Come vincere perdendo la seconda occasione dell'ex promessa Martic (Clerici). Wawrinka c'è. L'animale da Slam non tradisce mai (Crivelli). Questo Rafa ricorda il cannibale di un tempo (Bertolucci). Thiem, l'esame da "Dominator" (Azzolini). Da amiche a nemiche: la Francia si divide per Mladenovic e Garcia (Clemente). Da quando sono padre non sono lo stesso (Scanagatta)

Rassegna stampa

Come vincere perdendo la seconda occasione dell’ex promessa Martic (Clerici). Wawrinka c’è. L’animale da Slam non tradisce mai (Crivelli). Questo Rafa ricorda il cannibale di un tempo (Bertolucci). Thiem, l’esame da “Dominator” (Azzolini). Da amiche a nemiche: la Francia si divide per Mladenovic e Garcia (Clemente). Da quando sono padre non sono lo stesso (Scanagatta)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

Come vincere perdendo la seconda occasione dell’ex promessa Martic

Gianni Clerici, la repubblica del 6.06.2017

Perché parliamo sempre dei vincitori? Non basterebbe leggere i risultati in fondo alle cronache?». Un mio collega mi ha posto la domanda, alla quale non ho saputo rispondere, sebbene dubiti che gli insegnamenti della religione cattolica non c’entrino, o addirittura siano stati disdetti dalla storia. Per rendere meno oscuro questo inizio del mio francobollo ( come un lettore ha di recente definiti i miei scritti) posso informare di aver seguito ieri, e addirittura questa mattina, il match di una ragazza di Spalato, Petra Martic, che avevo ieri visto quasi vincitrice, mentre un mio collega inglese esclamava: “It ain’t over till the fat lady sings”. Distratto dal mio compito di cronista, aveva allora chiesto cosa la frase significasse, e mi era stato risposto che il proverbio si riferiva all’ultimo pezzetto della Götterdämmerung di Wagner, quando un’interprete di Brunilde, ben sviluppata, cantava le ultime parole del personaggio. Questa Martic ha lo stesso cognome del fu allenatore di Ivanisevic, a Spalato, capitale non solo dell’impero romano d’ Oriente, ma patria di Pilic, Franulovic, Ancic e del detto Ivanisevic. Tutti Primi Dieci, non certo nati lì per caso, se una canzone afferma “nima splita do grada splita” e cioè “non c’è città grande come Spalato”. Per tornare alla ragazza sconfitta, ricordo che, cinque anni fa, ci era parsa destinata a un grande futuro, arrivando al quarto turno. Poi, forse perché la Madonna di Medjugorje si era distratta, Petra passava da un medico all’altro, da un ospedale all’altro, con una caviglia, un ginocchio, una spalla e, infine, i polmoni malconci, prima di trovare il coraggio, ma cosa dico, l’eroismo di ritornare in campo, con il numero attuale di 290. La ammiravo oggi portarsi sul 5-2, e 0-30 sulla battuta della ucraina Svitolina ( 5′ favorita ) e, da quel momento, non mettere mezza palla in campo, riuscire a perdere 7-5, con 20 punti dell’avversaria contro 4 dei suoi. Mi sono quasi innamorato di lei, nonostante l’età, e mi scuso di limitare le mie considerazioni alle altre vicende. Murray ha dominato il presunto erede di Medvedev, Kachanov, che aveva ingannato più di uno scommettitore battendo un Berdych, irrealizzato come il suo compatriota, il soldato Schweick. Questo Karen Kachanov lo rivedremo certamente a Milano, nel nuovissimo torneo dei ventenni, a novembre. Si è ritirato Anderson contro Cilic, mentre Wawrinka ha scoraggiato anche i più sciovinisti tra gli eredi del caporale dell’Armata di Murat, addirittura dimentichi della pelle nera di Monfils.

Wawrinka c’è. L’animale da Slam non tradisce mai

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 6.06.2017

C’è il tennis. E poi ci sono gli Slam. Due settimane d’inferno, ogni giorno una lotta feroce tra i più forti sulla scena, un teatro di sudore e fatica che spreme energie al corpo e soprattutto alla mente. Terreno di caccia per pochi eletti, perché conquistare uno dei quattro tornei che stanno nel gotha è impresa titanica, capace nella storia di respingere anche califfi plur ivittoriosi in altri contesti. L’ALTERNATIVA E poi c’è Wawrinka, non a caso soprannominato Stanimal, perché la belva che ruggisce dentro di lui, il suo gioco di potenza ferina, è negli Slam che si esalta, si ingigantisce rendendolo l’uomo che nessuno vorrebbe incontrare. Come sa Djokovic, fermato in finale due volte da favorito proprio qui a Parigi nel 2015 e poi l’anno scorso a New York, e come ha imparato anche Nadal in Australia tre anni fa. I giorni dei Major sono i giorni dello svizzero di scorta, che il suo paese continua a non considerare, eternamente abbagliato dal talento dell’altro figlio benedetto Federer, tanto da aver mandato solo un paio di giornalisti a seguirlo, ma che nei voti di molti è la sola, vera alternativa alla scontata Decima di Rafa. Perché conosce come si fa (intanto ha raggiunto i quarti per la 15′ volta in carriera), perché ha vinto più Slam che Masters 1000 (tre a uno) e perché nella dura battaglia la mazza ferrata che porta nel braccio destro è un’arma da sconquassi. CRESCITA Stan The Man non ha ancora perso un set, nella sua corsa parigina (come Nadal, Thiem e Cilic, il prossimo avversario) e non ha avuto in sorte un tabellone semplice: dopo il qualificato Kovalik, Dolgopolov, Fognini e Monfils potevano perturbarlo con la loro genialità fuori controllo. E invece eccolo qui, con l’urlo belluino che chiude la contesa con il francese e passa sopra anche a qualche acciacco: «Mi si è bloccata un po’ la schiena all’inizio del match, ho dovuto gestire il fastidio dedicandomi solo a un punto dopo l’altro». E alla fine del primo e del secondo set, quando il clima si fa caldo, conferma la fama di bello da Slam: “Si chiama fiducia, grazie alla vittoria a Ginevra (la prima dell’anno, nove giorni fa, ndr) l’ho recuperata. E poi in questi casi ti aiuta aver già vinto questi tornei, aver giocato tante partite difficili fisicamente e mentalmente, perché ti consentono di convivere con la tensione». Wawrinka può diventare il terzo giocatore di sempre, con Laver e Rosewall, la crème della crème, a conquistare tre o più Major dopo il trentesimo anno di età. Ci sono perfino i dati statistici a corroborare la sua natura di animale delle due settimane: nel 2015, quando vinse il Roland Garros, salvò 1’82% di palle break contro il 68% del resto della stagione e fece il controbreak dopo aver perso il servizio nel 56% delle occasioni, contro il 24% di tutto l’anno. SOCIAL E’ vero, se dovesse tornare re di Parigi per la seconda volta, probabilmente in patria continuerebbe a essere oscurato dal Divino Federer, che tre giorni dopo tornerà in campo a Stoccarda con un’attesa simile ormai a un’apparizione messianica. Eppure, in una recente analisi condotta da Espn, Stan è il 42 sportivo più famoso al mondo tenendo conto dell’appeal sugli sponsor, la presenza sui tre più importanti social network (Facebook, Twitter e Instagram) e i clic ottenuti su Google. Il primo, manco a dirlo, è Cristiano Ronaldo, e in classifica ci sono altri cinque tennisti uomini, tutti davanti a lui (Federer è 4 , Nadal 9 , Djokovic 12 , Nishikori 20 e Murray 32 ), ma Wawrinka precede star assolute del basket Nba, del football Nfl e del calcio, tra le altre. Certo, continuerà a piangere come gli è successo dopo la finale di Indian Wells persa contro la sua nemesi Roger, perché la sfortuna di essere nato nella stessa epoca e soprattutto nello stesso paese del Più Grande di sempre lo accompagnerà fino alla fine dei giorni, ma nessuno come lui avrà saputo rappresentare l’anima più guerresca degli Slam. Alla Stanimal, appunto.

Questo Rafa, ricorda il cannibale di un tempo

Paolo Bertolucci, la gazzetta dello sport del 6.06.2017

Pur sconfitto da Roger Federer nella finale dell’ultimo Australian Open, Rafa Nadal aveva mandato, in quella occasione, un segnale importante. L’ottima campagna sulla terra battuta e la prima settimana parigina hanno messo in mostra una delle migliori versioni del giocatore spagnolo. Rafa non è solo muscoli, sudore e schemi geometrici. Non è solo semplice, educato e modesto. E’ un fuoriclasse completo. Possiede un bagaglio tecnico che ha ampliato nel corso degli anni con nuove soluzioni e quando non è frenato da infortuni mette in campo una fisicità debordante. Mulinando con il dritto riesce a imprimere alla palla un top spin esasperato per confezionare una traiettoria ellittica che destabilizza gli avversari. Il solido rovescio bimane non disdegna i cambi di direttrice e la prima palla di servizio ha raggiunto percentuali di riuscita altissime. Rafa ha affinato la ribattuta e, in attesa che gli venga offerta l’opportunità della zampata, si limita a mantenere il suo tennis a basso rischio. La tattica, dispendiosa dal punto di vista fisico, esalta l’incredibile forza mentale e lo spagnolo si dimostra cinico e spietato nell’approfittare delle occasioni. La tecnica è un vantaggio ma la prima qualità di Rafa è la capacità di adattarsi alle varie situazioni. Adesso arrivano gli scontri più complicati, ma il Nadal visto fm qui ricorda molto il gladiatore imbattibile di qualche anno fa.

Thiem, l’esame da “Dominator”

Daniele Azzolini, tuttosport del 6.06.2017

Dominator è il nomignolo che si porta dietro sin da piccolo, non ricorda più nemmeno chi gliel’abbia dato. Se vuoi fare un torto a un bimbo lo chiami Ermenegildo, magari Ezechiele, oppure ribattezzi Dominator uno che si chiama semplicemente Domenico. Lo obblighi a inseguire se stesso, in modo da ricongiungersi prima o poi al nickname affibbiatogli, a trasfigurare in una materia sostanzialmente diversa dall’originale, a trasformarsi nel suo Mister Hyde tennistico. A che punto sia nel percorso, Thiem lo saprà questo pomeriggio, dopo aver ammontato Djokovic. La strada pone delle pietre miliari all’altezza dei “favolosi” via via incontrati: Stan WawrinIca lo ha battuto nel 2014 a 20 anni; con Nadal è stato lesto, un successo nel 2016 e un altro quest’anno a Roma; su Murray è transitato nella semifinale di Barcellona, il mese scorso; con Nole non riesce a essere “dominator” come vorrebbe. Il serbo gli ha mandato di traverso tutti i cinque appuntamenti. Una parte della strada, Dominic Dominator l’ha compiuta di fianco a Ernst Gulbis, tipo strano il suo. Tanti soldi, belle donne e poca voglia di darci dentro, come si conviene al giovane pargolo di una delle tre o quattro famiglie più ricche d’Europa, erede di un gasdotto da 3.968 km. Coach Bresnik li teneva entrambi convinto che i dna si sarebbero mischiati, dando vita a due prodigiosi guerrieri, violenti come lo era Gulbis al meglio, e razionali, diligenti, come si annunciava il giovane Thiem. Esperimento fallito. Con doti da vampiro, che nessuno aveva intuito, Thiem aumentò considerevolmente in potenza e gittata dei colpi, mentre Gulbis divenne un giocatore sempre più smunto, esangue. Oggi Bresnik non fa più esperimenti e si tiene stretto Dominator, giunto a un passo dai 24 anni che un tempo segnalavano la raggiunta maturità, e oggi consentono di stazionare tra le “giovani speranze”. L’ultimo confronto con Djokovic è stato a Roma, semifinale. Thiem aveva preso a pallate Nadal, un po’ perché il suo gioco lo porta a straripare, un po’ seguendo la suggestione della formula Federer, quella di colpire piatto sul dritto di Rafa, per costringerlo ad avere meno riparo sulla linea del rovescio. A convincerlo di quella mossa sono state 3 sconfitte rimediate da Nadal in rapida successione: così il giovane ha mostrato di saper ragionare sui suoi errori, e porvi rimedio. Poi affrontò Djokovic con identico cipiglio e ne sorti la partita più fessa che potesse fare. Tentò di abbatterlo con due colpi, senza la necessaria pazienza e senza accorgersi che quello, da uomo di gommapiuma qual è, si trovava a meraviglia in un match così vorticoso, di esigui scambi. Vedremo se anche queste valutazioni Thiem è disposto a farle sue, se si è convinto che con Djokovic occorra più pazienza. Thiem è stato il primo Next Gen (ambito dal quale è ormai fuori, tant’è) a raggiungere le semifinali Slam, qui, l’anno scorso. Il risultato gli ha consegnato il ruolo di capocordata. Kyrgios è fermo ?Li quarti, Sasha Zverev (il primo a conquistare un “Mille” a Roma) non è ancora andato oltre il terzo turno, Boma Coric lo stesso, Karen Khachanov ha toccato gli ottavi in questo Roland Garros, ultimo dei Next Gen propriamente detti a uscire, ieri, per mano e racchetta di Murray. Se davvero i tornei dello Slam indicano più di altri i passi avanti compiuti da un’intera generazione, la strada da percorrere sembra lunga. Dominic può ribaltare la situazione. Ma dovrà trasformarsi definitivamente nel suo alter ego, Dominatori

Da amiche a nemiche: la Francia si divide per Mladenovic e Garcia

Valentina Clemente, il corriere dello sport del 6.06.2017

Sono le uniche due francesi ancora in corsa in questo Roland Garros 2017, eppure tra di loro vige ormai da mesi una guerra fredda, che ha coinvolto non solo la squadra francese di Fed Cup ma in generale tutto il movimento tennistico transalpino. Da una parte c’è Cristina Mladenovic, ragazza decisamente espansiva che sta cercando finalmente di trovare un posto al sole anche come singolarista. Dall’altra Caroline Garcia, predestinata a un numero 1 che sembra però ormai lontano. E ovviamente, in mezzo a questo putiferio, rimangono Alizé Cornet, Yannick Noah e le altre ragazze della Fed Cup. Riavvolgendo il nastro di questo gruppo, che anche agli occhi dei media francesi non è mai apparso così solido e solidale, le prime crepe sono apparse dopo la sconfitta nella finale di Fed Cup dello scorso anno quando la Garcia ha deciso di mettere da parte proprio la competizione a squadre per concentrarsi sul circuito Wta: una decisione che non è stata digerita da nessuno anche perché, anche quando Noah ha cooptato d’anticipo tutte le giocatrici, Caroline ha fatto constatare un infortunio alla schiena che le avrebbe impedito di partecipare al raduno. Nel giro di pochi secondi, dopo l’annuncio ufficiale, sui vari profili Twitter delle giocatrici è partito un “LOL” di scherno che ha ovviamente complicato ulteriormente le relazioni. Prima dell’inizio del Roland Garros la Cornet, uscita di scena ieri proprio per mano della Garcia in due set (6-2 6-4, una vittoria che è valsa a Caroline il primo quarto di finale in uno Slam), aveva cercato di stemperare i toni, ma alla vigilia della sfida proprio Caroline aveva rivelato che nessuno per il momento le aveva chiesto scusa e che quindi qualsiasi tentativo di confronto era per il momento inutile, anche se poi a fine gara c’è stato un saluto amichevole tra le due nonostante la tensione del momento. Uscita vincitrice dello scontro negli ottavi contro la detentrice del titolo Garbine Muguruza e attesa oggi dalla svizzera  Bacsinsty (con la quale ha un altro conto in sospeso, legato sempre alla Fed Cup, in cui l’elvetica avrebbe inscenato pr3blemi fisici), la Mladenovic ha fatto sapere chiaro e tondo che lei non tornerà sui suoi passi: «Non l’ho vista e non ci parliamo», ha affermato in riferimento alla Garcia. « vero che abbiamo avuto una splendida carriera in doppio insieme (4 tornei vinti, compreso un Roland Gams – ndr), ma fuori dal campo non ci siamo mai frequentate, non ho perso nulla perdendo lei. Ognuna di noi pensa solamente alla propria carriera». Chissà che il destino non voglia però vederle incontrarsi nella finale sul Philippe Chatrier: le saette sono garantite.

Da quando sono padre non sono lo stesso

Ubaldo Scanagatta, il quotidiano nazionale del 6.06.2017

Par raggiungere le semifinali in alto, Wawrinka dovrà battere Cilic e Murray Nishikori. Sono infatti loro i maggiori candidati, Wawrinka (7-5,7-6,6-2 all’ultimo superstite francese Monfils) e Andy Murray (6-3,6-4,6-2 al russo Khachanov, 21 anni, n.53 Atp). Lo svizzero è il campione qui del 2015, lo scozzese il finalista battuto da Djokovic nel 2016. Stasera sapremo dopo i primi “quarti” se Nadal-Djokovic sari la semifinale “bassa” e più attesa. Nadal è superfavorito con Carreno-Busta, Djokovic a dispetto del 6-0,6-1 di Roma (troppo netto per esser vero) lo e di meno con Thiem, unico ad avere battuto sul “rosso” Nadal (al Foro). Djokovic ha vissuto certamente seri problemi dal primo trionfo qui. Di vario tipo: familiari, psicologi: ci, tecnici. Ha licenziato il team di coach noti e meno (Becker e Vajda), si è fermato ai 12 Slam vinti, si è rivolto a Andre Agassi che, insieme al cambio di mise da Uniqlo a Lacoste, in Francia è stata formidabile operazione di marketing. Insieme a una collega serba i suoi virgolettati (più ampi su Ubitennis.com): 1) «Agassi non ha sempre tempo per me. Insieme a lui cerchiamo un altro ex tennista, più giovane, più presente, più capace di trasferire energie positive» ((ma meno campione di Andre onde evitare contrasti) 2) «Non sono più lo stesso tennista dacché sono padre». 3) «Che io abbia perso per la dieta vegetariana e “Glutenfree” come si legge, è ridicolo» (ma ora rimangia pesce e uova. 4) «I serbi vengono chiamati aquile (c’è sulla bandiera), ma io come nonno Vlada e le nostre radici montenegrine sono per i falchi che non attaccano le erede ferite» (sul suo zaino mostra il disegno di 4 falchi per i 4 Slam, emotikon di sorrisi blù per i Masters 1000, gialli per le finali ATP di Londra). 5) «Non sono superstizioso» (ma porta croce ortodossa e altri ammennicoli nella borsa, fra racchette, lenti a contatto, calzini ma «dimentico sempre cellulare e portafogli»). 5) «Farei qualunque cosa, senza condizioni, per il mio Paese. Non voglio nulla indietro, né scuole né monumenti intestati. Ma ringrazio Air Serbia che ha chiamato un aereo Novak Djokovic e le poste per un francobollo».

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