Fuga dalla noia il tennis femminile su campi deserti (Clerici), Khachanov Picchia duro il nuovo Safin «Ma ammiro Del Potro» (Crivelli), Nadal e i pochi game concessi ai rivali ma nel 2012 fece meglio (Marianantoni), Kiki, grinta... italiana in salsa francese (Azzolini), Questo Nadal fa davvero paura (Scanagatta)

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Fuga dalla noia il tennis femminile su campi deserti (Clerici), Khachanov Picchia duro il nuovo Safin «Ma ammiro Del Potro» (Crivelli), Nadal e i pochi game concessi ai rivali ma nel 2012 fece meglio (Marianantoni), Kiki, grinta… italiana in salsa francese (Azzolini), Questo Nadal fa davvero paura (Scanagatta)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Fuga dalla noia il tennis femminile su campi deserti

 

Gianni Clerici, la repubblica del 5.06.2017

 

Credo di aver dato sufficienti prove del mio filofemminismo, in tempi non sospetti, per non ricorrere ad uno scritto di Camilla Cederna, o ad altre testimonianze contemporanee. Così, ieri, passeggiando per il Roland Garros in compagnia di un amico, mi sono permesso di dire, osservando gli ingressi semivuoti di un paio di campi, «Ci saranno delle donne». Ho poi aggiunto, alla sorpresa del visitatore: «Accade un fenomeno imprevisto. Mentre non scende, nonostante le infallibili racchette in carbonio, l’attenzione per gli uomini, c’è un disinteresse crescente per le ragazze». «E a cosa è dovuto?». «Temo che ci siano due ragioni principali. L’uniformità dello stile, e la mancanza di talento, fenomeno peraltro già verificatosi nel passato, durante quel periodo che Henri Cochet, uno dei Moschettieri, definiva “cattive vendemmie”». «Non saranno complementari agli uomini?» ha domandato l’amico. «Spero di no» ho osservato, mentre ripercorrevo mentalmente il percorso delle prime dieci del mondo, o presunte tali. Inizio dalla Kerber, prima favorita ( o testa di serie), la tedesca vincitrice lo scorso anno di due incredibili Slam, eliminata in primo turno da Makarova, che le ha lasciato 4 games. Altre eliminate, delle prime dieci, la n.6, Cibulkova, da una tunisina dai caratteri arabi più che francesi, Ons Jabeur. L’austro-britannica, Johanna Konta, n. 7, battuta in primo turno da Su-wei Hsieh, di Taipei. La polacca Agnieska Radwanska ( n. 9) forse impressionata dal nome della francese Cornet, Alizé, veloce come l’omonimo vento. La logora Kuznetsova, n. 8, contro la Wozniacki, e, per finire, la semispagnola Muguruza, n. 4, sommersa di puro muscolo dalla nuovaJean d’Arc importata, Kristina Mladenovic. Chi trovasse le mie considerazioni un tantino pessimiste potrebbe ricordarmi la giustificatissima assenza dell’attuale regina delle donne, felicemente incinta, Serena Williams; peraltro nata ne11981. Al termine del luttuoso elenco, l’amico ha osservato che simile ( per me ) tabellone bruciacchiato gli pareva aggiungere, anziché togliere, interesse al torneo femminile. Al contrario di quanto accadeva tra gli uomini, osservava occhieggiando il risultato del Centrale, dove Nadal terminava la sua quotidiana passeggiatina. Pensavo il contrario, sperando che qualche insegnante non privo di cultura specifica ricordasse non solo le più recenti esibizioni della Mauresmo e della Henin, ma quelle passate della Navratilova e della Bueno, mentre non oso immaginare i nomi dimenticati di Lenglen e Wills. Non si vedrebbero, allora, match di donne disattesi, ma forse, considerati l’eccessivo numero di scambi, interminabili match tra uomini non meno capaci di annoiare. Ricordo quanto accadde al baseball americano, ritornato ai bastoni di legno da quelli in carbonio, nel 2008, dopo l’esperimento di un anno. Non sarà purtroppo la soluzione, dopo un perverso slogan certamente inventato da una multinazionale, «Non si può arrestare il progresso».

 

Khachanov Picchia duro il nuovo Safin «Ma ammiro Del Potro»

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 5.06.2017

 

Il segreto dell’esistenza non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per cosa si vive. Nelle pagine dell’amato Dostoevskij, una delle sue letture preferite, il giovin signore Khachanov ha trovato ispirazione e un’idea per il futuro: «Il numero uno del mondo? E’ un mio sogno, ma andiamoci piano, gli obiettivi molto ambiziosi possono diventare un problema». Intanto, a 21 anni e 21 giorni, il moscovita che vive a Dubai e che è già marito della bella Veronika, sposata a novembre, diventa il più giovane a raggiungere gli ottavi al Roland Garros dal 2009, quando ci riusd il ventenne Cilic. La Next Gen sarà stata pure una fantastica trovata di marketing dell’Atp per creare interesse su un pianeta dominato dai Fab Four, ma all’ombra di ciò che verrà nei prossimi anni stanno crescendo stelle… Non a caso Karen, solo all’apparenza nome con ascendenza femminile (lo spiega lui stesso: «L’accento va sulla e, perciò cambia rispetto a come siete abituati a pronunciarlo»), era a Milano come testimonial il giorno della presentazione delle Finals, perché l’anno scorso con Zverev era l’unico under 21 ad aver già vinto un torneo (a Chengdu, poi nel 2017 si è aggiunto Coric). Oggi, da 53 del mondo, sta mettendo insieme tutti i particolari tecnici che nel 2013 spinsero un altro grande russo, il Principe Kafelnikov, a pronosticargli un veloce ingresso tra i primi 20. Se ne accorge Isner, sconfitto innanzitutto con la sua stessa arma, il servizio (64 punti su 71 con la prima), ma anche da una solidità negli scambi da fondo che si appoggia su due colpi equilibrati e ugualmente potenti. Ovviamente, fin dalle prime uscite sul circuito, è scattato il paragone con Safin per fisico (1.98 Karen, 1.95 l’ex numero 1) e servizio. Il mito delle elementari («Mi piaceva il suo carisma»), anche se il suo idolo vero adesso arriva da un altro continente: «Ammiro Del Potro, come tipo di gioco penso di essere simile a lui».  Figlio di un pallavolista di origine armena che poi si è laureato in medicina, «Djan» (è il soprannome) deve il suo approdo al tennis a un volantino appeso all’asilo: «Mamma era appassionata di tanti sport e quando vide che erano aperte le iscrizioni al club li vicino, mi fece subito la tessera». La natura, con quel fisicaccio da cestista, e pure uno zio munifico che lo ha sponsorizzato da ragazzino, hanno fatto il resto e adesso Khachanov è il faro di quella Russia che dopo gli splendori degli anni 90 e 2000 e la successiva diaspora dei giovani più forti verso le (danarose) ex repubbliche sovietiche, ha fame di eroi. La carriera è partita da Mosca, ha fatto tappa in Croazia e si sta completando a Barcellona, sotto la guida di Galo Blanco, il coach spagnolo che portò un imberbe Raonic a ridosso della top ten. Strano destino, perché da giocatore era un pallettaro, mentre da allenatore ha plasmato solo grandi attaccanti: «Non servono qualità simili, conta capirsi a vicenda. Noi ci capiamo ed è per questo che Galo mi ha aiutato tantissimo». L’ascendenza tecnica iberica si sublima nei «vamos» con cui accompagna i punti vincenti e nella passione per la terra, nonostante le bordate, più da campi veloci: «Perché è una superficie su cui posso comandare, ma la palla arriva più piano e ho più tempo per organizzarmi». In realtà, possiede le qualità per essere da corsa ovunque, anche se deve ancora affinarsi, e molto, nel gioco di volo per ottenere punti facili, tanto che Fognini, vedendolo giocare la prima volta, non faticò a battezzarlo: «Se avessi la sua potenza, scenderei a rete a ogni scambio e chiuderei i punti di testa». Ma Karen imparerà, perché ha etica del lavoro e la testa ben piantata sulle spalle, come certificano il matrimonio, l’odio per la playstation, la passione per i classici russi e la scelta dell’Università in alternativa al servizio militare: «Scienze Motorie per corrispondenza, avere un’educazione serve», E poi ci sono gli scacchi, un altro degli amori che si porta dall’infanzia: «Sono simili al tennis: bisogna pensare molto e adattarsi all’avversario. Dove sono più portato? Se fossero gli scacchi, sarebbe un problema«. Avremo un nuovo re?

 

Nadal e i pochi game concessi ai rivali ma nel 2012 fece meglio

 

Luca Marianantoni, la gazzetta dello sport del 5.06.2017

 

20  Sono i game lasciati per strada da Rafael Nadal per arrivare ai quarti del Roland Garros: 6 a Benoit Paire al I° turno, 8 a Robin Haase al 2°, 1 a Nikoz Basilashvili al 3° e 5 a Roberto Bautista Agut al 4°. Un solo game in più rispetto al record personale stabito dato spegnale nel 2012 con 19: 5 a Simone Bolelli, 4 a Denis Istomin, 8 a Eduardo Schwank e 2 a Juan Monaco. Tuttavia non si tratta di un record assoluto perché — considerando sob tabelloni a 128 giocatori e incontri 3 set su 5 — due campioni del passato sono riusciti a fare meglio: I argentino Guillermo Vilas perse 16 game nel primi quattro turni del 1982 (5 a Christophe Frayss, 5 a Jairo Velasco, l ad Juan Avendano e 5 ad Andreas Maurer) e Bjorn Borg ne regata 18 nel 1981 (6 a J. Lopez Maeso, 6 a Cassio Motta, 5 a Paul Torre e 1 a Terry Moor). Nel torneo in corso sono rimasti in 4 a non aver perduto set due sono già ai quarti (Nadal e Thiem) e due sono impegnati oggi negli ottavi (Wawrinka e Clio). Nelle 86 edizioni concluse del Roland Garros solo 3 giocatori hanno firmato l’impresa á vincere senza perdere set il romena Ilia Nastase nel 1973, le svedese Bjorn Borg nel 1978 (record di 32 game persi in 7 incontri tutti al meglio dei 5 set) e 1980, Rafael Nadal nel 2008 e 2010.

 

Kiki, grinta… italiana in salsa francese

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 5.06.2017

 

«Ho la grinta Italiana», dice lei, nuova cocca di Francia, occhi grandi e vispi e un’innata pulsione per tutto ciò che si ispiri alla grandeur. Sinceramente sfugge il richiamo a questa dote italica, siamo davvero un popolo grintoso? Via, non è la prima qualità che verrebbe alla mente, e abbiamo sempre preferito definirci in altri modi. Ma Kiki Mladenovic è la francese di origini serbe più italiana che vi sia. Non urla “c’mon”, o “vamos” quando fa il punto, no davvero. Lei urla “forza”. Lo ha fatto ieri sul naso di Garbine Muguruza e a metà settimana su quello della Errani, che non sapeva di questo “esprit italien” e se l’è presa a morte, convinta fosse uno sberleffo rivolto a lei. Figurarsi… IK (Kristine), si dice innamorata di come le nostre tenniste si siano battute per conservare le loro doti tecniche, rifiutando l’andazzo dei tempi, il gioco tutto sbracciate, privo di cultura tennistica. «Farò così anch’io», ha stabilito, «anch’io lo voglio fare strano», e ha congedato il coach Gemiti made in Italy La transalpina, di origine serbe, si carica in campo urlando “Forza” all’inizio di quest’anno, «perché mi dava consigli troppo in linea con quello che fanno le altre». “E m’accompagno da me”, dice una canzone in romanesco che forse Kild non conosce, malgrado parli benissimo la nostra lingua (e altre cinque). Ma non importa. Il concetto è lo stesso. Basta la salute, e un par de scarpe nove. Garbine ha pianto lacrime amare. A scoppio ritardato (in conferenza stampa), ma dopo aver rivolto al pubblico ampi gesti polemici. Sperava in un trattamento migliore, più rispettoso, ma pretenderlo dai campioni dello sciovinismo quando in campo c’è una di loro è tempo perso. Comprendiamo però la frustrazione. L’aiuto più concreto alla Mladenovic, è stato proprio lei a darlo, donna d’indole masochista se ve nè una. Flavia Pennetta la descriveva come il suo incubo peggiore: «Mi aspettava per allenarsi assieme, e io mi sentivo morire. Poi mi prendeva a pallate per un’ora buona, tirando sassate dove capitava. Io le facevo da racattapalle». Lo stesso, Molta incertezza Difficile intuire chi sarà la favorita, ma Kiki non ha davvero paura di nessuno Garbine fa nei suoi match. Il suo tennis continua a essere in bilico fra il colpo più inaccessibile e la cappellata più invereconda. L’abbiamo vista fallire a rete gli appoggi più semplici, palle da posare semplicemente dall’altra parte che sono decollate in direzione di Versailles Di rara magnificenza anche i suoi doppi falli: prima palla fuori di dieci centimetri, la seconda di quattro metri. Un tennis irragionevole, irrazionale, eppure incredibilmente duro nei giorni in cui le palle stanno dentro le righe. Dite, ci si può fidare di una così? In questo Roland Garros il tennis femminile cercava una sostituta plausibile di “mamma” Serena. Al settimo glomo la ricerca s’6 fatta a dir poco affannosa Delle prime dieci sono cadute la Kerber, la Konta, la Cibulkova, la Kuznetsova, la Radwanska, e ovviamente anche la Muguruza. Restano Halep, Pliskova e la Svitolina che ha vinto a Roma. Poi c’è la proposta di Kild, che al termine di questo torneo potrebbe entrare nelle prime dieci. È al suo primo quarto di finale, ed è attesa dalla Bacsinszky prima di una semifinale (forse) con la Wozniac. Sa tirare a tutto braccio, soprattutto non fa parte del gruppo storico che per un decennio ha inseguito Serena, abituandosi a considerare la seconda piazza come l’unica a disposizione. Abbiamo tralasciato il tennis maschile, per una volta. Ma la giornata permette una sintesi rapida. Travolgenti Nadal (con Bautista Agut) e Thiem (Zeballos), imballato ma combattivo e risoluto Djokovic (Ramos Vmolas), mentre Raonic si è incartato con Carreno Busta e ha perso in 5 set

 

Questo Nadal fa davvero paura

 

Ubaldo Scanagatta, il Quotidiano Nazionale del 5.06.2017

 

Questo Nadal fa maledettamente paura. Il maiorchino vincitore record di 9 Roland Garros — il fenomeno Bjorn Borg si fermò a 6 — la giunto volando nei quarti dopo il 6-1, 6-2, 6-2 a Bautista Agut all’indomani del trentunesimo compleanno. Il suo compatriota non è l’ultimo degli ultimi, ma il n.18 Atp. In quattro successi (tutti in 3 set), Rafa ha lasciato per strada solo 20 games. Media 5 games a match. 1,6 periodico a set. Solo nel 2012 Rafa rullo compressore ne concesse meno lungo la strada dei quarti, 19, ma oggi è avanti nel molino di marcia dell’anno più dominante, il 2008, quando perse 41 games in tutto il torneo. Fino ai quarti ne aveva persi 22, 3 di più. Significa poco. Dipende anche dai rivali affrontati (qui Paire n.45, Haase n.46, Basilashvili n.63, Bautista n.18), ma è indubbio che Rafa è tornato sui suoi livelli e merita i favori del pronostico per la sua Decima’ qui, dopo aver dominato Montecarlo, Barcellona e Madrid. Una sconfitta a Roma con Thiem, l’austriaco che anche lui viaggia bello spedito perché non ha perso un set e solo 30 game (ieri 6-1, 6-3, 6-1 a Zeballos) nel suo brillante percorso verso i quarti dove troverà Djokovic, vittorioso 7-6, 6-1, 6-3 sullo spagnolo Ramos Vinolas, finalista a Montecarlo. RAFA INVECE troverà un altro spagnolo, Carreno Busta, che dopo tre sconfitte consecutive ha sconfitto 8-6 al quinto il canadese Milos Raonic, testa di serie n.5 e avanti di un set e un set point nel secondo. Lo avesse trasformato forse non avrebbe dilapidato un vantaggio di 2 set a O. Per Nadal meglio. Sarebbe stato più rischioso affrontare un grande battitore’ come Raonic che Carreno Busta dallo stile simile a Bautista Agut. Insomma alla semifinale tanto attesa contro Djokovic, Rafa arriva quasi di certo. Il Djokovic visto fin qui contro Thiem rischia di plu. Rafa attribuisce parte dei meriti per quest’inizio di stagione folgorante sul rosso’ oltre che a zio Toni Nadal anche all’altro coach Carlos Moya, maiorchino come lui e primo ‘tutor’, ma più ancora al suo stato di salute. Aveva sofferto in passato di problemi assai seri sia a un ginocchio sia al polso mancino. Aveva dovuto saltare mesate intere di tennis. Rafa ha così ricostruito le sole 3 volte che non ha vinto qui in 12 presenze: «Troppe volte nella mia carriera non ho avuto la possibilità di lavorare come avrei voluto per vari problemi fisici. Quest’anno sto bene. Nel 2009 persi (con Soderling) un’opportunità. L’anno scorso fui costretto a ritirarmi per il polso. Nel 2015 trovai un avversario troppo più forte (Djokovic nei quarti)». Fra le donne la sconfitta della campionessa in carica, Muguruza da parte della Mladenovic, e di Venus Williams, significa che questo Roland Garros premierà una giocatrice che non ha mai vinto prima uno Slam.

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