La magia di Fabio nella notte romana: Murray dominato (Crivelli). Fognini fa fuori Murray, la Sharapova si ritira (Scanagatta). Sharapova giorno nero, ciao a Parigi e a Roma (Viggiani). Fabio, una volta l'anno (Giua)

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La magia di Fabio nella notte romana: Murray dominato (Crivelli). Fognini fa fuori Murray, la Sharapova si ritira (Scanagatta). Sharapova giorno nero, ciao a Parigi e a Roma (Viggiani). Fabio, una volta l’anno (Giua)

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La magia di Fabio nella notte romana: Murray dominato (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Chissà se il nascituro avrà sussultato in grembo a Flavia. Intanto, il papà in attesa Fabio porta in dote il regalo più bello, quello che illumina una carriera e ti porta dritto dritto nella storia: dieci anni dopo il miracolo di Volandri sullo stesso campo contro Federer, Fognini diventa il quinto italiano a battere il numero uno del mondo, un irriconoscibile Murray. Prima di lui e di Filo, c’erano riusciti Barazzutti contro Nastase nel 1974, due volte Panatta contro Connors nel 1975 e nel 1977 e Pozzi contro Agassi nel 2000 (ma Andre si ritirò nel 2 set). Insomma, un’impresa per pochi eletti azzurri, che Fogna in qualche modo aveva però anticipato, avvertendo che il vento tecnico e umorale stava cambiando e dicendosi convinto di poter replicare quel magico pomeriggio di Napoli del 2014, quando in Davis non fece toccare par allo scozzese. Fabio si regala una notte magica, che rasenta la perfezione, la sfiora, fino a sublimarla in 31 vincenti e un gioco sempre propositivo, in spinta, con il dritto che porta in dote ben 23 punti e la palla corta che apre ferite sanguinanti nell’orgoglio e nella volontà di Andy, certo lontanissimo dal fenomeno tutto gambe, aggressività e tattica che in sei mesi, da Wimbledon dell’anno scorso fino a dicembre, è stato capace di inanellare una striscia vincente così brillante da consentirgli il sorpasso su Djokovic.

Adesso, chiaramente, è un numero uno dimezzato (settima sconfitta stagionale, l’anno scorso furono nove in tutto) ma Fognini ha il merito grande e assoluto di non permettergli mai di trovare ritmo, di rientrare in partita, di provare a rimontare un avversario che non gli dà respiro grazie alla profondità delle traiettorie e a una condizione atletica scoppiettante, come dimostra ad esempio un passante in corsa di dritto da spellarsi le mani che fa strabuzzare gli occhi perfino a Totti in tribuna. Ecco, quella del ligure non è stata soltanto una vittoria, quanto piuttosto la riconciliazione con un torneo che è sempre stato avaro di soddisfazioni, soffocandolo troppo spesso nell’ansia da prestazione, e con un pubblico che negli anni non gli ha risparmiato nulla, fino ai fischi ingenerosi del 2014 contro Rosol che un ragazzo sensibile come Fabio non ha mai dimenticato. Perciò le ovazioni che si sono levate nitide a ogni suo gioco di prestigio, il popopopò mai dimenticato della vittoria dell’Italia del caldo a Germania 2006 che lo ha accompagnato alla stretta di mano con Andy dopo il punto decisivo, sono il risarcimento per l’unico vero campione del nostro tennis maschile di oggi, ai netto delle mattane e del rendimento che a volte ti strappa il cuore per il nervoso. Ma fine, la dedica sull’obiettivo della telecamera è per Nina, alias Flavia (…)

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Fognini fa fuori Murray, la Sharapova si ritira (Ubaldo Scanagatta, la Nazione)

Impresa di Fabio Fognini al secondo turno degli Internazionali di Roma. Il numero uno azzurro, numero 29 del ranking mondiale, infatti, ha battuto nel match serale il numero uno al mondo Andy Murray in due set con il punteggio di 6-2, 6-4 dopo 1h34′ di gioco pareggiando sul 3-3 i conti con i precedenti nei confronti dell’avversario. «Ciao Nina… manca poco poco…», ha scritto sulla telecamera l’azzurro dopo la vittoria, dedicando un pensiero alla moglie Flavia Pennetta che a breve lo renderà papà. Agli ottavi, Fognini affronterà il vincente del match tra il serbo Troicki e il tedesco Zverev.

Finisce invece al secondo turno l’avventura di Maria Sharapova agli Internazionali Bnl d’Italia. La tennista russa, a Roma con una wild card dopo il rientro dalla squalifica per doping, s’è infortunata alla gamba sinistra nel terzo set del match contro la croata Mirjana Lucic-Baroni sul punteggio Nuove regole all’orizzonte Al torneo «Next Gen» di Milano alcuni test: set brevi, killer point abolizione del net in battuta di 4-6, 6-3, 2-1 in suo favore. Si chiude così nel peggiore dei modi un giorno da incubo per Masha che sempre ieri aveva ricevuto il no da Parigi per il Roland Garros: «Ci possono essere wild card per chi rientra da un infortunio, non per chi rientra da una squalifica per doping», ha spiegato il presidente della Federtennis francese, Bernard Giudicelli. Anche Djokovic avanti: battuto Bedene 7-6, 6-2.

Le regole non si trasgrediscono. Semmai si cambiano. E dopo 140 anni il tennis prova a cambiarle. L’esperimento verrà praticato alla Fiera di Milano, per ora come un test, a novembre (7-11), nel torneo ‘Next Gen’ che riunirà i primi 7 migliori under 21 del mondo più un italiano wild card promosso da una selezione di 8 nostri tennisti. Come risponderà Milano? In tutto questo lungo arco di tempo l’unica vera modifica alle regole inventate’ dal maggiore Compton Wingfield poco prima del primissimo Wimbledon Championships del 1877, era venuta con l’introduzione del tiebreak promossa da un eccentrico americano, Jimmy Van Alen, nel torneo di Newport che aveva definito i match maratona «vere torture urologiche». Altre piccole modifiche hanno riguardato la possibilità di staccare entrambi i piedi da terra all’atto di servire, i medical time out, i secondi fra la conclusione di un punto e l’inizio del successivo. Ma a Milano invece Zverev, Coric, Chung e gli altri giocheranno set brevi, fino a 4 game, con eventuale tiebreak sul 3 pari e partite al meglio dei cinque set, senza vantaggi. Sul 40 pari ci sarà il ‘Killer-Point’. Chi lo vince fa il game. Chi risponde deciderà se farlo da sinistra o da destra. Verrà abolito il net sulla battuta. Come nel volley. Se la palla tocca il net e passa non si ripete il servizio. E cesserà anche l’inflazione dei time-out medici (…)

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Sharapova giorno nero, ciao a Parigi e a Roma (Mario Viggiani, Corriere dello Sport)

Peggior giornata forse non poteva essenti, ieri, per Maria Sharapova. Prima esclusa dal Roland Garros, dove le è stata negata anche la wild card per le qualificazioni. Poi infortunio e ritiro, agli Internazionali BNL d’Italia: un problema al quadricipite sinistro quando era in vantaggio per 4-6 6-3 2-1 nel secondo turno contro Mirjana Lucic Baroni. Ha resistito stoicamente per un game e poco più (il problema fisico è arrivato sul 40-30 del secondo game nel terzo set), ha provato a servire e giocare quasi da fermo, ma davvero non poteva andare avanti, per non aggravare la situazione

Per la gioia di molte colleghe, ma non di tutte, nel tardo pomeriggio c’era stato il no al Roland Garros, per la Sharapova, con la comunicazione delle wild card assegnate dalla Federtennis francese per lo Slam parigino (28 maggio-11 giugno) sulla terra rossa L’annuncio era arrivato da Bernard Giudicelli, nuovo presidente della FFT: dopo la squalifica di 15 mesi per il caso-Meldonium, la russa evidentemente non era persona gradita neppure per le qualificazioni del torneo (22-26 maggio). «Ha vinto due volte questo torneo, nel 2012 e nel 2014 ha spiegato Giudicelli – ma nulla è dovuto per questo. Ci pub essere una wild card per chi toma a giocare dopo un infortunio, non per chi invece è stato assente per una squalifica da doping. Spetta a Maria, giorno dopo giorno, torneo dopo torneo, ritrovare la forza per conquistare i titoli più importanti. Il torneo (il Roland Garros – ndr) conta più di ogni giocatore. Conosco bene la dimensione mediatica di Maria e so misurare le aspettative di pubblico e sponsor ma in tutta coscienza non mi sembrava possibile andare oltre la rigorosa applicazione del Codice Mondiale Antidoping e le sue regole». Giudicelli ha poi aggiunto di aver tentato invano per tre volte di contattare la Sharapova per comunicarle personalmente la decisione della FFT. Peccato però che la russa, a Roma, fosse ormai nell’imminenza della sua seconda partita agli Internazionali BNL d’Italia, finita per lei in modo sfortunato come raccontato in precedenza.

Nonostante la sconfitta di ieri a Roma, da 211 del mondo lunedì salirà intorno alla 170a posizione e questa classifica, in attesa di ogni decisione da parte degli inglesi, le garantirà comunque un posto nelle qualificazioni a Wimbledon. «Sono contenta di essere rientrata nel circuito, di svegliarmi di nuovo a Madrid, a Roma, ovunque. Nulla mi pub ormai far dispiacere, dopo che per quindici mesi non ho potuto giocare a tennis…», aveva detto l’altro giorno Maria, sollecitata a commentare l’eventuale esclusione dal Roland Garros arrivata poi ieri. A titolo di pura cronaca, queste le wild card femminili assegnate ieri per il Roland Garros, in ordine di classifica mondiale: tabellone principale – Fiona Ferro (202), Myrtille Georges (208), Amandine Hesse (220), Alizé Lim (245), Chloé Paquet (254), Tessah Andrianjafitrimo (267); qualificazioni – Harmony Tan (372), Manon Arcangioli (395), Jessika Ponchet (442), Jade Suvrijn (459), Audrey Albier (Can, 468), Yasmine Mansouri (…)

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Fabio, una volta l’anno (Claudio Giua, repubblica.it)

Soltanto in due possono riempire all’inverosimile il Centrale a tarda sera, quando l’umidità cala da Monte Mario sui campi del Foro Italico. Uno è Roger Federer, ma quest’anno ha deciso che la terra rossa non fa per lui tanto da saltare persino il Roland Garros. L’altro è Fabio Fognini, l’ultimo talento globale rimasto al tennis italiano. Ovviamente l’avversario deve essere di massimo livello: meglio di tutti Andy Murray che dal 2007, nei cinque precedenti, ha ceduto due volte al ligure. In un clima da corrida che ricorda la semifinale di Davis a Napoli di tre anni fa quando Fabio prevalse in tre set (6-3 6-3 6-4), il numero 29 ATP scatta come centometrista alle Olimpiadi e va sul 4-0 grazie a due break che non restituisce più (6-2 in 39 minuti).

E’ la versione di Fognini che abbiamo la ventura di ammirare una o due volte a stagione: concentrato, mai polemico, in pieno controllo del proprio gioco, con un tasso d’errore infinitesimo e una precisione chirurgica nel piazzare i colpi. Soprattutto, in questi casi è la sua capacità di cambiare ritmo a spiazzare l’avversario, che – va detto – conferma di faticare a ricostruire pezzo per pezzo il gioco scintillante che l’anno scorso l’ha issato in cima alla classifica mondiale.

Più volte Fabio delizia lo stadio con drop shot che minano il morale di Murray, spesso lo sposta a destra o sinistra e lo infila dalla parte opposta. Anche qui, botte psicologiche. Sul 5-1 sembra finita. Invece, come ogni tennista sa, è a un passo dal trionfo che arriva la crisi di panico. Lo scozzese si riprende uno dei break e si rifà sotto, ma non gli basta. L’azzurro chiude il secondo set per 6-4 in 54 minuti: una dimostrazione impressionante di superiorità. Quando Fabio stasera al telefono chiamerà Flavia Pennetta, vicina al parto, potrebbe citarle proprio Federer, che ebbe a dire tempo fa: “Le vittorie ti dicono sempre la verità. Certificano se sei bravo o no”. E poi concentrarsi sul prossimo match, giovedì, contro Sascha Zverev o Viktor Troicki.

Di citazione in citazione. “All the leaves are brown and the sky is grey/I’ve been for a walk on a winter’s day/I’d be safe and warm if I was in L.A.”, cantava Mama Cass cinquant’anni fa. Le foglie gialle e il cielo grigio delle città del nord America, il caldo di Los Angeles come miraggio. Tommy Haas è nato nel 1978 ad Amburgo, profondo glaciale nord tedesco: forse per lui, da bambino, la California era un luogo mitico. Lo era sicuramente per i futuri genitori di Ernesto Escobedo III, messicani, emigrati a L.A. quando Ernesto II (l’importanza di chiamarsi Ernesto: si chiamava così anche il nonno dell’attuale numero 5 della classifica ATP Race to Milan) aveva optato per un lavoro da autista della United Parcels Service dopo aver girato il mondo in lungo e largo nel tentativo di guadagnarsi la pagnotta con il tennis (raggiunse quota 727 nel ranking ATP di doppio: troppo poco). L’impresa di diventare un top player era invece riuscita a Tommy, già protagonista del circuito ATP quando Cristina, moglie di Ernesto II, nell’Indipendence Day 1996 partoriva Ernesto III a Los Angeles. “Neto”, come la mamma lo chiama, vive ancora a West Covina, periferia di Los Angeles, mentre Tommy, decano del circuito professionistico, dispone di un secondo lavoro – pagatissimo, credo – come direttore del Masters 1000 a Indian Wells, 100 miglia più a est, nel deserto del Joshua Tree. California dreaming.

Tommy ed Ernesto si sono sfidati nel pomeriggio. Il tedesco con nazionalità anche americana conta quasi il doppio degli anni, vanta una carriera con una medaglia d’argento a Sydney 2000, un secondo posto nel ranking ATP nel 2002, quindici vittorie in grandi tornei, quattro semifinali e otto quarti negli Slam, ha una moglie attrice e una figlia amatissima; più modestamente, l’ambizione dell’americanino che continua ad amare il Messico è arrivare tra gli otto ragazzi che a novembre si contenderanno, con regole rivoluzionarie di cui avremo modo di ragionare in futuro, il titolo di campione della Next Gen alla Fiera di Rho. È stato un match che, per significati e gioco, avrebbe meritato il Centrale. Invece – e per fortuna – l’hanno potuto seguire da vicino qualche migliaio di appassionati con il biglietto ground, stretti come sardine sui gradoni del campo numero 1 (…)

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