, da segnalare il Giardino giapponese, i panoramici Giardini Saint Martin che lambiscono la cresta sudest della rocca, il Parco Princesse Antoniette e il Roseto dedicato alla memoria della principessa Grace.

Storia e arte

Con più di 700 anni alle spalle, non stupisce che il principato vanti opere di notevole fattura. A partire dal Palazzo del Principe. Nato come fortezza genovese, dal 1297, anno d’insediamento dei Grimaldi al governo dello Stato monegasco, l’imponente edificio è la residenza dei reggenti. Nei suoi saloni, suddivisi per tonalità cromatiche, sono esposti affreschi ma anche opere lignee di pregio. La struttura comprende l’immancabile Sala del Trono e, esternamente, il Cortile d’Onore con la sua scenografica scala marmorea. Sull’antistante piazza del Palazzo va in scena ogni giorno il caratteristico cambio della guardia. Sempre seguendo il filone nobiliare, ma anche artistico, vale la pena di visitare la Cattedrale, edificio del XIX secolo in stile romanico-bizantino. Oltre che sulle tombe dei principi, l’occhio cadrà sicuramente su un prezioso retablo del 1500, mentre l’orecchio verrà catturato dalla musica proveniente da un imponente organo a quattro tastiere. Più intima, la chiesa di Santa Devota, cappella votiva dedicata alla patrona del principato. Fu costruita a Les Gaumates nell’XI secolo dove naufragò l’imbarcazione che recava le spoglie della santa, torturata a morte nella nativa Corsica durante una persecuzione contro i Cristiani nel 304. A chiudere il tour, altre due chiese: Saint Charles, con le sue luminose vetrate e un campanile che tocca i 30 metri di altezza. E nella città vecchia la Cappella della Misericordia, costruita nel XVII secolo, da cui partiva la tradizionale processione del Venerdì Santo, consuetudine ripresa di recente.

La Montecarlo del jet-set

Anche il più radical-chic fra gli aficionados vorrà calarsi nei panni di James Bond e, dismessa la polo d’ordinanza in favore dello smoking, spendere un po’ di tempo e denaro nel magnifico Casinò. Frutto del talento architettonico di Charles Garnier, autore dell’Opéra di Parigi, la celebre struttura ospita anche spettacoli lirici. I magnifici giardini e le terrazze del Casinò, con le loro curatissime aiuole, rappresentano un opportuno deterrente a roulette e chemin de fer. Già che c’è, in attesa del primo “time” della giornata sportiva, l’allegra combriccola può continuare il tour glamour in versione billionaire, con la classica rassegna degli yacht attraccati nel porto. Quale migliore prospettiva della celebre curva della Rascasse per poterne ammirarne la magnificenza? E se l’intensa giornata agonistica non avrà prosciugato le riserve dei vacanzieri, si potrà godere della Monte-Carlo by night. Locali di tendenza, musica e dj per tutti i gusti. Ma anche pub, e ristoranti tipici. In cui provare il barbagiuan, primo a base di ravioli ripieni di zucca e formaggio, seguito da uno stocafi, ossia stoccafisso sfumato nel vino e cotto in salsa di pomodoro e olive taggiasche. E come dessert una gustosa fougasse, pasticcino aromatizzato all’arancia e arricchito da mandorle, nocciole e semi d’anice. Infine, perché non nutrire lo spirito, con l’ampio programma lirico, di scena nella Salle Garnier del Casinò.

Finalmente, la competizione

Soddisfatte le passioni accessorie, nonché convinti i compagni di viaggio di non essere preda di un’ossessione totalizzante, per l’aficionado arriva finalmente il momento tanto attesto. Con i suoi accompagnatori (se lo vorranno) entra in trance agonistica non appena varcata la soglia del Montecarlo Country Club, che quest’anno apre i battenti sabato 15 aprile. Per l’acquisto di biglietti, il suggerimento è di rivolgersi ai rivenditori ufficiali.

L’impianto

Quali eventi possono vantare una cornice tanto scenografica? Pochissimi. Il fascino di Wimbledon è fuori discussione, hors catégorie, mutuando un’espressione associata a un’altra storica competizione francese, il Tour de France. Ma la disposizione terrazzata dei campi, che digradano dal verde promontorio alla turchina baia sottostante, non conosce eguali nel panorama tennistico. Neanche il suggestivo Foro Italico, altra venue incredibilmente fascinosa, può reggere il confronto. Dalla prima edizione del 1897 il torneo trova la sede definitiva nel 1928. Il 27 febbraio di quell’anno, il principe Luigi II, attorniato da un bel po’ di teste coronate, inaugura il Montecarlo Country Club.

Informazioni pratiche

Dove soggiornare
Come arrivare

Un albo d’oro degno di uno Slam

Sono pochissimi i tornei a poter annoverare fra i vincitori i fratelli Doherty – sì, proprio coloro ai quali sono stati dedicati i sacri Gates di SW19 che aprono a tifosi e pellegrini le porte del tempio del tennis per antonomasia. Reginald si aggiudica la prima edizione che ha luogo nel 1897. Le successive nove le spartisce con il fratello Lawrence. Bilancio totale, 6-4 per Reggie. Fra i plurivincitori ricordiamo il neozelandese Anthony Wilding (5 titoli). Dopo la pausa dovuta alla prima guerra mondiale, arriva il primo trionfo italiano, nel 1922, ad opera del conte Giovanni Balbi di Robecco, atleta genovese che si divide fra calcio e tennis. Si entra nell’era dei moschettieri, con Henri Cochet protagonista di una striscia vincente (1928-29 e 1931) interrotta solamente nel 1930 dall’asso statunitense Bill Tilden. Seconda vittoria italiana nel 1935, con Giovanni Palmieri che batte il britannico Bunny Austin, vincitore delle due edizioni precedenti. Fra i grandi nomi a cavallo dei due conflitti mondiali spicca quello del barone von Cramm (1936-37). Ancora in era dilettantistica, da ricordare le vittorie del cecoslovacco Drobný (1950), dell’australiano Frank Sedgman (1952), degli spagnoli Gimeno (1960) e Santana (1966) e del più forte tennista italiano, Nicola Pietrangeli, che conquista 3 titoli (1961 e 1967-68).

Siamo giunti all’era open. A dominare gli anni ’70, due figure iconiche del tennis moderno. Il capostipite dei bad boys, Ilie Nastase, artefice di un triplete (1971-73), e il glaciale sex symbol Björn Borg, che con tre successi cementa il suo status di intoccabile sulla terra battuta (1977, in finale contro Barazzutti, e 1979-80). C’è gloria anche per l’argentino Guillermo Vilas (1976 e 1982). Negli anni ’80 la pattuglia svedese capeggiata da Mats Wilander (1983 e 1987) vince 4 edizioni, con Ivan Lendl unico altro plurivincitore (1985 e 1988) della decade. Gli anni ’90 vedono le affermazioni di Sergi Bruguera (1991 e 1993) e il dominio di Thomas Muster (1992 e 1995-96), con Boris Becker che cede in 3 finali (1989, 1991 e 1995). L’alba del terzo millennio arride ad altri due grandi specialisti del mattone tritato, Gustavo Kuerten (1999 e 2001) e Juan Carlos Ferrero (2002-03). Quando l’argentino Coria (vincitore nel 2004) sembra avviato a diventare almeno sul rosso the next big thing, si assiste ad uno dei più spietati domini che il nostro sport abbia mai conosciuto. Arriva il 19enne Rafael Nadal, la furia rossa di Manacor che, a partire dal 2005, si aggiudica 9 delle ultime 12 edizioni, con Djokovic (2013 e 2015) e Wawrinka (2014) a spartirsi le poche fette di torta lasciate dall’iberico.

Sebbene dal 2009 abbia perso la status di Masters 1000 obbligatorio, Montecarlo gode, ça va sans dire, di una tradizione tale da renderlo torneo molto ambito, uno dei pochi ad essere sfuggiti a Roger Federer, sconfitto 4 volte nell’atto finale (2006-08 da Nadal, 2014 da Wawrinka). Non parteciperà il maestro svizzero, a meno di improbabili ripensamenti dell’ultim’ora alla prossima edizione. A chi toccherà, quindi, il Montecarlo Rolex Master 2017? In fondo, conta poco. L’evento è solo un pretesto per fare una bella vacanza. Oppure no?

Andrea Ciocci

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