Ma solo io la vedo così e voi no? Il tonfo azzurro a Parigi non fa rumore

Editoriali del Direttore

Ma solo io la vedo così e voi no? Il tonfo azzurro a Parigi non fa rumore

PARIGI – Ci siamo abituati, e rassegnati, al peggio. Si esulta per cinque passaggi al secondo turno nel torneo più “Italiano” e poi…silenzio assordante. Tsonga, ancora Court, Kvitova, Serena e Venus Williams, Stosur, Tiriac

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da Parigi, il Direttore

Tre italiani in campo al mercoledì, Napolitano, Bolelli ed Errani. E non hanno vinto un set. Dieci game, nove game, cinque game. Consola il fatto che contro Schwartzman, Thiem e Mladenovic i nostri non erano certo favoriti. Se uno di loro avesse vinto sarebbe stata o una piccola impresa nel caso di Napolitano che già può comunque essere contento del suo torneo (superate le qualificazioni e Zverev senior, n.31 del mondo), un miracolo nel caso di Bolelli perché oggi Thiem è di un’altra categoria, un mezzo miracolo se la Errani avesse “annullato” le 77 posizioni che la separano nel ranking WTA dalla rampante, e poco simpatica, Mladenovic. Tre ragazze fuori al primo turno, la quarta al secondo. Quindi non si può gridare né allo scandalo né alla gran sorpresa. E neanche si potrà farlo se Lorenzi perderà con Isner. Possiamo forse allora accontentarci del fatto che fra Fognini e Seppi, almeno un italiano approderà al terzo turno, probabilmente il primo (che ha vinto gli ultimi tre duelli, anche se datati perché risalenti al 2012 e al 2013) e probabilmente per una mission impossible contro Stan the Man Wawrinka? Se si pensa che il Roland Garros è stato tradizionalmente il torneo nel quale gli italiani hanno fatto i loro migliori risultati, e non solo quando Pietrangeli, Panatta e Schiavone hanno vinto il torneo, o quando la Errani ha fatto finale, beh non mi pare ci sia da stare allegri. Fra le grandi nazioni con almeno un minimo di tradizione nel tennis – un tempo la Coppa Davis era quasi la cartina di tornasole e l’Italia vinceva quasi sempre nella Zona Europea, per una decina di anni le nostre ragazze ci hanno consentito di primeggiare in Fed Cup e in 4 sono state top-ten – l’Italia è forse oggi la nazione messa peggio.

Non si profila nessun ricambio fra le ragazze e fra gli uomini, al di là delle ottimistiche previsioni di chi vede un rapido ingresso fra i 100 (ma non fra i 30…) di alcuni giovanotti di belle speranze (belle ma non bellissime), oggi come oggi si dovrebbe parlare solo di… oggi. Esattamente come quei giocatori che accettano di prendere in considerazione soltanto il prossimo match… perché non guardano oltre, ignorano il tabellone, “il prossimo avversario è il più forte e l’unico che conta”. Ebbene con questo stesso metro oggi non si può dire altro che purtroppo la situazione del tennis italiano è penosa. Non si può rimproverare nulla ai leader attuali, Fognini, Lorenzi e Seppi, ancorchè ultratrentenni, perché hanno fatto quello che potevano, hanno combattuto contro i loro limiti, sono stati comunque capaci di togliersi anche delle belle soddisfazioni, sia pure estemporanee. Fognini può dire di aver battuto tre volte Nadal e tre volte Murray, Seppi di aver battuto Federer e Nadal, Lorenzi di essere stato il più costante sui suoi livelli – che non sono mai stati da top ten visto che non ne ha mai battuto uno (ma a furia di insistere prima o poi gli riuscirà anche quello) – ma insomma se il massimo che si è ottenuto da un tennista italiano in 40 anni è stato il tredicesimo e assai sporadico posto occupato da Fognini per qualche settimana e il diciottesimo da Seppi (idem, non a lungo), beh non abbiamo avuto quelle soddisfazioni che 40 anni fa, quando Panatta vinceva questo torneo e quando la squadra di Coppa Davis centrava 4 finali in cinque anni, avrei pronosticato.

Nicola Pietrangeli l’altro giorno in una video intervista  mostrata da Supertennis diceva che è solo questione di fortuna se esce un campione o no. Dopo aver litigato per anni con Paolo Galgani, il precedente presidente federale (d’un ventennio, 1976-1998) che sosteneva che “il campione lo manda solo il Padreterno”, Nicola pare aver raggiunto le stesse conclusioni dell’avvocato fiorentino. E quando ha aggiunto: “Fognini un giorno gioca bene, un altro gioca male, ma è l’unico che ogni tanto può anche fare un gran bel risultato” ha detto qualcosa, senza tanti fronzoli, che difficilmente può essere contraddetta. Ma il punto, a mio avviso, non dovrebbe essere incentrato sul campione. Quello, è vero, può uscire anche abbastanza per caso in un Paese abbandonato dal Dio del tennis e dagli uomini – per uomini intendo dirigenti illuminati alla Chatrier – ma il problema è sull’allargamento di una base tecnica competitiva ad alti livelli. Senza pretendere una schiera di top 10 e anche di top 20. Lì sta il fallimento di una gestione che non è stata capace in 40 anni (quindi quella precedente alla gestione Galgani e quella di Binaghi) di dare un’assoluta priorità ai problemi tecnici, alla crescita di coach internazionali, di sani e produttivi incentivi mirati ai club e ai maestri dei ragazzi per favorirne l’inserimento in una realtà professionistica. Anche se il tennis è e resta uno sport individuale, dove chi fa da sé fa per tre, una federazione ricca e che ha i soldi dovrebbe investire primariamente nel settore tecnico e ottenere migliori risultati di una federazione che non li ha. Se è gestita bene.

Nel calcio vince la Juventus perché è una società gestita meglio delle altre, e perché ha il fatturato migliore. Ma tutte le società con i fatturati più alti di solito – l’Inter magari fa eccezione, però a suo tempo con Mourinho ha fatto il triplete – garantiscono a loro stesse i risultati migliori. Certo magari loro i giocatori li comprano, più che costruirli, ma ci sono anche quelle – la stessa Juventus e non solo l’Atalanta – che sanno mettere a profitto le loro risorse. Non mi pare si possa dire la stessa cosa per quanto riguarda lo sviluppo del tennis italiano. Ci si vanta, e anche legittimamente, del progresso degli Internazionali d’Italia, ma ci si nasconde invece dietro un dito quando si fa presente che da Tirrenia sono passati invano 100 giocatori in 13 anni perché qualcosa nel “manico” non ha funzionato. E se due tennisti di 33 e 35 anni, Seppi e Lorenzi, sono ancora i migliori (e si sono fatti da soli eh… chi ha creduto in Lorenzi fino a quando lui si è fatto largo da solo? E se Seppi non avesse trovato un secondo padre in Sartori a che punto sarebbe arrivato?) alle spalle di quello strano personaggio che è Fognini, non significa che dai 33 ai 21 anni c’è stato un buco, un vuoto clamoroso di 12 anni?

Ok, la colpa morì fanciulla, nessuno è responsabile, tutto va bene madama la marchesa, guai a parlarne, se mi azzardo a farlo è per… partito preso. A volte il dubbio viene anche a me, perchè in effetti non trovo tanti colleghi che ne parlino. Non leggo quasi mai nulla, altrove, simile a quello che io penso e scrivo. Quindi probabilmente mi sbaglio io. Non capisco bene in cosa, ma ok, sbaglio io se tutti invece sono contenti o ritengono che vada comunque bene così. Magari, e Dio sa quanto me lo auguro, fra un paio d’anni o tre, avremo qualche ragazzo (Napolitano? Berrettini? Donati? Sonego?) fra i primi 100, magari anche fra i primi 70. Ma davvero non possiamo nemmeno sognare qualcosa di più? Si deve continuare a pensare, come Pietrangeli, che è sfortuna e basta? Boh, mi fa venir solo sangue amaro il riflettere su questa situazione in cui, come per la situazione politica italiana, i soli a fare valutazioni ottimistiche sono i politici, renziani, grillini, berlusconiani e compagnia bella. Ma la gente non ci crede più.

Torno a scrivere di Roland Garros allora… che mi dà più soddisfazione. Di Tsonga che delude i francesi perdendo per la prima volta al primo turno di uno Slam dal 2007: dieci anni. Bravo però questo Olivo, mi ha sorpreso per la personalità dimostrata. Si era fatto riprendere, prima del calare delle tenebre e della sospensione, un break di vantaggio ma quando è tornato in campo sul 2 set a 1 e 5-4 con servizio di Tsonga ha fatto suo il break per il 6-4. Prima 0-40, un matchpoint regalato a campo aperto, poi altri due, palla del 5-5 annullata, e… Tsonga a casa. Non il solo argentino a farsi onore qui. Con lui anche Schwartzman, Zeballos che ha imbrigliato i servizi di Karlovic, Kicker che gioca con Cuevas, del Potro che rischia con Almagro. Gran battaglia quella vinta da Steve Johnson su Coric, ancora un tantino immaturo. Il barbuto americano ha vinto nonostante si sia preso una furia con l’arbitro che gli ha dato un penalty point quando lui ha mancato il quarto matchpoint. Già ammonito Johnson aveva già steccato una palla che era rimasta per aria sopra la racchetta e d’istinto l’aveva colpita al volo cacciandola fuori dal rettangolo di gioco. Non c’era certo volontaria scorrettezza. Ma l’arbitro gli ha dato il penalty point e Johnson per poco non ha perso la testa insieme a quel game… ma non il successivo tiebreak.

Djokovic e Nadal hanno concesso la miseria di 8 games ai loro avversari, rispettivamente Sousa e Haase. Eppure Djokovic nel primo game ha chiesto quattro volte l’asciugamano, come se fosse già stanco e sudato. Nadal non l’ho visto ma avrà fatto lo stesso. Che brutte abitudini. E nei 20 secondi fra la conclusione di un punto e l’inizio del successivo non ci sta quasi nessuno. Per ora sono più divertenti i singolari femminili, perché più imprevedibili. Fatta eccezione per il 6-0 6-0 della Wozniacki con la caanadese Abanda. La Muguruza era sotto un set e un break fino all’1-3 con la Kontaveit che già l’aveva battuta. La Cibulkova ha perso dalla Jabeur, prima araba di sempre al terzo turno qui. Ex campionessa junior con un fisico un po’ troppo rotondo per riemergere fra le pro. Ha perso la Kvitova, ma solo 76 76 dalla Mattek Sands. Si fosse giocato sull’erba, e con un mese in più di tennis dopo l’incidente con il ladro che le recise un tendine della mano sinistra, sarebbe stato risultato più sorprendente. A Wimbledon forse non farà doppio fallo sul matchpoint. Perché l’avversaria al matchpoint potrebbe non arrivarci. “Qui il mio ricordo migliore è aver vinto il primo match, una grande emozione”. E brava la Mattek Sands che a fine incontro l’ha abbracciata a lungo. Una bella scena. Migliore che quelle della Mladenovic che gridava “Forza!” in italiano ad ogni punto, vedendo che Sara schiumava di rabbia. Sara era furibonda con lei, ma non le ha detto nulla. La Mladenovic mi ha detto che lei grida sempre Forza in italiano. La seguirò con maggiore attenzione nelle prossime gare.

Su Ubitennis.net ho registrato un video con Ben Rothenberg sulla situazione del tennis femminile. L’apparizione di Serena Williams, e del suo pancione in tribuna mentre Venus dominava la giapponese Nara vincendo per la prima volta dal 2010 due match di fila qui a Parigi, è stata la vera sorpresa del giorno. Sospetto che Patrick Mouratoglou con il quale avevo avuto un’intervista esclusiva il giorno avanti, fosse informato, ma è stato discreto nel non anticiparmi la sua venuta. “Mi piacerebbe che restasse fino alla fine del torneo” ha detto Venus… cui ovviamente piacerebbe essere ancora in lizza fino alla fine. Sul caso della giornalista “insidiata” dal tennista francese Maxime Hamou cui è stato ritirato il badge d’accredito e sull’altro caso “Margaret Court” Venus si è trincerata dietro un “Sorry, I  know nothing”. Venus vive su Venere. Anche Thiem non è apparso troppo reattivo quando gli hanno chiesto se avesse avuto paura di tutti quei teschi che Bolelli mostrava sulla sua maglietta Hydrogen. Ma non capiva la parola skulls, teschi appunto. Dopo di che si è riscattato dicendo che conosceva il marchio, “nice brand”, fanno delle nice shirts, ma no, non ho avuto paura di quei teschi. Sennò Bolelli avrebbe sfruttato meglio il 3-0 di abbrivio. Della risposta che mi ha dato Novak Djokovic a fine sua intervista, magari scriverò domani. Chi fosse molto curioso su lui e i… coccodrilli saprà certo come scovarla.

Sul caso Court invece non se ne può più. Hanno costretto la Stosur a tornarci su citando la frase della Court (“Il tennis femminile è pieno di lesbiche che cercano di influenzare anche le giovani”) e Samantha, che è fidanzata ufficialmente con un’amica, ha prima commentato “It is crazy staff” e poi ha aggiunto  “Non ho mai detto che avrei boicottato quel campo…ma come la pensiamo quasi tutti a proposito di quei commenti qui è chiaro…” e sul caso del francese Hamou: “È stata una cosa stupida, brava la federtennis francese che gli ha ritirato l’accredito”. Ho poi incontrato Ion Tiriac che era ancora indignato per quanto accaduto a Ilie Nastase, idem Mansour Bahrami: “Ilie non è mai stato razzista”. Tiriac ha sostenuto che “per 17 volte la Konta si fermava per ben più dei 20 secondi regolamentari. Spesso arrivava a 50. E quando Ilie si rivolgeva all’arbitro una official britannica dell’ITF influenzava il supervisor (Andreas Egli) a lasciar correre…”. Basta, ho scritto anche troppo. Chi ce l’ha fatta ad arrivare fino in fondo lo scriva… così se non sono più di dieci, la prossima volta mi fermo molto prima!

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