Schiavone, meraviglia senza fine (Crivelli). Schiavone, un’altra prodezza (Semeraro). A Montecarlo sulle tracce di una visione chiamata Bolelli (Clerici). Murray, un rientro morbido (Marianantoni). Rafa per la Decima, Nole per rinascere (Crivelli)

Rassegna stampa

Schiavone, meraviglia senza fine (Crivelli). Schiavone, un’altra prodezza (Semeraro). A Montecarlo sulle tracce di una visione chiamata Bolelli (Clerici). Murray, un rientro morbido (Marianantoni). Rafa per la Decima, Nole per rinascere (Crivelli)

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Schiavone, meraviglia senza fine. L’ottava perla nell’anno del ritiro (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il declivio verso la nuova vita non può essere più dolce. Francesca Schiavone lascerà il tennis giocato a fine anno, ma intanto alle soglie dei 37 anni (li compirà a giugno) mette un’altra tacca su una carriera che stiamo già cominciando a rimpiangere. Perché una con il suo talento, la sua tigna, la sua capacità di leggersi dentro e non smettere mai di trovare motivazioni sarà difficile da ritrovare. La leonessa ruggisce a Bogotà, un torneo che in fondo ci porta bene: lo avevano già vinto la Pennetta nel 2005 e la Vinci nel 2007. E’ il suo ottavo sigillo in 19 finali, ma sul computo pesano le 8 finali perse di fila all’inizio prima di portare a casa il primo titolo a Bad Gastein. La milanese completa il filotto colombiano contro la Arruabarrena, che le sta davanti di 103 posizioni in classifica (65 a 168), senza perdere neppure un set e dando ragione agli organizzatori che l’avevano onorata con una wild card. E poco importa che stavolta l’esibizione non raggiunga vertici spettacolari anzi, per dirla con le sue parole, «questa partita è stata un disastro: lei ha giocato male il primo set, io il secondo, ma poi per fortuna mi sono rimessa in carreggiata». Annullati due set point all’avversaria sul 5-4 del secondo, Francesca conquisterà tre game consecutivi, con la forza dell’esperienza e della malizia ma anche con quelle variazioni di ritmo e di tagli sconosciute alle valchirie di oggi. Con il successo, la Schiavone domani sarà numero 104 del mondo, cioè con la classifica per accedere direttamente al tabellone principale del Roland Garros senza bisogno di una wild card, che comunque le sarebbe stata concessa dopo le magie del 2010 (vittoria) e del 2011 (finale). Intanto, ancora una volta, ha dato uno schiaffo all’età, 14 mesi dopo l’ultimo trionfo a Rio: «E’ stato un torneo duro, con avversarie toste fin dall’inizio, e nei quarti sono anche stata male. Ma nel mio cuore sapevo di poter andare così lontana, perché ho lavorato duro per essere qui ed essere competitiva sempre. Quando fai i sacrifici giusti, le cose succedono, ed è esattamente quello che mi immaginavo». Francesca trova anche una chiave emotiva: «La settimana scorsa ho perso di un pelo contro la Kerber e ho capito di doverci credere. Sono contenta sia accaduto a Bogotà, dove il pubblico mi vuole bene e mi rispetta. Non avevo nessuna pressione di dover vincere un altro titolo nella mia ultima stagione, ma è accaduto». Un’eterna meraviglia.

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Schiavone, un’altra prodezza (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Francesca Schiavone ha detto che questo sarà il suo ultimo anno da tennista, ma a guardarla in campo non le si crede. Nel 250.000 dollari Wta di Bogotà la milanese, che compirà 37 anni nel prossimo giugno, ha vinto il suo ottavo titolo battendo 6-4 7-5 in un’ora e quaranta minuti la 25enne Lara Arruabarrena, n. 65 Wta. E alla fine, per celebrare un trionfo colto da wild card, la Schiavone si è filmata in campo, mentre la Arruabarrena – che sul 5-4 del secondo set ha sciupato tre palle per arrivare al terzo – scoppiava in lacrime e finiva per farsi consolare dall’avversaria. Nel primo set Francesca era andata subito sul 3-0 poi, dopo essersi fatta riprendere il servizio, aveva chiuso con un altro break sul 5-4. Nel secondo la ragazza basca ha alzato il livello e la potenza dei colpi, e pareva in controllo, ma sul 5-3 dopo le occasioni sprecate si è bloccata lasciando tre game di fila all’highlander milanese. «Un match disastroso, ma oggi l’importante era vincere», ha spiegato raggiante Francesca, alla sua 19^ finale in carriera. «In questo risultato ci credevo, ho lavorato tanto per raggiungerlo. Se ripenserò al ritiro? Non credo proprio». La milanese è la terza italiana ad alzare la coppa nel torneo colombiano dopo Flavia Pennetta nel 2005 e Roberta Vinci nel 2007, che in una finale-derby batté Tathiana Garbin. La Leonessa torna alla vittoria a 14 mesi di distanza dal centro a Rio ma, cosa più importante, il risultato di ieri le consente da domani di risalire al numero 104 del mondo, una posizione che le permetterà di partire in tabellone al Roland Garros. A Roma invece le tre wild card sono già assegnate (Sharapova, Errani e la vincitrice delle prequalificazioni) e se vorrà giocare al Foro Francesca dovrà passare addirittura per le “prequali”: Un vero peccato.

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A Montecarlo sulle tracce di una visione chiamata Bolelli (Gianni Clerici, La Repubblica)

Il primo a indicarmelo fu Angelo Tonelli, che ora è vecchio quasi quanto me, ed è diventato il più noto dei fotografi del tennis. «Tu hai giocato con Rosewall, quando aveva 16 anni, e hai detto che sarebbe diventato campione. Poi hai fatto lo stesso con Laver, McEnroe e Sampras. Ma perché non vieni a Budrio, a vedere Bolelli?». «Non sarà parente dell’oriundo francese, Henri, che giocò contro di noi in Davis negli Anni 50?» domandai. «Non credo proprio», rispose l’amico. Tra i miei molti difetti, c’era quello di non essere mai stato a Budrio, vicino a Bologna. Tonelli mi ci condusse, e vidi giocare per la prima volta un bambino che, da lontano, mi parve parente di Nicola Pietrangeli. Gesti preziosi, quei gesti che un dimenticato poeta francese, Amblard, ha chiamato Gestes Blancs, e che io, ammiratissimo, ho tradotto Gesti Bianchi. Presi così a seguire Simone Bolelli, e, via via che lo vedevo progredire, senza peraltro affermarsi come avevo immaginato, mi veniva in mente Pietrangeli. Anche perché, mentre Nicola, pur dimenticando spesso di allenarsi, aveva avuto una carriera felice, pareva che Simone fosse un campione degli infortuni. Simone, molto brillante junior, giocò a Roma, un match quasi vinto con quel semifenomeno di Verdasco. A conferma dell’esordio, nel 2008 batteva in Davis Mr Servizio Ivo Karlovic, e a Monaco di Baviera raggiungeva la finale, pur perdendola da Gonzales. Seguiva, l’anno seguente, una vicenda nella quale la Federtennis non si distingueva, assegnandogli presunte responsabilità per aver preferito alla convocazione in Davis un torneo. Ciò avrebbe condotto infine alla separazione da un coach, ora trasferitosi in USA, come Pistolesi. Da quel momento iniziò una successione di infortuni, al braccio, al polso, al ginocchio, che ne avrebbero interrotto la carriera, costringendolo, forse, a privilegiare il doppio, dove, con Fognini, il maggior risultato sarebbe giunto dalla vittoria nello Australian Open. Ed eccomi ad ammirare, proprio insieme a Pietrangeli, un successo che lo vede onorare l’invito fattogli dai generosi organizzatori di Montecarlo, mentre la sua classifica, tra un ospedale e l’ altro, è salita verso l’incredibile N. 600. Un nettissimo successo, sul mitico Centrale, contro il kazako Kukushkin. «Spero di riuscire a giocare un paio d’anni senza sale operatorie» mi ha detto mentre gli parlavo dopo la sua bella partita. «Spero la vita vada meglio dopo i trent’anni». Non si può che augurarglielo, per il suo gioco, e il suo coraggio.

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Murray, un rientro morbido (Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport)

I fiori restano pregiati, per cui il Giardino Esotico si è rivelata la sede adatta per il sorteggio dell’edizione 2017 del Montecarlo Rolex Masters. E’ vero, mancano alcuni petali preziosi, primo fra tutti Roger Federer, che dopo il boom dei primi tre mesi ha salutato fino a Parigi, poi Raonic, alle prese con i soliti problemi a una coscia, Nishikori, che non ha mai messo il Principato in cima ai suoi pensieri terraioli di inizio stagione (preferendo Barcellona), Monfils (infortunato), Kyrgios (altri programmi) e Gasquet (non ancora guarito dall’appendicite). In un torneo che nelle ultime 12 edizioni ha premiato solo tre giocatori (Nadal, Djokovic e Wawrinka), il numero uno Murray, al ritorno dopo i guai a un gomito, proverà a far meglio delle tre semifinali del 2009, 2011 e 2016. Debutto dopo il bye contro il vincente tra Muller e il veterano spagnolo Robredo, ottavi con Ramos o Kohlschreiber, quarto con Cilic o Berdych, prima dell’eventuale semifinale con Wawrinka. Insomma, poteva andare peggio. Lo svizzero, che al Country Club ha vinto il suo unico Masters 1000 in carriera nel 2014, al secondo turno troverà Mischa Zverev o il ceco Vesely, giustiziere di Djokovic lo scorso anno, per poi trovarsi probabilmente di fronte l’uruguaiano Cuevas o il portoghese Sousa, con la minaccia di un francese nei quarti, Tsonga o Pouille. Molto più complicato il cammino del campione in carica Nadal, quasi che la sorte voglia metterlo alla prova sulla strada della Decima (e del 50 torneo sul rosso, sarebbe un record). Dopo il secondo turno contro Evans o Edmund, negli ottavi potrebbe trovare Alexander Zverev, in gennaio piegato in cinque set al terzo turno di Melbourne, prima di un ipotetico quarto contro Dimitrov, cui annullò un match point in semifinale in Australian. Fino alla semifinale crac con Djokovic. Nole trova Simon o il tunisino Jaziri, poi Carreno o, speriamo, Fognini, prima di un quarto con Thiem o Goffin. Sono tre gli azzurri nel tabellone principale: Fognini ha un esordio tutt’altro che facile contro Carreno, 19 del mondo e 13′ testa di serie, con cui ha perso 4 volte su 4; Lorenzi, reduce dai quarti di Marrakech, trova l’altro spagnolo Marcel Granollers, mentre Seppi, che ha ricevuto una wild card, debutta contro Alexander Zverev. Poteva andare meglio.

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Rafa per la Decima, Nole per rinascere (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Troppo facile parlare di resurrezione per un torneo che comincia il giorno di Pasqua. Anche perché, per uno dei due, il 2017 è stato fin qui un anno di buone novelle, malgrado le sconfitte brucianti contro Federer in Australia e a Miami. Eppure, il primo incrocio con il rosso sui campi del Principato rappresenterà per Nadal e Djokovic uno spartiacque importante. Nole, che a Montecarlo risiede quando non è impegnato sul circuito, arriva all’appuntamento con il solito fardello di dubbi che lo accompagna dal trionfo, ormai sempre più lontano, del Roland Garros 2016. L’anno scorso, in riva al mare della Costa Azzurra, perse subito da Vesely per manifesta stanchezza, ma veniva dai trionfi australiani e americani e dopo Montecarlo avrebbe vinto a Madrid, perso in finale a Roma e finalmente domato Parigi. Quello era un robot sostanzialmente imbattibile; questo è un uomo che pare aver smarrito il fuoco sacro per il tennis, tanto da perdere in sei mesi il numero uno in classifica che pareva blindato. Il rientro vittorioso in Coppa Davis e il conseguente bagno di folla lo hanno certamente corroborato, ma la rinascita da tutti pronosticata, e da lui sicuramente attesa, passa da qui e dai prossimi due mesi, perché Nole difende un patrimonio di punti e di credibilità tecnica difficili da recuperare in caso di ulteriori smarrimenti. Senza Federer, poi, a riposo fino a Parigi, la casella dei rivali perde una pedina veramente ostica. Eppure, nonostante Roger, questo inizio di stagione dovrebbe aver restituito alla terra il vero padrone, il favorito per eccellenza. A Montecarlo, come a Barcellona e poi al Roland Garros, Rafa Nadal lotterà soprattutto contro i numeri. Incredibili. Per tre volte, andrà per la Decima, cercherà cioè il 10° successo nello stesso torneo. Se la condizione psicofisica sarà quella dei primi tre mesi, il mancino di Spagna tornerà ad essere il riferimento, soprattutto nel Principato dove è campione in carica, perché nessuno possiede i suoi colpi e la sua strategia sul rosso. malgrado si schernisca: «Non gioco sulla terra da un anno e non so se posso già essere considerato come uno dei candidati alla vittoria. Sono stato contento di ritornare a casa dopo un mese e mezzo, il mio obiettivo al momento è quello di sentirmi pronto per giocare di nuovo su questa superficie e di restare in salute: così potrò essere uno dei favoriti». Ma il profilo basso non si addice ai guerrieri.

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