Cosa piace e cosa non piace degli Internazionali (Parte 1)

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Cosa piace e cosa non piace degli Internazionali (Parte 1)

Ripresentiamo un articolo della scorsa stagione, in cui il direttore elencava vizi e virtù del torneo di Roma. E quest’anno?

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Ripubblichiamo in due puntate quel che Ubaldo Scanagatta scrisse lo scorso anno durante gli Internazionali BNL d’Italia 2016. Siamo curiosi di vedere quali cose siano cambiate e come. Va detto che molti miglioramenti, a seguito della nostra segnalazione, furono apportati nel corso del torneo.

Qui l’articolo originale

ROMA – Tre giorni di vero torneo e qualcosa si è già intravisto, di positivo e negativo in questi Internazionali d’Italia. Nei prossimi giorni, raccogliendo anche i commenti più circostanziati degli spettatori che, dopo essere stati a Roma, ci invieranno i loro commenti, approfondiremo ancora quelle che per ora sono prime impressioni, di alcuni addetti ai lavori, spettatori, giornalisti, fotografi, mie. Daremo anche spazio (meno) a coloro che seguono il torneo in tv o su altri media.

L’ordine di quanto sto per scrivere non è di importanza, ma casuale. Come le cose che mi tornano in mente. Forse troppe sono collegate al lavoro dei giornalisti, ma sono quelle che vivo di più sulla mia pelle

POSITIVO – La partecipazione del pubblico. Straordinaria. Campi brulicanti di gente anche per match che in altri eventi raccolgono poche decine di spettatori. Il torneo è diventato un happening cui si vuole essere comunque presenti anche se costa caro. Merito di chi è riuscito a rilanciare gli Internazionali BNL d’Italia Faccio sempre un po’ fatica a infilare quelle tre lettere, BNL, fra Internazionali e d’Italia, ma senza i soldi BNL, pur a me negati perché nei confronti del partner FIT scrivo quel che voglio, tanti progressi non si sarebbero fatti. Senza lilleri non si lallera.

NEGATIVO – Come potete leggere nell’articolo di Enrico Serrapede, che fa seguito ad un altro in cui si comparavano i prezzi dei biglietti di tre tornei, Montecarlo, Madrid e Roma e “i nostri” erano decisamente più cari degli altri due, in 7 anni i prezzi a Roma sono saliti del 100 per 100. Decisamente troppo se non si vuole che il tennis – ex sport d’elite divenuto più popolare dagli anni Settanta in poi grazie ai successi di Panatta e soci – non ritorni ad essere sport solo per i ricchi che possono permettersi di seguirlo. Già chi lo pratica a livello agonistico non può farlo se non ha almeno 25.000 euro l’anno (mediamente) da spendere in trasferte, coach, allenamenti e quant’altro. Farlo per una decina d’anni, dai 12 ai 22, è tanta roba. Per forza tanti smettono prima, ormai dissanguati, loro e le loro famiglie. Che almeno quelli che lo vogliono solo guardare non abbiano a svenarsi. Per chi non sta a Roma ci sono tutte le spese per raggiungerla. Se la FIT ha lo scopo di promuovere il tennis non deve comportarsi come un imprenditore privato che pensa solo a far soldi.

POSITIVO – Dopo anni di vibrate proteste, pubblicizzate soprattutto da questo sito (me lo si consenta, direbbe il Berlusca) giornalisti e fotografi imbufaliti da un decennio di aula-bunker (alias Ostello all’imbocco di viale delle Olimpiadi), hanno assistito finalmente al trasferimento della sala stampa all’interno dell’impianto del campo centrale. E la stampa nazionale e internazionale adesso ha finalmente la possibilità di raggiungere abbastanza agevolmente la sala delle conferenze stampa. Fino allo scorso anno era un delirio. Corse pazzesche, tante quanti i giocatori chiamati per i post-match, dall’aula bunker per arrivare trafelati alle interviste dei giocatori, il più delle volte già cominciate.

NEGATIVO – Non è stato…

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