Diario dalla Caja, day 2: gli spaghetti alla Grisha e i Bryan, gemelli diversi

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Diario dalla Caja, day 2: gli spaghetti alla Grisha e i Bryan, gemelli diversi

MADRID – Sospinto dal tifo dell’Arantxa Sanchez Vicario, il bulgaro ha superato Kohlschreiber mentre Bob ha dato sfoggio della sua precisione

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dal nostro inviato a Madrid

Il volo – Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, avremmo dovuto capire subito che oggi sarebbe stata una magnifica giornata. Nella sala colazione dell’ottimo AC Hotel in cui alloggiano i vostri umili inviati, sono apparse stamane una schiera di avvenenti ragazze maldestramente identificate come partecipanti ad un possibile concorso di bellezza. Rimasti col dubbio fino al momento di salire sul Mercedes dell’organizzazione che ci avrebbe condotti alla Caja, lo stesso si è magicamente sciolto quando sulla soglia dell’albergo sono apparse le creature di cui sopra abbigliate con le inconfondibili divise riservate alle hostess di Emirates. E abbiamo subito preso il volo.

The Dark Side of the Badge – Scherzi a parte (mica tanto, però…), l’enigma più grosso – dopo la vana ricerca di una risposta al perché le fette cadono sempre sulla tovaglia dalla parte della marmellata – dopo anni e anni di Madrid è sempre lo stesso: perché la tesserina plastificata dell’accredito è sempre girata dalla parte sbagliata? Statistiche accurate testimoniano infatti che l’83,4% delle volte che si incontra un addetto al controllo, quest’ultimo vi guarderà con una certa severità in quanto il vostro badge mostrerà la sua faccia scura (come la luna dei Pink Floyd).

Spaghetti alla Grisha – Comunque, risolto il problema del cibo – in Avenida de America c’è una panetteria-pasticceria che soddisfa ogni bisogno in tal senso – la seconda giornata alla Caja si è aperta con il bagno di folla del Grand Stand (detto anche Arantxa Sanchez-Vicario Stadium) per la sfida tra Gregorio e Filippo, che detta così all’italiana sembra l’incontro tra un papa e un re e invece si tratta di Dimitrov e Kohlschreiber. Chi pensa che a Madrid il tennis non se lo fili nessuno – a parte quando gioca Nadal – poteva tranquillamente farsi un giro alle 12 dentro il centralino per capire quanto fosse lontano dalla realtà. Gli unici seggiolini vuoti erano quelli riservati a Carlita (Suarez Navarro) ma quando ci si è resi conto che la spagnola sarebbe scesa in campo come ultimo match, si sono riempiti pure quelli. Il tennis espresso dai due è stato di ottimo livello. Impeccabile nel suo completo nero da cameriere, poco adatto però alla canicola del mezzogiorno madrileno, Grisha ha mostrato solidità e talento e, pur distraendosi un attimo per tentare un approccio inusuale con la giudice di linea rea di essere sulla traiettoria di un recupero mancato dal bulgaro, ha fatto scatenare la curva degli ultras balcanici accorsi in gran numero.

Tutti a Board campo – Piacevoli incontri sugli spalti assolati del campo 4 per assistere all’inattesa quanto meritata vittoria di Nicolas Mahut su Jack S(h)ock. Il transalpino ha deliziato la platea con alcune splendide volee mentre l’americano violentava la palla con quel drittaccio rubato a Roddick e alcune mortifere palle corte di rovescio. Chiusa (come altre sfide di giornata) al tie-break del terzo, la partita ha avuto quali spettatori eccellenti nientemeno che l’ex-collega di ubitennis Enrico Riva e il membro del Board dell’ATP Giorgio di Palermo. Quando il primo, qui impegnato come grafico per la tv della stessa ATP, ha provato a ribadire il concetto che, rivolto al vostro cronista, “sei uno dei pochi che vengono a Madrid volentieri”, il secondo si è tolto gli occhiali per mostrare tutto il suo stupore. “E perché mai? Cosa c’è che non va in questo torneo? Anche a me dicono spesso che non c’è pubblico e io hai voglia a spiegargli che sono le inquadrature sul Santana a fregare, perché ci sono i palchetti che danno questa sensazione. Ma più in alto, bisognerebbe inquadrare più in alto…”. Confermiamo.

Zero in condotta – Una delle sfide più attese di giornata era il derby di Francia tra Gilles Simon e Gael Monfils, previsto sul Grand Stand dopo Grisha-Kohli. Ora, detto che nel primo set in campo al posto di Gilles c’era il suo sosia (ovvero il collega Paolo di Lorito, del quale qui in sala stampa ci domandavano che fine avesse fatto), dal secondo è arrivato il Simon vero e lo score si è capovolto: 0-6, 6-0. Quando tutti ci siamo avventati sulle pagine statistiche per trovare l’ultimo match ufficiale terminato con tre bagel, nel terzo l’incantesimo si è rotto e Monfils è arrivato addirittura a due match-point (sul 5-2). Gilles ha recuperato e trascinato Gael al tie-break e a quel punto era lecito attendersi una soluzione tipo 25-23. Invece niente: 7-0 Simon e tutti a casa.

Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo! – Navigatore di mille tempeste, Pablo Cuevas è stato a un gioco dall’eliminazione nel derby sudamericano con il qualificato Thomaz Bellucci, che qui fece semifinale diversi anni fa quando era ancora una promessa. In un campo 5 gremito all’inverosimile e con tanto di bandiere uruguagie, il mancino brasiliano ha servito per il match sul 5-4 ma Pablo, che, come ricordava De Gregori non muore mai, ha ritrovato la rotta e vinto al tie-break.

Gemelli diversi – Là in fondo, lontano da occhi indiscreti, si sono allenati anche i Bryan. Insomma, allenati è un parolone perché i doppisti hanno un modo tutto loro di intendere il “practice”, peraltro spesso assai interessante e divertente. Provano a ripetizione risposte in corridoio e tutti quei malcapitati spettatori che sono arrivati fino al campo 14 essendosi persi nei meandri della Caja e, fingendo di essere davvero interessati a ciò che stavano vedendo (mentre in realtà vorrebbero trovare al più presto l’uscita), senza sapere che si tratta appunto di doppisti, scuotono la testa e pensano: “Ma questi perché non ne mettono in campo una?”. Comunque, quando alla fine un ragazzo ha chiesto dagli spalti una pallina, il gemello diverso Mike con assoluta nonchalance gliel’ha tirata direttamente in mano dall’altra parte del campo. Poi dicono che il doppio non serve a niente…

C’eravamo tanto odiate – Quasi tre ore di partita, pallate addosso, niente scuse dopo i nastri fortunati, occhiatacce e sorrisetti ironici, urletti e urlacci, salti da canguro, pugni e pugnetti, doppi falli (nove quelli della russa), fischi e cori dagli spalti, ebbene il tutto solo nell’attesa spasmodica della stretta di mano finale. Genie Bouchard, che in conferenza stampa ha ribadito di pensarla esattamente come prima sull’avversaria odierna, ha finalmente battuto Maria Sharapova dando un altro dispiacere agli organizzatori. La canadese, non meno personaggio di Masha, durante un momento concitato della sfida ha fulminato con lo sguardo un raccattapalle-modello che tardava a consegnarle le palline, per non parlare di tutte le varianti sulle modalità di restituzione del telo. Dura la vita dei ball-men qui alla Caja.

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