Fognini e del Potro non erano favoriti, ma hanno perso in modi diversi

Editoriali del Direttore

Fognini e del Potro non erano favoriti, ma hanno perso in modi diversi

Hanno avuto 4 setpoint ciascuno nel primo set. Ma dopo averli mancati, uno è crollato e l’altro no. Diversa tempra. Diversa testa. E sì che oggi sono classificati uno dopo l’altro

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PARIGI – Giornata quasi dimezzata dalla pioggia e tennis italiano demolito del tutto dopo che Fabio Fognini, ultimo superstite dei nove azzurri in tabellone, si è arreso a Stan Wawrinka già dopo la fine del primo set. Sono già due anni di fila che nessun tennista italiano arriva alla seconda settimana del torneo che tradizionalmente era quello che ci sorrideva di più fra gli Slam. Dal 2010 al 2015 eravamo andati oltre, grazie soprattutto alle ragazze, Schiavone e Errani in primis, tre finali e una semifinale, ma anche Fognini stesso che nel 2011 riuscì rocambolescamente ad arrivare nei quarti di finale annullando una caterva di matchpoint allo spagnolo Montanes nonostante i crampi, anche se poi non potè difendersi contro Djokovic nei quarti perché “stirato”. Inutile piangere sul latte versato, sulla crisi di giocatori di livello che il tennis italiano denuncia senza che tutti la riconoscano ho già scritto pochi giorni fa e non è davvero il caso di riscrivere la solita solfa.

Impossibile invece non ripetersi sul conto di Fognini, i cui ben noti limiti non stanno nei colpi che è capace di effettuare, ma nella testa che lo asseconda soltanto fino a un certo punto. Il Fognini del primo set è quello che vorremmo sempre vedere per tre ore di tennis e non per 55 minuti. Ma se lo vedessimo sempre per tre ore la sua classifica non sarebbe quella che è. Invece di n.29 sarebbe almeno n.13, come era diventato nel marzo 2014 dopo i quarti a Miami …per aver vinto nell’estate 2013 i tornei di Amburgo e Stoccarda (più la finale a Umag). Il Fognini che è n.29, ma era sceso anche a n.53, è invece quello che dopo aver mancato 4 setpoint nel primo set, tutti sul servizio di Wawrinka e uno solo per sua colpa (un dritto sbagliato in larghezza da metà campo o quasi), si disunisce, perde subito il servizio nel secondo game del secondo set (“Mi sono spento come una candelina” lo ha sentito dire Antonio Garofalo, puntualissimo cronista del match oltre che nostro specialista delle ironiche pagelle di ogni lunedì) e tutti i sei games del secondo set nonché i primi due del terzo.

Fabio è molto lucido nell’analisi del match: “Io servivo peggio (i due doppi falli di fila sugli ultimi 2 punti cui mi riferivo poc’anzi gli sono costati il break d’inizio secondo set…), lui rispondeva meglio, io ho perso un metro di campo su tutti gli scambi. Con uno come Wawrinka non te lo puoi permettere. Tutto è andato in salita e la scalata è diventata doppia perché lui, all’inizio un po’ teso, ha poi fatto… il Wawrinka”. I rimpianti ci sono, ma si soffermano su quel primo set: “Se vinco quel set magari lui si innervosisce e chissà…Lui può vincere il torneo, certo, l’ha già vinto e non è dalla parte di Nadal e Djokovic (ma di Murray…). Però Nadal ieri andava a 6.000, sembrava avesse il motorino sotto le gambe”.

E qui, senza voler infierire né mettere il dito sulla piaga, ecco che rispunta il solito Fognini, cioè un tennista che ancora a 30 anni compiuti e da neo padre, se perde un set spegne la luce. Di solito sono cose che succedono ai ragzzini, non ai trentenni. Non succede a tutti. Per carità, nessuno si diverte a perdere un set a quel modo, nessuno è immune dai contraccolpi, ma lui è come un pugile tramortito che barcolla se l’avversario lo mette knock-down. Un set è un knock-down, non deve essere un k.o. Non è sempre, sempre, sempre stato così. Come dimenticare la rimonta di Fabio contro Nadal a Flushing Meadows 2 anni fa? O anche un recupero semimiracoloso contro Monfils qui? Però sono invece troppe le volte in cui se una cosa gli va storta lui perde o la tramontana, e allora ne combina di tutte, oppure semplicemente la concentrazione perché rimugina sulle occasioni perdute. E allora non è più lui, cede campo, ridona fiducia all’avversario che – soprattutto se è un campione come Wawrinka – non aspetta altro e allora addio fichi. Il match muore. La sfida diventa impari. Fa rabbia vedere tutto ciò. Ci si chiede sempre. Ma perché si “deve spegnere la candelina” come ha detto lui stesso con rara ed efficace sintesi

Anche Juan Martin del Potro, curiosamente n.30 (cioè un posto dietro a Fognini) non ha sfruttato, proprio come Fognini, 4 set point nel primo set con Murray. E due li ha avuti sul proprio servizio. E su uno ha fatto doppio fallo, nel tiebreak. Se del Potro avesse l’attitudine di Fognini avrebbe perso il secondo set 6-0. Ma siccome non è Fognini ha lottato anche il secondo, che ha perso soltanto 7-5. Poi, certo, lì è comprensibile che sotto due set a zero e con anche qualche problemino fisico e di resistenza, anche l’argentino si sia arreso nel terzo set e abbia beccato lui pure un 6-0. Ma sono due comportamenti diversi. E fanno tutta la differenza di questo mondo. Anche se hanno perso entrambi in tre set a zero e alla fine la gente ricorderà solo quello, in Italia come in Argentina. E dirà che non è e non può essere mai un disonore perdere contro il n.1 e il n.3 del mondo, con chi è stato finalista di questo torneo (un anno fa ) e con chi lo ha vinto (due anni fa). Ma la statura dei due giocatori, e non solo nei 20 cm circa che li separa, è ben diversa. Purtroppo. Papà Fognini penserà, da quel che continua imperterrito a scrivere sul mio conto sui social, che io ne goda. Purtroppo non capisce che invece mi dispiace e tanto, se non quanto lui. Se Fabio avesse vinto e si fosse trovato a giocare al prossimo turno contro il vincente di Monfils-Gasquet, con migliori possibilità di vincere che non contro Wawrinka, Ubitennis avrebbe registrato molti più più click, i giornali per i quali scrivo sarebbero stati molto più letti nella sezione tennis, le radio che mi intervistano anche, idem le tv straniere che (a differenza di quelle italiane) mi interpellano sovente in Francia come altrove perché mi ritengono in grado di dire qualcosa di minimamente interessante.

Eppure, e papà Fognini non è il solo, è incredibile che ci sia ancora gente che pensa che io possa fare il tifo contro i tennisti italiani. Io faccio da sempre il tifo per i nostri e…per dire l’ultima, grazie alla pioggia che stasera mi ha consentito di finire presto interrompendo tutti i match, riuscirò a vedere la finale di Champion’s con i colleghi e tiferò Juventus sebbene la mia squadra del cuore sia la Fiorentina e tutti sanno che fra Juventus e Fiorentina non corre buon sangue. Non sopporto chi tifa contro. Secondo me si dovrebbe sempre tifare solo e soltanto a favore. Con un’unica comprensibile eccezione: e cioè quando due squadre sono appaiate in classifica e la sconfitta dell’altra può favorire il sorpasso o il distacco dell’altra.

Concludo dicendo che mi sorprende che Cilic continui a vincere così’ facilmente i suoi match e idem…Verdasco.

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