Il nuovo Fognini: profondità e rete (Bertolucci). Quelle trovate geniali che possono riuscire solo a un artista (Clerici). Fab Fabio, il segreto è Flavia. E oggi c'è Zverev (Scanagatta). Thiem, il piacere del classico (Giua)

Rassegna stampa

Il nuovo Fognini: profondità e rete (Bertolucci). Quelle trovate geniali che possono riuscire solo a un artista (Clerici). Fab Fabio, il segreto è Flavia. E oggi c’è Zverev (Scanagatta). Thiem, il piacere del classico (Giua)

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Il nuovo Fognini: profondità e rete (Paolo Bertolucci, Gazzetta dello Sport)

Dopo tanto, troppo tempo il Foro è tornato a gioire per un italiano. Fognini ha mandato in delirio la folla con un tennis a tutto tondo, soluzioni istintive ma mai banali e con cambi di ritmo destabilizzanti. Considerato lo stato di forma di Murray e le qualità di Fabio, si poteva rischiare qualche centesimo di euro sulla vittoria italiana, però il pronostico sulla carta è sempre diverso dalla partita e il ligure è stato eccellente nel proporre soluzioni che non hanno mai consentito allo scozzese di avvicinarlo nel rendimento e in definitiva di coltivare speranze di successo. Insomma, non sono rimasto sorpreso dal risultato, ma dalla qualità delle giocate e dalla continuità tecnica del numero uno azzurro. Il suo tennis abbagliante è fatto per stupire e al tempo stesso illudere, però questa prestazione segue quelle di Miami, dove ha raggiunto la semifinale sul cemento, superficie per consuetudine poco gradita, e di Madrid, dove ha messo alle corde per due set anche Rafa Nadal; perciò certifica i progressi ottenuti sotto la sapiente guida del tecnico Davin.

Il coach argentino ha trovato la chiave per assemblare il gioco e la mente di Fabio nel modo più corretto e i risultati più importanti si notano nell’atteggiamento propositivo, nella ricerca della profondità per tenere in mano lo scambio e nella frequentazione più costante della rete, dove Fognini può far valere il suo tocco assai brillante. Con la vittoria contro Murray il tabellone appare adesso più luminoso ma non per questo privo di insidie. Non sarà facile venire a capo di Alexander Zverev, il 20enne tedesco destinato in tempi brevi a raccogliere l’eredità dei big come tutti gli hanno pronosticato non appena ha messo piede sul circuito dei grandi. Al momento, però, il tedesco di genitori russi appare ancora inesperto, un difetto che potrebbe essere amplificato se il clima del match si surriscalderà per il tifo del pubblico.

Inoltre Sascha presenta lacune fisiche ancora non risolte e diversi problemi tattici legati alla posizione arretrata che tende ad assumere sul campo. Il suo è un tennis equilibrato nei colpi a rimbalzo, con un dritto penetrante e un rovescio che sa toccare spesso le corde giuste nel tenere lontano l’avversario; inoltre possiede un buon servizio, però è carente nelle esecuzioni volanti (…)

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Quelle trovate geniali che possono riuscire solo a un artista (Gianni Clerici, La Repubblica)

Sono sempre più del parere che il tennis sia un fenomeno in cui, assieme all’arbitro e al coach, dovrebbe interferire un analista. Un analista impegnato nel difficile giudizio causato da due persone, perché spesso, come in un matrimonio, il comportamento dell’uno è interdipendente a quello del secondo paziente. A questo pensavo assistendo all’incontro, anzi, meglio, allo scontro tra Fabio Fognini e Andy Murray. Insieme alle immagini che mi giungevano da Sky, non potevo dimenticare altri match tra i due, altre partite che toglievano il significato alle attuali valutazioni del computer, un sistema di classificazione disumano, inferiore alle umane classifiche altri tempi decise da grandi esperti quali Lance Tingay e, in Italia, Rino Tommasi. Mentre il computer ci informava che Murray era il n.1 e Fognini il 29, le immagini televisive lo smentivano, e vedevamo un giocatore come Murray disperato nell’opporsi invano alle trovate geniali di un altro, tanto più creativo, tanto più artista, posto che il tennis rappresenti un’arte minore.

La differenza di classifica tra i due appare subito menzognera, se nei miei ricordi di dieci anni fa appare un ventenne quale Fabio che batte Andy in un Master 1000 a Montreal, in due facili set. Seguono a questa altre cinque partite tra i due, Fognini vince in Coppa Davis a Napoli e l’altra sera senza perdere un set, mentre Murray, con punteggi più complessi, vince a sua volta tre partite, a Montecarlo 2009, Valencia indoor, e alle Olimpiadi di Rio. A questi confronti i due sono certo arrivati in condizioni di forma dissimili. L’altra sera, ad esempio, Murray non è riuscito ad andare oltre i reiterati tentativi di allungare il rovescio bimane, non è riuscito a uscire da simile colpo insufficiente per doppiarlo con un diritto altrettanto modesto o, senza mai tentare smorzate cambia-ritmo, o altre invenzioni. Fabio ha giocato più lungo, più pesante soprattutto col diritto, ha dominato il punteggio con un 6-2 che avrebbe potuto raddoppiare, un punteggio tipico di chi abbia una cinquantina di posizioni a proprio vantaggio, non quasi trenta di ritardo.

Come si spiega tutto ciò? Al di là di un momento negativo dello scozzese, emerge l’incostanza dell’italiano, oggetto di misteriosi ( per me) stati d’animo, che si traducono in colpi ispirati e centrati, oppure in tiri errati e irrazionali. Cosa sarà mai a far sì che un uomo, ancor prima che un tennista, sia tanto ineguale, e vittima, o autore felice, di opposte quotidianità? Ecco che siamo di fronte a un campo tanto più vasto di un lettino, ma non meno misterioso. Ecco che siamo di fronte ad un tennista che oscilla tra una definizione di Campione Quasi Imbattibile, nei giorni felici, e un incostante squilibrato che accumula errori gratuiti, con gesti non troppo diversi da altri ammirevoli, nei giorni felici. Io stesso, che di simile gioco ho qualche esperienza, che sono stato un tennista fallito soprattutto per ragioni neurologiche, non sono in grado di andar oltre, di spiegare alcunché senza la collaborazione di un analista (…)

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Fab Fabio, il segreto è Flavia. E oggi c’è Zverev (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

Andy Murray avrà pure giocato male, irriconoscibile rispetto al secondo semestre del 2016 quando ha detronizzato Novak Djokovic, ma nessun italiano aveva mai giocato così bene al Foro Italico come Fabio Fognini l’altra notte nel dargli 6-2 6-4 che per poco non è stato un 6-2,6-1. Era stato a due punti dal match già sul 5-1, poi sul 5-2 e sul 5-3. Si deve tornare indietro di 10 anni per ritrovare l’ultimo italiano vittorioso su un n.l Atp. Curiosamente, sul vecchio centrale, Filippo Volandri sorprese Roger Federer con lo stesso score, 6-2,6-4. A Fognini non sono mai mancate né le gambe, è una lepre, né il braccio, è come se avesse in mano una frusta, tanto schioccano i suoi colpi, il dritto soprattutto, ma anche il rovescio lungolinea può far stragi. Oggi è n.29 del mondo, non è salito più de113mo posto mondiale, e per poco, perché gli è sempre mancata – lo dice lui – la “capoccia”. Senza “capoccia” non si ha continuità.

Una rondine (un Murray) non fa primavera, ma pochi hanno battuto Murray e Nadal tre volte ciascuno. Ergo lui può battere chiunque. Vincerà il torneo allora? Be’, potrebbe perdere già con Zverev, il talento emergente n.1 della next generation, oppure potrebbe squillare il telefono dalla clinica di Barcellona dove sua moglie Flavia (Pennetta) sta per partorire. II match con il tedesco inizierà a mezzogiorno, orario propizio per l’eventuale ‘fuga’ e… ritorno. «Il tempo finisce fra due giorni, ma chi può saperlo? Come Flavia chiama io mollo tutto. Mio figlio (o figlia, i coniugi amano le sorprese) è più importante di tutto». Fabio, romantico d’antan sotto la scorza di ragazzaccio capace di spaccare racchette e insultare chiunque quando ha la luna storta, l’ha sempre detto. Ma forse non pensava di battere il n.1 del mondo. Flavia, donna concreta, vorrebbe dissuaderlo: «Resta lì, vedrai l’erede un paio di giorni dopo». Certe occasioni non si presentano spesso. Fabio fra 7 giorni compie 30 anni, ha giocato gli Internazionali d’Italia la prima volta nel 2006 (…)

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Thiem, il piacere del classico (Claudio Giua, repubblica.it)

Chi dice “non vedo l’ora che…” m’infastidisce. Sarebbe autolesionista, alla mia età, sperare che il tempo passi in fretta. Vorrei rallentarlo, il tempo. Eppure mi piacerebbe saltare subito al prossimo 7 novembre – con biglietto di ritorno prepagato per il 17 maggio – per un’anteprima in esclusiva sugli effetti delle nuove regole annunciate ieri dall’ATP, in sperimentazione durante le partite delle Next Gen Finals di Milano.

La rivoluzione illustrata dal grande capo dell’ATP Chris Kermode impatta poco sugli scambi in campo ma molto su tutto il resto. Ci abitueremo presto alla palla di servizio che, pur avendo toccata la rete, resta in gioco se rimbalza nel rettangolo al quale è destinata. Le altre novità riguardano i calcoli dei punteggi nei game (sul 40 pari c’è il punto secco sul servizio dal lato scelto da chi risponde), i set (il tie break viene disputato sul 3 pari) e il match (al meglio dei cinque set, una sorta di bonsai di Slam e Davis). Il resto sono innovazioni di contesto, con conseguenze sul ritmo dell’evento: cinque minuti esatti di riscaldamento prepartita; tempi contingentati tra un punto e l’altro, ai cambi di campo e per l’unico time-out medico consentito; possibilità di chiedere il coaching, cioè di farsi dare consigli dall’allenatore. Infine, una regola che riguarda indirettamente i giocatori: il pubblico avrà accesso alle tribune anche mentre sono in corso gli scambi.

Il pomeriggio a bassa intensità del Foro Italico – Nadal gioca tre game prima che Almagro lasci il campo per infortunio, Del Potro s’affatica appena con Edmund, Sascha Zverev si fa beffe di Troicki – lascia spazio per un esercizio di stile: seguire Milos Raonic vs. Tommy Haas simulando che giochino con le nuove regole. Il match reale sul Pietrangeli finisce 6-4 6-3 per il canadese, al quale basta un break per set per chiudere senza rischi. Applicando il pacchetto-Kermode la partita sarebbe invece finita 4-3 4-1 4-1 a favore di Raonic, avrebbe contato due game in meno (17 contro 19) e sarebbe durata un’ora e 3 minuti anziché un’ora e 14. Nel primo miniset ho fatto finta che sul 3 pari, raggiunto senza mai ricorrere ai vantaggi, si disputasse il tie break, mentre in effetti ha servito Raonic. Nel caso specifico, l’ipotesi ha favorito il ragazzo nato a Podgorica, tra i più potenti bombardieri del circuito. Il secondo miniset è filato via liscio. I due servizi ripetuti da Haas secondo la “vecchia regola” non hanno influito sul risultato, condizionato da un doppio break. Ho infine unilateralmente “accorciato” il terzo miniset in quanto, sul 40 pari mentre era virtualmente sotto per 2-1, Haas ha ceduto il punto secco all’avversario. Se nella mia simulazione il game se l’è dunque preso Raonic, in realtà s’è trattato di un “vantaggio esterno” poi recuperato da Haas.

Al di là delle forzature – le condizioni non consentono di valutare l’incidenza psicologica dei miniset e nemmeno dei futuri 25 secondi tassativi che intercorreranno tra la conclusione di uno scambio e il servizio successivo – l’impressione è che le Kermode Rules velocizzino e amplifichino il dinamismo dei match. Con aumento del tasso di spettacolarità. Vedremo a Rho.

Anche com’è adesso, comunque, il tennis può essere parecchio spettacolare. Ne sono testimoni quanti al tramonto scelgono la Next Gen Arena dove si affrontano Dominic Thiem (al quale non piacciono le regole proposte dall’ATP) e Pablo Cuevas, entrambi al massimo della forma e del ranking ATP: 7 l’austriaco, 22 l’uruguaiano. Solo quattro giorni fa, nella capitale spagnola, in semifinale il sudamericano aveva ceduto per 6-4 6-4 al ragazzo di Wiener Neustadt. Oggi l’equilibrio fatto di fiondate da fondo campo e frequenti rallentamenti si mantiene per un’ora e mezza, nonostante il sudamericano dia più volte idea di poter allungare. Invece è Dominic, reduce dalle finali perse per mano di Rafa Nadal d’un niente a Madrid (7-6 6-4) e nettamente a Barcellona (6-4 6-1) a prendersi il tie break del primo set e il break strategico sul 4-3 nel secondo. Finisce 7-6 6-4.

In assenza di Roger Federer, gli applausi e gli incitamenti indicano che il popolo del Foro sta prendendo in considerazione la possibilità di adottare definitamente Dominic come nuovo beniamino sul quale riversare le proprie attenzioni. Dominic ha tutte le caratteristiche utili per piacere: dispone di un tennis classico, ha un atteggiamento in campo improntato alla massima correttezza, è il più maturo tra quanti hanno meno di 24 anni. In più, adora la terra rossa: “Mi sento molto sicuro dei miei mezzi”, ha detto in conferenza stampa (…)

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