La settimana degli italiani: se non ci fossero le donne...

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La settimana degli italiani: se non ci fossero le donne…

Brilla ancora Schiavone. La Leonessa si arrende soltanto in finale a Rabat. Positiva anche la settimana di Errani e Giorgi. Gli uomini? 5 sconfitte su 5 al primo turno

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Se non ci fossero le donne, bisognerebbe inventarle: in una settimana in cui i nostri uomini non portano a casa neanche un successo al primo turno, rimediando in alcuni casi – vedasi Fognini e Lorenzi – sconfitte più che deludenti, il nostro settore femminile, sino ad un mese fa in assoluta crisi di risultati, regala più di un motivo per sorridere a chi ha a cuore le sorti del tennis azzurro. Ovviamente, tra tutte le belle notizie, spicca la storia di Francesca Schiavone: sino a un mese fa, quando, dopo un inizio orribile di 2017 – durante il quale non aveva mai battuto nessuna top 100 né tantomeno superato un turno nel circuito maggiore – era impossibile prevedere che si producesse in un exploit come quello compiuto negli ultimi 30 giorni. Francesca, lo avevamo anche scritto in questa rubrica, era ammirevole per la grande passione profusa nel suo annunciato ultimo anno di carriera professionistica: mostrava un grande amore per il tennis che, a quasi 37 anni e dopo una carriera ventennale ad altissimo livello, ancora l’animava e le consentiva di fare sacrifici girando il mondo, davanti a pochi spettatori, nelle qualificazioni dei grandi tornei o nei primi turni di piccoli eventi del circuito. Non era immaginabile che, improvvisamente, si producesse in risultati tecnici del livello di quelli raggiunti, sebbene non sia di certo la prima volta che accade una cosa simile nella storia di questo nostro pazzo sport: riuscire a vincere nove partite di fila nel circuito maggiore non capita che di rado, qualunque sia il livello delle avversarie affrontate.

Dopo il successo nell’International di Bogotà di metà aprile, a Rabat, la capitale amministrativa del Marocco, la prima giocatrice italiana a vincere uno Slam (Roland Garros 2010) e con il best career ranking più alto in assoluto per una tennista azzurra (4 del mondo) ha confermato di essere rinata, giocando un tennis che da almeno 3 anni non riusciva a mettere in campo con la continuità mostrata in questo mese. Un rendimento tale da consentirle di raggiungere la seconda finale WTA consecutiva, come non le accadeva dall’ottobre 2009, quando vi riuscì prima a Osaka e poi a Mosca. Un grande cammino quello della milanese, che sarà adesso la seconda giocatrice italiana nel ranking, rendendo ancora più opinabile di quanto non fosse già sembrata, la decisione della direzione degli Internazionali d’Italia di non concederle la settimana prossima una wild card al Foro Italico. Tra l’altro, come in Colombia, anche in Nord Africa la nostra campionessa ha ricevuto un invito dagli organizzatori per accedere al tabellone principale e nuovamente Francesca ha mostrato di meritarlo, rispondendo nella maniera migliore, sul campo, alla fiducia accordatale e alla stima per la sua grande carriera. Un cammino, quello in Marocco, iniziato subito molto bene, sconfiggendo, dopo la Bertens a Bogotà, un’altra top 40, la 23enne ungherese Timea Babos, 4°testa di serie del tabellone, col punteggio di 6-4 6-1 in 1 ora e 28 minuti. Francesca ha continuato poi con la stessa sicurezza nel turno successivo, quando non ha lasciato scampo ad un’avversaria dal ranking ben più modesto, la 25enne canadese Gabriela Dabrowski, n° 348 WTA, proveniente dalle qualificazioni ed eliminata con un duplice 6-4 in 1 ora e 39 minuti. Maggiori difficoltà vi sono state per sconfiggere ai quarti la 29enne teutonica Tatiana Marja, 104 WTA: nonostante l’unico precedente tra le due fosse stato di facilissimo appannaggio della Schiavone (l’anno scorso a Rio, quando poi la milanese vinse anche il titolo), questa volta l’azzurra ha dovuto cedere un set prima di trionfare col punteggio di 1-6 6-4 6-3 in 1 ora e 54 minuti di partita. Varvara Lepchenko, 30enne uzbeka naturalizzata statunitense, 74 WTA, non era assolutamente un avversario facile in semifinale per la nostra giocatrice, come testimoniato dai precedenti, condotti 2-1 dalla sua avversaria: spiccava un dolorosissimo 8-6 al terzo al Roland Garros 2012, a favore della Lepchenko. Francesca però, forte della sua eccellente condizione psico-fisica, è riuscita a fare benissimo, conquistando la finale dopo 2 ore ed un 1 minuto complessivi di due set molto lottati, archiviati col punteggio di 7-5 6-4L’atto finale, contro una top 20 in forma come Anastasia Pavlyuchenkova, vincitrice in finale sulla Kerber a Monterrey, in Messico, il mese scorso, si è rivelato purtroppo uno scoglio troppo duro per la Leonessa, che è uscita comunque dal campo con l’onore delle armi, facendo sudare la 25enne russa, vincitrice di 4 dei 7 precedenti (e degli ultimi 3), la quale ha vinto il suo decimo titolo solo con un duplice 7-5, dopo 1 ora e 43 minuti di partita molto equilibrata, decisa per pochi punti.

Buone notizie arrivano anche da Sara Errani, in lenta, ma continua ripresa: l’emiliana, anch’essa iscritta alll’International di Rabat, era questa settimana ancora fuori dalla top 100 (102) e non raggiungeva una semifinale da Charleston 2016: vi è riuscita grazie all’abnegazione e l’umiltà che sempre l’hanno contraddistinta e che le hanno consentito di iscriversi, dopo Bogotà e Istanbul, ad altri piccoli International WTA sulla terra, come lo era anche quello marocchino. Sara era conscia di avere preziose chance di recuperare posizioni in classifica e fiducia nel suo tennis, tramite successi, seppur contro avversarie spesso modeste, come quelle del suo primo turno a Rabat, quando ha sconfitto con un duplice 6-3 in 1 ora e 23 minuti la wild card Anna Blinkova, 18enne russa ancora acerba, al 127° posto del ranking WTA. La crescita del rendimento di Sara si è però riscontrata contro Alison Rike, 30enne statunitense contro la quale era 1 pari nei precedenti, ma, soprattutto tennista dalla buona classifica, 40 WTA: un avversaria con questo ranking non era sconfitta dalla finalista del Roland Garros 2012 addirittura dallo scorso agosto, quando alle Olimpiadi, l’ex numero 1 di doppio sconfisse di fila Bertens e Strycova, prima di arrendersi alla Kasatkina. A Rabat, dopo un’infinita battaglia di 2 ore e 56 minuti, la nostra tennista ne è venuta fuori alla grande, con un successo archiviato col punteggio di 7-6(7) 6-7(4) 6-2. Una vittoria che si è rivelato un trampolino di lancio per raccogliere nei quarti un successo ancora più rilevante dal punto di vista tecnico, come quello rappresentato da Daria Gavrilova, 23enne russa naturalizzata australiana, n°26 del mondo famosa al pubblico italiano per avere raggiunto nel 2015 le semi al Foro Italico. La tennista aussie non era mai stata sconfitta in carriera dall’emiliana nei due precedenti, che questa volta ha però sfatato il tabù con una prova degna della Errani che abbiamo conosciuto sino ad un paio di anni fa, una prestazione che ha permesso l’importante vittoria con lo score 7-6(5) 6-4 in 1 ora e 54 minuti. In semifinale, contro la prima testa di serie del torneo, Anastasia Pavlyuchenkova, 16 WTA ed in vantaggio 3-2 nei precedenti, la nostra giocatrice ha fatto partita pari solo nel primo set, prima di cedere nettamente, col punteggio di 6-4 6-0 in 1 ora e 17 minuti: non sapremo mai se e quanto abbia influito in Sara il pensiero di dover partecipare l’indomani alle quali di un importantissimo Premier Mandatory come quello di Madrid.

Le speranze del tennis in gonnella azzurro nel futuro prossimo, basta vedere la classifica WTA – nella quale non si intravedono nuove leve capaci quantomeno nel prossimo paio d’anni di arrivare nella top 50 – si basano tuttavia in gran parte sulla maturazione di Camila Giorgi, ancora 25enne. La maceratese, dopo che a gennaio era partita bene con le semifinali a Shenzhen, quest’anno è stata frenata per un paio di mesi da problemi alla schiena che, a partire da febbraio, l’hanno costretta a giocare poco e male, facendola scivolare al 99° posto del ranking WTA. In questi giorni a Praga la Giorgi ha confermato nel bene e nel male quel che si sa ormai bene di lei: l’allieva di papà Sergio, difatti, può battere chiunque (o quasi) e perdere da avversarie modeste, molto meno dotate tecnicamente di lei, a causa soprattutto di quell’incapacità (volontaria, stando a quel che lei stessa dichiara) di adottare schemi alternativi nel corso di un match, assecondandone, come fanno quasi tutti, i vari momenti. Nell’International di Praga, intanto, ha ottenuto la vittoria più prestigiosa della sua carriera in rapporto alla classifica dell’avversaria: Camila, non nuova a battere top ten di grido (come Sharapova ad Indian Wells nel 2014) contro Karolina Pliskova, quarta giocatrice al mondo, è stata praticamente impeccabile nel corso del match, al netto di una prestazione non brillante della beniamina di casa, ed ha vinto col punteggio di 7-6(6) 6-2 in 1 ora e 38 minuti. E dire che nella capitale ceca Camila è stata brava anche a superare positivamente la più classica delle prove del nove, rappresentata dal secondo turno contro la cinese Quiang Wang, n°99 WTA, già battuta molto nettamente a Shenzhen quest’anno. A Praga, è stato tutto più complesso, ma è comunque arrivato il successo: Camila ha perso il primo set prima di ritrovare la quadra e vincere 4-6 6-3 6-2 in 1 ora e 55 minuti. Ai quarti, dove ha affrontato Mona Barthel, 25enne tedesca al 99°posto del ranking WTA, già sconfitta due volte l’anno scorso dalla maceratese (che aveva però perso il primo dei tre precedenti, nel 2011) ha deluso un po’ tutti, tanto è vero che ad alcuni era balenato il pensiero che la nostra tennista avesse preferito andare a giocare le quali di Madrid. Tuttavia non si è iscritta al Premier Mandatory spagnolo, smentendo definitivamente tale ipotesi. Lenisce solamente in parte il rimpianto (nel secondo set è stata avanti 5-2 ed ha poi avuto 3 set point nel tie- break) per l’occasione persa dalla Giorgi, (sconfitta 7-6(0) 7-6(8) in 1 ora e 59 minuti) la circostanza che poi la Barthel abbia confermato di aver giocato su ottimi livelli durante tutta la settimana, vincendo il quarto titolo della sua carriera, dopo aver sconfitto Strycova in semi e Kristyna Pliskova in finale.

Se le donne, dunque, hanno portato a casa una finale, una semi ed un quarto, un bottino assolutamente positivo, tanto più in questi tempi grami, gli uomini non sono riusciti minimamente a stare in scia alle loro colleghe, rimediando addirittura cinque sconfitte in cinque incontri. Deludono soprattutto i primi due nostri giocatori, Fognini e Lorenzi, iscritti rispettivamente agli ATP 250 di Monaco ed Istanbul, due tornei dall’entry list modesta (in Baviera vi erano solo due top 20 ed altri due top 30, in Turchia, a parte Raonic e Cilic, non vi erano ulteriori top 30) nei quali erano accreditati di ottime teste di serie, delle quali potevano approfittare per guadagnare preziosi punti in classifica. Al Bmw Open, Fabio, che al primo turno aveva avuto un bye in qualità di quarta testa di serie del tabellone, ha affrontato Guido Pella, 156 ATP, il ventiseienne argentino contro in quale lo scorso febbraio, nel tie contro la selezione albiceleste valevole per il primo turno di Coppa Davis a Buenos Aires, era stato autore di una grande rimonta da due set sotto, che aveva dato il punto decisivo all’Italia per l’accesso ai quarti del World Group di Davis. A dispetto della classifica modesta del sudamericano, dunque, non era assolutamente un match facile, anche tenendo conto dell’unico altro precedente tra i due, vinto da Pella nel 2013 sulla terra rossa di San Paolo: da qui a giustificare però una sconfitta cosi pesante come quella di Fabio, uscito dal campo dopo appena 66 minuti di una partita il cui punteggio, 6-2 6-3 a favore del mancino argentino, è magari poco veritiero per quanto è netto, ce ne passa. Pella ha giocato bene ed ha dimostrato, arrivando sino alla finale, di avere una classifica bugiarda, ma Fabio non può perdere così, se ha ambizioni di tornare dove è stato dal 2013 al 2015, ovvero nella top 20. La terza eliminazione consecutiva al primo turno – dopo quella contro Carreno Busta a Montecarlo e Kuznetsov a Budapest – è un brutto colpo inaspettato per il ligure che a Miami sembrava aver trovato il modo per esprimersi su ottimi livelli e che con due sconfitte contro giocatori non classificati nella top 80, ha sprecato un’ottima chance e perso punti in classifica (l’anno scorso era arrivato in semi a Monaco, perdendo da Kohlshreiber). L’unica buona notizia per il numero 1 azzurro, imminente padre, è che, nel mese che separa Madrid dal Roland Garros, non abbia punti da difendere.

Non è andata meglio al nostro numero 2, Paolo Lorenzi, iscritto a Istanbul, dove era accreditato della quarta testa di serie, in virtù della quale aveva usufruito di un bye al primo turno: ha dunque esordito contro il 21enne serbo Laslo Djere, 153 ATP, che lo ha a sorpresa eliminato col punteggio di 6-2 6-3 in 1 ora e 17 minuti. Una sconfitta inaspettata per il 35enne toscano, che di solito non fallisce gli appuntamenti nei quali è opposto a giocatori classificati nel ranking ben al di sotto di lui: al netto del rendimento in ascesa del giovane connazionale di Djokovic, non è da escludere che Paolo non fosse al meglio, stante anche la successiva decisione di cancellarsi dal Masters 1000 di Madrid. Stessa sorte di Fognini e Lorenzi è poi toccata al terzo ed ultimo azzurro attualmente nella top 100, Andreas Seppi: il bolzanino, ancora incapace di vincere due partite di fila dopo i suoi ottimi Australian Open e reduce sulla terra da sconfitte nette (ha perso malamente contro Alexander Zverev a Montecarlo e da Carreno Busta a Barcellona), si è iscritto, come fatto dal ligure, al Bmw Open di Monaco di Baviera (hanno anche giocato assieme, senza troppa fortuna, il doppio). In singolare ha affrontato il trentaduenne mancino argentino Horacio Zeballos, n°63 ATP reduce dalle semifinali raggiunte all’ATP 500 di Barcellona la settimana precedente. Andreas, che conduceva 2-1 i precedenti (sebbene una sua vittoria sia “falsata” dal ritiro nel corso del primo set da parte dell’argentino, nel 2013 sulla terra di Umago), ha purtroppo ceduto alla distanza con il sudamericano, che poi sarebbe giunto sino ai quarti, vincitore 5-7 6-2 7-5 in 2 ore e 9 minuti di partita.

Risultano infine indubbiamente meno amare le sconfitte rimediate da Riccardo Bellotti, 25 anni e 204 ATP, e di Salvatore Caruso, classe 1993 e 206°giocatore del ranking: entrambi si sono per la prima volta in carriera qualificati in un torneo del circuito maggiore, rispettivamente a Istanbul ed Estoril. Bellotti, tra l’altro, qualificatosi dopo aver sconfitto nel tabellone cadetto al primo turno 6-3 6-1 in 66 minuti Andres Molteni, 29enne argentino n°750 ATP, ed al turno decisivo 6-2 6-1 in 1 ora e 13 minuti il 25enne lituano Laurynas Grigelis, 254 ATP, ha anche qualche rimpianto (ha servito per il match sul 5-4 del secondo set) per come è andata la partita, persa in 2 ore e 6 minuti contro il brasiliano Rogerio Dutra Silva, 69 ATP. Meno recriminazioni per il siciliano Caruso, eliminato d’acchito da un ex top ten come il sudafricano Kevin Anderson, attualmente 66 ATP, a causa degli infortuni che hanno condizionato il suo 2016: Salvatore ha perso in 73 minuti col punteggio di 6-2 6-3, ma può dirsi soddisfatto per aver guadagnato l’accesso nel tabellone principale, dopo aver sconfitto prima in un derby tricolore Federico Gaio, 161 ATP, col punteggio di 6-1 6-2 in 56 minuti e poi il 29enne transalpino Kenny De Schepper con lo score di 6-3 7-6(1) in 1 ora e 39 minuti.

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