Andy Murray, remare non è più in voga

Al maschile

Andy Murray, remare non è più in voga

Terra battuta, terra di grandi recuperi, terra di gente che rema. Andy Murray sapeva essere maestro, ma adesso le cose potrebbero cambiare

Pubblicato

il

 

La campagna sul rosso di Andy Murray non si è aperta nel migliore dei modi. Certo, considerando la convalescenza dall’infortunio al gomito è plausibile immaginare che le partecipazioni ai tornei di Montecarlo e Barcellona (grazie a una wild card dell’ultimo minuto) siano servite soprattutto come banco di prova in vista dei più importanti appuntamenti di Madrid e Roma, dove allo scozzese tocca difendere la bellezza di 1600 punti. E no, non vale più la litania di Murray che non gradisce la terra battuta perché da almeno due stagioni a questa parte le cose sono cambiate.

Nel triennio 2014-2016 Andy ha infatti conquistato i suoi primi tre titoli (Monaco ’15, Madrid ’15 e Roma ’16), raggiunto due semifinali e una finale al Roland Garros e vinto ben 46 incontri sul mattone tritato. Per rendere l’idea tra il 2006 – anno della sua prima vittoria su questa superficie – e il 2013 lo scozzese ne aveva vinti in totale 48. In otto stagioni. Proprio nella nefasta stagione rossa del 2013 (appena cinque vittorie) condita dai problemi alla schiena che l’avevano costretto a saltare il Roland Garros, è nata l’esigenza di svoltare su una superficie che tecnicamente non penalizza le sue attitudini. Il cambio di approccio – più che tecnico-tattico – dello scozzese ha infatti dimostrato che può far bene e vincere anche su terra battuta.

Si è detto quindi che i risultati di questo 2017 potrebbero essere viziati dai postumi dell’infortunio. Anche se, a ben vedere il resto della stagione di Murray, lo scozzese non è sembrato particolarmente peggiore. Aveva perso contro i volleatori Zverev e Pospisil e ha rischiato pure contro Muller a Montecarlo – su fondo ben più lento, però – e le difficoltà nel prendere in mano l’iniziativa emerse nel doppio confronto con Ramos (che a momenti non si concludeva con una doppia sconfitta) sono accostabili a quelle che stavano per tradirlo contro Kohlschreiber a Dubai.

La seconda sfida con Ramos, il quarto di finale di Barcellona, ha evidenziato però una circostanza interessante. Memore della debacle di Montecarlo e incapace nuovamente di dominare lo scambio semplicemente con la pressione da fondo campo, nel secondo set Murray ha iniziato a prendere la via della rete con una certa continuità. Vincendo così, dati alla mano, l’incontro. 30 discese a rete con 22 punti realizzati, oltre il 73%. E ancora contro Thiem, seppur uscito sconfitto, 30 volte a rete con 19 punti realizzati a fronte dei 70 vinti nelle altre situazioni di gioco. Trovatosi di fronte a due giocatori “da terra battuta” il n.1 del mondo ha accettato le difficoltà nell’esprimere il suo tennis canonico e si è buttato avanti. Non è un caso che contro Muller (Montecarlo) e Lopez (Barcellona), gente che a rete ci va senza che gli sia imposto, abbia approcciato il net solo 12 e 17 volte.

Certo, i due punti con cui ha regalato l’accesso in finale all’austriaco sono figli proprio di due pasticci a rete, ma la disabitudine si può combattere soltanto giocando di volo più spesso. Lo sa bene Djokovic, che a Montecarlo si è aggirato dalle parti della rete con incertezza almeno pari alla confusione tattica. Succede spesso al serbo quando da fondo campo le cose non vanno. Murray invece ha dimostrato che anche in giornate non particolarmente positive può tenere buone percentuali di realizzazione a rete, e l’obiettivo può essere quello di familiarizzare con questo aspetto del gioco. Tanto più quando il semplice “remare” ben dietro la linea di fondo non produce risultati apprezzabili.

Non è l’unico incentivo. Una condizione atletica imperfetta quale sembra essere quella dello scozzese al momento non può certo giovare a una tattica di gioco attendista: arretrando il campo da coprire si allarga e gli angoli utili al contrattacco si riducono. Murray ha sempre fatto leva su un footworking poderoso, tanto che non era infrequente vederlo recuperare persino sul rosso con gli “step” classici in luogo della scivolata, e questo ha reso la sua tela di palleggi in contenimento pressoché inattaccabile. Ma i campioni sono tali anche perché sanno evolversi. Sir Andy ha manualità sufficiente per poter implementare almeno in parte il gioco di rete nei suoi schemi? Sì. Viene quindi da chiedersi come mai non scelga di farlo più spesso.

Esistono probabilmente delle ragioni tattiche oltre a quelle relative alla “disabitudine” di cui poco sopra. Prima fra tutte la sua posizione in campo, che banalmente lo costringe a un percorso più lungo per guadagnare la rete. Partendo dalle retrovie è necessario che l’attacco sbilanci il colpo successivo dell’avversario a tal punto da permettere una chiusura comoda, per evitare di ritrovarsi a metà strada quando il passante sta già sorvolando il nastro. Serve una bella frustata, in soldoni. Per informazioni chiedere a mister “sbraccio quando voglio” Stan Wawrinka.

Non va trascurata anche l’impostazione dei colpi da fondo di Murray. Se oggi il trend è, in fase di attesa, stare più spesso con i piedi nella metà campo sinistra per facilitare l’esecuzione del diritto anomalo, Andy tende a tenere una posizione più classica. Ovviamente perché il suo punto di forza è il lato sinistro e non “teme” di dover giocare il rovescio. Ma il colpo bimane non facilita lo schema classico di discesa a rete, laddove l’approccio slide risulta meccanicamente più appropriato. Lo scozzese utilizza il cambio in back con altri scopi che quello offensivo e neanche così spesso. Ne risulta che ha meno facilità nel trovare il classico dritto che spezza l’equilibrio dello scambio e permette di andare a colpire di volo “con l’elmetto”, mutuando un’espressione per nulla abusata in telecronaca.

Insomma, andare a rete non è solo questione di giocare una volée. Quelle noiosissime lezioni sulla “costruzione del punto” sono in effetti il vero nucleo di una scelta tattica che però può far svoltare una carriera. Ovviamente ci stiamo velatamente riferendo a… Mats Wilander. L’avevate capito no?

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement