Lo Slam di Camila

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Lo Slam di Camila

Le hanno detto che ha sprecato il suo talento, che non ha un piano B e che è succube del padre. Ecco perché Camila Giorgi può vincere un torneo dello Slam

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In fondo sono solo sette Camila, sette in quindici giorni. Sette esibizioni del tuo talento, della tua capacità di spaccare la palla con quell’anticipo da ping pong. Sette, non una di più, non una di meno. Sette come i peccati capitali, quelli che per qualcuno hai commesso tutti, meritandoti squalifiche farlocche e pubblico ludibrio. Sette come i re e i colli di quella Roma che non ti avrà, sette come le note di una melodia ancora tutta da scrivere.

Non è la vittoria su Pliskova, la migliore in carriera per ranking dell’avversaria, a farci presagire il meglio, nè la fatidica prova del nove superata contro la Wang dopo un primo set gettato alle ortiche. In fondo, che Camila fosse capace di battere tutte lo si sapeva da anni, chiedere  a Sharapova, Wozniacki, Radwanska, Azarenka e compagnia.  Come non è una novità che nel tennis femminile attuale ci sia spazio per tutte. E poi,  le sorelle d’Italia spesso chiamate ad esempio per la loro immutabile dedizione alla causa azzurra, in verità  hanno trionfato nei major quando non erano più ragazzine.

È quello sguardo improvvisamente sereno, quell’atteggiamento sempre propositivo ma al contempo umile di chi sente di evolversi, di chi sente di stare crescendo tecnicamente e non solo. In quelle risposte bloccate di diritto che per la prima volta hanno fatto capolino nel suo gioco, c’è tutta la dimensione di un’ansia che va via via sbiadendosi, un voler dire a chi sta dall’altra parte del campo ma soprattutto a se stessa “io sono più forte di te, io so tirare più forte di te, ma non ho più la necessità di dimostrartelo subito”. 

Non perderà per questo quel suo sguardo fiero che la porta a dire che ogni vittoria è uguale ad un’altra, che non conta l’avversaria appena battuta, conta solo la prossima partita. È la sua forza. E non perderà il piacere di sparare i suoi missili anche quando forse non ce ne sarà bisogno.

Sarà costretto a rimpiangere,  il pubblico romano che nel maggio del 2008 sul campo 4 del Foro Italico intravide sotto una bandana azzurra uno scricciolo italiano di sedici anni dalla parlata spagnola che sparava fendenti senza pietà, di non poter ammirare i suoi progressi e forse qualcuno si coprirà per la vergogna. Non sarà forse Parigi con i suoi campi umidi e paludosi ad esaltare il suo tennis. Ma verrà l’erba, quei prati che l’hanno già premiata, e i campi duri americani.

Sette volte Camila, solo sette, tutte insieme. Perché sette sono i colori dell’arcobaleno che il tuo sorriso finalmente libero farà splendere sul podio più alto.

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