#AskUbitennis: Roma e la cultura sportiva

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#AskUbitennis: Roma e la cultura sportiva

Con #AskUbitennis i lettori interrogano i nostri esperti. Questa settimana Alessandro Stella risponde a Edoardo Ricchiuti: come riempire gli stadi nelle partite femminili?

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Guardando in TV la finale femminile tra Halep e Svitolina mi sono reso conto di quanto fosse scarsa la presenza sugli spalti: lo stadio si è riempito soltanto per la finale maschile. Eppure il biglietto era unico. Come si potrebbe risolvere questa situazione che certamente non è un bello spot per il tennis femminile? (Edoardo Ricchiuti)

Ciao Edoardo. Il discorso probabilmente merita un dovuto preambolo: se oggi la WTA non sembra passarsela benissimo – e nei fatti qualche problemino ce l’ha, non solo per sue colpe – c’era un tempo in cui a livello mediatico andava addirittura peggio di oggi. Prima del 2011 ad esempio il torneo maschile e quello femminile degli Internazionali d’Italia si disputavano separatamente: le edizioni femminili del 2005 e del 2007, per citarne due, vengono ricordate per un afflusso di pubblico particolarmente basso. La scelta di rendere “combined” il torneo di Roma aveva come obiettivo proprio quello di utilizzare il traino del tennis maschile, indubbiamente più seguito, per risollevare le sorti di quello femminile.

Si aggiunga che nel 2009 la WTA ha rivoluzionato le categorie dei tornei e i BNL sono passati dal rango di Tier I (massimo grado di importanza dopo Slam e Finals) a quello di “Premier 5”, secondo grado nella categoria Premier dopo i “Mandatory”. Differenza piccola ma sostanziale: per le giocatrici i tornei mandatory sono per definizione obbligatori, i Premier 5 invece no. Così si possono spiegare alcune delle defezioni di cui ha sofferto il torneo femminile (quest’anno Wozniacki e Radwanska tra le top 10, oltre a Serena, Azarenka e Kvitova fuori per altri motivi).

Esaurito il dovuto preambolo, si può tornare all’attualità. Inutile nascondersi: il circus femminile non ha e non ha mai avuto lo stesso appeal di quello maschile. Con una Sharapova ancora non a pieno regime e priva delle tre protagoniste sopra citate, poi, lamenta una crisi di idoli e di identità. Se un appassionato non si stupirebbe troppo di trovare Svitolina in finale a Roma, ben sapendo che l’ucraina al momento comanda la Race, il frequentatore occasionale potrebbe scegliere di occupare in altro modo le due ore della finale femminile in attesa di guadagnare il posto per quella maschile. Cosa che in effetti è accaduta, guardando i vuoti sugli spalti.

Da un lato credo esista un diffuso problema di cultura sportiva. Chi acquista i diritti per assistere alla due finali di un evento tennistico di portata mondiale e poi sceglie di guardarne soltanto una, forse dimostra di non essere troppo interessato all’evento tennis in quanto tale. Se persino chi deve assistere a un concerto non si nega al gruppo spalla, quanto visto sugli spalti di Roma fa sicuramente riflettere.

Dall’altro lato la stessa situazione potrebbe essere gestita in modo migliore pur senza grossi stravolgimenti. Si potrebbe ad esempio riservare qualche tagliando alla sola finale femminile a prezzi popolari, occupando i posti di coloro che, all’atto dell’acquisto scelgano di voler assistere solo alla finale maschile (pagando quindi un biglietto dal costo ridotto). Se al giovedì un campo secondario è pieno come un uovo per un match di doppio in cui giocano Petkovic e Jankovic, e si sente più di qualcuno discutere dell’incontro dimostrando un forte interesse, è facile credere che in una domenica di sole un appassionato che non voglia spendere 140 euro per il biglietto completo possa scegliere di spenderne 30 per assistere alla sola finale femminile. Godendosi, compresa nel prezzo, la cornice e la passeggiata per i viali del Foro Italico.

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