Nadal va a caccia della Decima: «Gioco bene, sono felice» (Cocchi). Agassi & Djokovic, questione di fiducia (Clemente). «Djokovic sta tornando in carreggiata; solo lui può domare Nadal a Parigi» (Piccardi). Parigi riabbraccia la Kvitova risorta: «Battaglia vinta» (Crivelli)

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Nadal va a caccia della Decima: «Gioco bene, sono felice» (Cocchi). Agassi & Djokovic, questione di fiducia (Clemente). «Djokovic sta tornando in carreggiata; solo lui può domare Nadal a Parigi» (Piccardi). Parigi riabbraccia la Kvitova risorta: «Battaglia vinta» (Crivelli)

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Nadal va a caccia della Decima: “Gioco bene, sono felice” (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

In questo Roland Garros c’è tutto; c’è Nadal che punta alla Decima, c’è Djokovic che torna a Parigi da campione uscente dopo un anno di tribolazioni, c’è Murray, numero uno in crisi d’identità che spera nel Roland Garros per dare una scossa a questa stagione fino ad ora opaca. Per Rafa il sorteggio non è stato particolarmente benevolo: gli ha piazzato dalla stessa parte Dominic Thiem, l’austriaco che l’ha strapazzato a Roma e che si candida a suo successore sul rosso. Ma Rafa ha dimostrato dall’inizio dell’anno di essere in uno stato di forma straordinario, con tre successi di fila (Montecarlo, Barcellona, Madrid) sulla terra e il solo intoppo romano nei quarti di finale. Ma dalla sua parte di tabellone c’è anche Novak Djokovic, fresco di collaborazione con Andre Agassi, che al Roland Garros gli sta dando qualche indicazione per ritrovare la strada del successo. Sia Thiem che Djokovic potrebbero creargli grattacapi in semifinale: «Ho avuto successo sulla terra in questa stagione, vincendo tre dei quattro tornei che ho giocato su questa superficie — ha dichiarato lo spagnolo —. Credo che sia una gran cosa per me, perché mi fa capire che sono competitivo e sono soddisfatto del mio tennis. Ho giocato bene fino ad ora e devo soltanto continuare a farlo qui. Agli Internazionali forse sono arrivato un po’ stanco, più mentalmente che fisicamente per aver giocato diversi giorni di fila ad un livello molto alto». Agli Internazionali, Djokovic è finalmente tornato a lottare per il titolo. Una ferocia inaudita in semifinale, quando ha annichilito Thiem, ha fatto da contraltare alla batosta che gli ha poi rifilato Sascha Zverev, conquistatore di Roma. Guardando il bicchiere mezzo pieno, il serbo ha dato segni di miglioramento rispetto agli ultimi mesi, ma si fa fatica a immaginare che possa confermare il titolo conquistato l’anno scorso. Da Parigi a Parigi ci sono state tante delusioni, sconfitte, voci di crisi, lacrime, divorzio da Becker e azzeramento dello staff tecnico. Ora Nole è seguito dal fratello Marko, ambasciatore di “Amor y Paz”, l’accademia del guru Pepe Imaz, dove Nole sta cercando la pace interiore. «Rafa e Roger sono stati i migliori giocatori di quest’anno e il livello del loro tennis è stato fantastico – analizza Nole -. Roger non c’è ma Rafa sta giocando con grande fiducia in se stesso. Sulla sua superficie preferita, ritengo sia il primo favorito per la vittoria finale». Tornare a calpestare la terra francese non ha lasciato indifferente Djokovic: «E’ una sensazione fantastica tornare e guardare questo trofeo. Mi riporta alla memoria tanti splendidi ricordi dello scorso anno; vincere qui è stato uno dei momenti più straordinari della mia carriera». Una carriera che aspetta una nuova spinta da Andre Agassi, che in questi giorni ha iniziato la collaborazione col serbo: «Per me è un onore e una grande gioia che Andre abbia accettato di venire a Parigi di persona e abbia speso del tempo con me». I due si sono subito trovati bene: «E’ una persona che mi ispira moltissimo e quello di cui sento di aver più bisogno è di nuova ispirazione. Lui sa esattamente quello che mi sta accadendo e cosa si prova in campo». Anche Andy Murray, da quando è diventato n. 1 al mondo, sembra non sia più capace di vincere. Non è stato fortunato nemmeno con gli acciacchi: prima un herpes, poi un problema al gomito destro che l’ha tenuto fuori diverse settimane. Per lui un possibile incontro nelle semifinali con Stan Wawrinka, campione a Parigi nel 2015. A Roma è uscito contro il nostro Fognini e a Parigi è arrivato con l’influenza: «Ora ho solo la tosse, ma passerà. Quest’anno sto facendo fatica, ma è importante prenderne coscienza e fare di tutto per uscirne. Speriamo che succeda presto, magari proprio in questo torneo. Oppure chi lo sa, mi riprenderò a Wimbledon». L’erba terapeutica di Murray.

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Agassi & Djokovic, questione di fiducia (Valentina Clemente, Corriere dello Sport)

Il senso di vuoto e lo sfiancamento: quel lasciarsi travolgere dalle proprie emozioni che può divenire letale, ma che allo stesso tempo dev’essere il viatico per un nuovo inizio: non è facile riassumere gli ultimi mesi vissuti da Novak Djokovic, ma quel che è certo è che il serbo ha deciso di fare tabula rasa del passato, per trovare un nuovo slancio e ricominciare. Una decisione che è sembrata concretizzarsi in questi giorni che hanno preceduto l’avvio del Roland Garros: il cambio più importante, anche se per ora si tratta di una breve parentesi, l’idillio tecnico nato tra il detentore del titolo parigino e André Agassi, pronto a spalleggiarlo per fargli ritrovare il giusto entusiasmo. I due si sono presentati per la prima volta insieme in allenamento, di fronte alle telecamere, tre giorni fa e le prime sensazioni sono state più che positive: l’americano seguiva il suo nuovo pupillo con la stessa emozione di un padre che segue i primi passi del figlio ed è proprio questo particolare ad aver fatto la differenza: Agassi seguiva la palla con gli occhi di Novak, guidandolo nei dettagli. «Penso che non possa che migliorare – ha dichiarato Agassi – anche perché spero di fargli comprendere quanto è forte e quanto può crescere ancora. Per ogni giocatore è davvero importante imparare a conoscersi bene e non credo che lui abbia una percezione completa delle sue qualità». Difficile dire se sia solo una questione di “percezione” perché, analizzando invece le parole del serbo, quello che emerge è soprattutto una sorta di prosciugamento emotivo, che ha poi banalizzato anche le sue prestazioni sportive. Già in passato Djokovic aveva dovuto lavorare molto sul lato mentale e prima del 2011 non erano state poche le difficoltà incontrate dal’ex numero 1 del mondo per tenere testa al duo formato da Roger Federer e Rafael Nadal e, se all’epoca la sbarra era tenuta in alto dai due leader del circuito, oggi a rendere le cose più difficili è stato lo stesso Nole, incapace di rigenerarsi a dovere. Un taglio netto, l’addio all’allenatore di sempre e una nuova pagina da scrivere: l’apporto di Agassi sarà breve: un paio di turni al Roland Garros e poi si vedrà, perché la famiglia resta per lui prioritaria, anche se a spingerlo ad accettare il progetto è stata proprio Steffi Graf. Dopo la finale conquistata di recente a Roma, Djokovic ora tenterà di difendere il titolo a Parigi per scacciare via in maniera definitiva le nubi che si sono addensate sulla sua carriera nell’ultimo anno. Anche se dall’altra parte, nel caso in semifinale, dovrà fare i conti con un certo Rafael Nadal, anche lui in fase di netta ripresa, pur essendo uscito prima del tempo a Roma contro Dominic Thiem dopo il triplete Montecarlo-Barcellona-Madrid, e qui a caccia della Decima più prestigiosa dopo quelle nel Principato e in Catalogna. Dubbi, non pochi, restano sullo stato di salute di Andy Murray che potrebbe lasciarsi scappare la terra parigina in vista della difesa del titolo a Wimbledon.

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«Djokovic sta tornando in carreggiata; solo lui può domare Nadal a Parigi» (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

A conquistare Parigi è andato vicino tre volte, ma non ci è mai riuscito. Però Boris Becker ha dato del tu agli Slam (ne ha vinti 6, il primo a 17 anni), e ha allenato Djokovic, quello vero.

Boris, chi espugnerà Parigi?

Nadal, il favorito. Vi siete sperticati in lodi a Federer, e a ragione. Ma pochi hanno notato che Rafa era in finale a Melbourne e Miami: ha giocato alla grande su una superficie che non è la sua. Sulla terra fin qui è stato straordinario: ha vinto tutto tranne Roma.

E Djokovic, campione in carica?

Agli Internazionali d’Italia ho visto scintille del vecchio Nole. Se qualcuno ha una chance di battere Nadal, quello è lui. Il vecchio Novak, però. Quello che in un giorno ispirato può fare tutto.

Perché si è perso dopo Parigi 2016?

L’ho visto vincere il Roland Garros, realizzando un sogno. Quando ci siamo ritrovati sull’erba, ho notato subito che qualcosa era cambiato. Novak non era più il giocatore che avevo lasciato a Parigi. Una sensazione impalpabile, eppure netta. Ho conosciuto anch’io l’appagamento. È normale, umano. Sta stornando in carreggiata più lentamente di quanto pensavo, ma presto sarà sugli antichi livelli.

Qual è il ruolo del guru Pepe Imaz?

Con Nole avevamo un codice d’onore e non intendo romperlo.

Anche Murray, da n.1, è in crisi.

Per due stagioni è stato strepitoso, quest’anno è un altro giocatore. Mi piace Andy e il suo staff, ma quello che vedo in campo non mi piace. Non mi ricordo, nella storia recente, un n.1 che abbia avuto un periodo negativo così lungo. Davvero non capisco.

La Next Generation avanza. C’è già qualcuno da Slam?

Zverev, Kyrgios e Thiem hanno le qualità. Non so se accadrà dià quest’anno, ma il loro duello contro la vecchia guardia sarà tutto da seguire.

Fa bene Federer a saltare Parigi?

Se fossi il suo coach, glielo avrei consigliato. E ancora il migliore a 35 anni: si prenda tempo per recuperare, centellini le uscite e si concentri su Wimbledon. Ben fatto, dunque.

Quando è stato più vicino a vincere Parigi, Boris?

Nel 1989, l’anno in cui ho perso da Edberg in semifinale. Ero sopra un break nel quinto. Il grande favorito, Ivan Lendl, era uscito negli ottavi. In finale Edberg perse da Chang, che aveva appena 17 anni. È il mio grande rimpianto. Parigi è l’unico Slam che mi è sfuggito. Con l’età sono dovuto venire a patti col fatto che sul rosso non ero abbastanza bravo. Duro da ammettere…(ride).

Tornerà ad allenare?

Mi piacerebbe. Sono pochi i giocatori interessanti ma alle giuste condizioni lo farei. Ho l’esperienza di trent’anni nel tennis; inoltre, avendo lavorato con Djokovic, conosco il gioco di oggi. Penso di poter avere ancora molto da offrire.

A Sasha Zverev per esempio?

Seguo Sasha da quando era un ragazzino a Amburgo e sono felice del suo successo. Ha solo 20 anni, vedremo.

Come valuta la nuova coppia Djokovic-Agassi?

Novak me l’aveva anticipato. Penso che Andre sia una scelta eccellente: il suo carisma non potrà che far bene a Nole. Lo so per esperienza: se chiama Djokovic, uno dei migliori di tutti i tempi, rispondi.

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Parigi riabbraccia la Kvitova risorta: «Battaglia vinta» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

A volte basta una parola sola: «Questo è il mio sogno che si realizza». Semplice come il sorriso di Petra Kvitova, la campionessa che il tennis ritrova al Roland Garros cinque mesi dopo l’aggressione subita in casa a Prostejov che mise seriamente a rischio la carriera della due volte campionessa di Wimbledon. Era il 20 dicembre e un ladro si introdusse nella sua abitazione, ferendola con un coltello mentre lei cercava di difendersi. Petra ne uscì con i tendini e due nervi lesionati e profondi tagli a tutte le dita della mano sinistra, quella con cui tiene la racchetta. Dopo un’operazione chirurgica durata quattro ore, sembrava persa per lo sport, ma con una straordinaria forza di volontà e una riabilitazione quasi estrema è riuscita a tornare in campo addirittura prima del tempo: «All’inizio ho tenuto la mano steccata per due mesi, e quando ho tolto la protezione ho cominciato ad allenare le dita con piccoli movimenti. Poi, a marzo, ho iniziato a colpire di dritto a rete con palle soffici e mi sono sentita davvero strana, ma felice. Certo, mi rendo conto che la mano non ha ancora la potenza e la forza che vorrei, ma ci sto lavorando. Soprattutto, posso tornare a giocare a tennis. Sapevo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato». La Kvitova pensava di rientrare per la stagione sull’erba, ma i rapidi progressi l’hanno convinta a scegliere la via di Parigi, dove troverà al primo turno l’americana Boserup, numero 86 del mondo. Rimasta al numero 16 della classifica grazie al ranking protetto, la ceca non può parlare dell’aggressione perché c’è ancora un’indagine in corso, ma ha rivelato che i primi giorni successivi al dramma sono stati molto difficili: «Non riuscivo a dormire, ma in realtà c’era sempre qualcuno accanto a me per tranquillizzarmi. Quando uscivo di casa, mi sentivo davvero ansiosa, mi ritrovavo a fissare gli uomini per strada e cercare di capire se fossero persone strane o normali. Ma con il tempo la situazione è migliorata. «Adesso mi capita di ritrovarmi all’aperto e di ammirare il sole e dire “Oh. tutto questo è meraviglioso”. Qualcuno pensava fosse impossibile che tornassi a giocare, per questo ho vinto la mia battaglia più grande. Mi sentivo come se qualcuno mi avesse sottratto il tennis senza che io potessi prendere qualsiasi decisione, improvvisamente non potevo più fare ciò che amavo. per questo sono tanto felice, anche se non sono del tutto pronta e non ho ancora ritrovato un vero feeling con la racchetta. Però non ho dovuto cambiare impugnatura o modo di giocare, tutto sembra ok». Buona resurrezione, Petra.

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